Uganda. Il gruppo jihadista Adf dagli anni ’90 destabilizza la RDC e l’Uganda

di Alberto Galvi

Nella parte orientale della RDC (Repubblica Democratica del Congo) almeno 10 persone sono morte in un attacco notturno contro un villaggio. Si ritiene che gli aggressori, che hanno invaso un villaggio vicino al confine con l’Uganda, facciano parte delle ADF (Allied Democratic Forces), un gruppo jihadista ugandese. La scorsa settimana il gruppo ha commesso un massacro simile in cui sono rimaste uccise almeno 12 persone nel vicino villaggio di Mabule.
Il gruppo jihadista è costituito da una coalizione diversificata di ex membri del NALU (National Army for the Liberation of Uganda) e dai jihadisti del gruppo Salaf Tabliq. Il gruppo di combattenti si è formato nel 1995 in opposizione al governo del presidente ugandese Yoweri Museveni.
Le ADF sono state responsabili di una campagna militare molto violenta nei distretti del Rwenzori dell’Uganda durante la seconda metà degli anni ’90 e da allora è stata una fonte continua di instabilità sul lato congolese dei Monti Rwenzori, dove ha stabilito le sue basi dopo la sua sconfitta militare.
Il gruppo jihadista ha lanciato il suo primo attacco in Uganda nel 1996, ma è stato continuamente trattato come un fenomeno marginale e descritto come un movimento privo di una chiara agenda politica. E’ sospettato di essere responsabile di dozzine di attentati. L’offensiva militare ugandese a metà del 2000 ha distrutto diversi suoi campi. Gli attacchi sono aumentati solo dopo la sconfitta di Mobutu nel maggio 1997.
Anche se la campagna militare dell’AFDL (Alliance des Forces Démocratiques pour la Libération du Congo-Zaïre), guidata da Kabila, ha tagliato le linee di rifornimento e il sostegno del regime della RDC e delle ADF / NALU, esse hanno continuato a ricevere rifornimenti dal regime sudanese. Le ADF tuttavia hanno aumentato solamente i loro attacchi contro i civili nell’Uganda occidentale.
Negli anni successi gli scontri si sono susseguiti tra le ADF/NALU e il governo ugandese. Alla fine di dicembre 2005 una massiccia offensiva militare congiunta FARDC (Forces Armées de la République Démocratique du Congo) – MONUC (Mission de l’Organisation des Nations Unies en République Démocratique du Congo) ha distrutto la maggior parte dei campi delle ADF e ucciso più di 90 ribelli e diversi soldati congolesi.
L’Uganda e la RDC hanno firmato nel 2007 il patto di Arusha, che però ha avuto scarsi risultati negli anni successivi. Alla fine del 2013 le tattiche delle ADF sono cambiate e il gruppo ha iniziato a commettere orribili attacchi contro la popolazione civile del territorio di Beni nel Nord Kivu.
L’apparente ritorno delle ADF alle sue radici jihadiste-salafite segue tre importanti offensive contro di esse da parte delle forze ugandesi, congolesi e delle Nazioni Unite: Rwenzori nel 2011, Radi Strike nel 2013 e Sukola I nel periodo 2015-2016. Gli attacchi ai civili legati alle ADF sono aumentati di dieci volte tra il 2017 e il 2018. Allo stesso modo le vittime civili legate alle ADF hanno rappresentato la metà dei 415 decessi totali legati al gruppo nel 2018.
Le ADF hanno aumentato i loro attacchi contro i civili dal 2019, quando l’esercito congolese ha iniziato un’operazione di contrasto, e solo nel 2020 il gruppo ha ucciso almeno 849 civili nei territori di Irumu e Mambasa, nella provincia di Ituri, nonché a Beni nel Nord Kivu.
Il gruppo jihadista ha anche rapito 534 civili, di cui 457 sono ancora dispersi. Il gruppo militante dello Stato Islamico ha rivendicato la responsabilità di molteplici attacchi nella regione, sebbene i legami tra loro e le ADF non siano mai stati confermati.