Usa. Giustiziato 40enne: aveva ucciso a 19 anni

di C. Alessandro Mauceri

Il passaggio delle consegne da Trump a Biden, già tanto discusso e tribolato, non è bastato a rimandare l’ennesima esecuzione capitale negli USA. In Indiana, ad essere stato ucciso (perché è bene dirlo: ogni esecuzione capitale è un omicidio volontario) è stato Brandon Bernard, dopo che tutte le richieste di clemenza erano state respinte dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. Una uccisione destinata a passare alla storia: Bernard, 40 anni, era stato condannato per un omicidio commesso nel 1999, quando era poco più che adolescente. Bernard è il più giovane detenuto ad essere giustiziato negli Usa negli ultimi 70 anni.
Portato nel braccio della morte, è stato giustiziato con una iniezione letale. Le sue ultime parole di scuse sono state rivolte alla famiglia delle vittime: due persone che nel giugno 1999 un gruppo di cinque adolescenti rapinò e costrinse a salire sul retro della loro macchina, per poi ucciderle. Ma a fare fuoco non sarebbe stato Bernard bensì un altro giovane. Bernard avrebbe partecipato incendiando l’auto dopo l’uccisione. Proprio per questo motivo i suoi difensori avevano chiesto l’ergastolo senza condizionale (Bernard in tutti questi anni è stato un detenuto modello) sostenendo che le due vittime erano probabilmente morte prima che l’incendio venisse appiccato.
Anche cinque dei nove giurati della Corte che aveva emesso la sentenza avevano chiesto a Trump di commutare la condanna a morte di Bernard. In sua difesa si era pronunciata anche la star tv Kim Kardashian, che aveva lanciato una campagna mediatica per invitare le autorità a sospendere l’esecuzione.
Tutto inutile: alle 21.27 (ora locale), in un penitenziario nella città di Terre Haute, il boia ha ucciso Bernard “oltre ogni ragionevole dubbio”.
Con questa sono 13 le condanne a morte eseguite negli Usa da luglio ad oggi: mai così tante nell’ultimo secolo. Un record che verrà riportato negli annali dell’ormai ex presidente Donald Trump: quello di essere il presidente americano che ha fatto eseguire più condanne a morte. Un primato che potrebbe aumentare ancora: Trump ha dichiarato di non volere sospendere nessuna esecuzione prima della fine del proprio mandato, ovvero fino al 20 gennaio 2021, quando gli subentrerà Joe Biden.
E la lista è ancora lunga. Oggi verrà ucciso Alfred Bourgeois, condannato a morte per aver torturato e ucciso la propria figlia di 2 anni. A gennaio saranno giustiziati Lisa Montgomery, che aveva ucciso una donna incinta per rubarle il feto, Cory Johnson, uno spacciatore di droga affetto da disabilità mentale ma per i giudici responsabile della morte di sette persone, e Dustin John Higgs, condannato ma non colpevole del rapimento e dell’omicidio di tre donne il cui responsabile per ammissione di colpa sarebbe stato Willis Haynes.
E pensare che solo due giorni fa in tutto il mondo, Stati Uniti d’America inclusi, si è celebrato l’anniversario della stipula della Convenzione dei Diritti dell’Uomo, forse il più importante trattato mai redatto dalle Nazioni Unite. Un accordo che all’articolo 3 riporta che “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”. Tuttavia gli Stati Uniti d’America, i paladini della democrazia, finora hanno ratificato solo 5 dei 18 accordi per i diritti umani approvati dalle Nazioni Unite. E nessun presidente, finora, è riuscito a cambiare questa situazione.
E nemmeno a far cancellare la pena di morte dal paese che si vanta di essere paladino dei diritti umani.