Ue. Massoneria: la Commissione chiede chiarimenti sulla Legge Fava

di Enrico Oliari

Nel 2018 veniva varata in Sicilia una legge regionale, la Legge Fava n.18, che sostanzialmente obbligava ed obbliga tutt’oggi gli amministratori locali e i deputati eletti a Palazzo Reale a dichiarare la loro partecipazione ad una loggia massonica.
Già nel 2020 la Commissione Petizioni dell’Unione Europea aveva dichiarato “ricevibile” la richiesta di intervento, promosso dal privato cittadino A. M., assistito dall’avvocato Salvatore Ragusa, sulla “Legge regionale Fava”, e da Bruxelles era stata annunciata l’intenzione di chiedere chiarimenti all’Italia in quanto tale provvedimento “può essere lecito solo se rispetta i diritti e le libertà riconosciuti dalla Carta, compresa la non discriminazione, nonché la libertà di pensiero, di coscienza e di religione e la libertà di riunione e di associazione”.
Contro l’”Obbligo dichiarativo dei deputati dell’Assemblea regionale siciliana, componenti della giunta regionale e degli amministratori locali in tema di affiliazione a logge massoniche o similari” si erano mossi in diversi, a cominciare dai capigruppo di FdI e Udc all’Ars (Assemblea regionale siciliana) Antonio Catalfamo ed Eleonora Lo Curto, i quali avevano fatto decadere i termini previsti per produrre la dichiarazione di non appartenenza a logge massoniche al fine di presentare ricorso ed abbattere a suon di carte bollate la controversa legge.
Una svolta c’è stata nei giorni scorsi, resa nota in occasione della presentazione a Palermo del libro del Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi “Il biennio nero 1992 1993. Massoneria e legalità trent’anni dopo”: in una sala gremita il governatore della Sicilia, Gianfranco Miccichè, ha letto un documento inviato dal Commissario dello Stato della Regione Sicilia che dà notizia dell’apertura di un “caso pilota” da parte della Commissione della Unione Europea – Direzione Generale Giustizia e Consumatori per valutare l’eventuale violazione dei principi dell’Unione riguardanti il rispetto della vita privata, della libertà di pensiero e della non discriminazione.
A Bruxelles ci si chiede quindi se l’obbligo di dichiarare la propria appartenenza a una loggia massonica, cosa per altro non illegale, leda la sfera privata dell’individuo, e tale domanda è stata girata a Palermo.
La Legge Fava segue gravi fatti di cronaca, ma rischia di istituzionalizzare nella comunicazione di massa il falso parallelismo secondo cui un massone potrebbe essere, o lo sarebbe con tutta probabilità, un appartenente alla criminalità organizzata. In realtà è la stessa massoneria “non deviata” a sospendere e ad allontanare chi si macchia di reati legati alla mafia e non solo, come pure è consuetudine di diverse obbedienze chiedere i certificati penali ai candidati.
La stessa cronaca racconta di iscritti a partiti e a una moltitudine di organizzazioni ed associazioni inquisiti o condannati per mafia: vien da sé che un candidato appartenga al partito per cui corre, ma perché la Legge Fava non obbliga anche loro a dichiarare la propria appartenenza a circoli, confraternite religiose e via dicendo?
In Sicilia un massone che preferisce tenere per sé la propria partecipazione ad una loggia subisce di fatto la discriminazione di non essere libero di candidarsi ad un’elezione. Ed è qui che l’Europa vuole vederci chiaro.