Venezuela. Sanzioni Usa: Maduro, ‘gravi danni all’economia come pure agli investitori americani’

di Daniele Priori –

Il presidente del Venezuela Nicolas Maduro ha fatto sapere che vi saranno ripercussioni sulle forniture di petrolio negli Usa dopo che venerdì Donald Trump ha firmato il pacchetto di sanzioni rivolto alla Repubblica bolivariana; esse infatti prevedono tra l’altro il divieto per le compagnie statunitensi di avere rapporti con le società energetiche controllate dallo Stato venezuelano e di sottoscrivere titoli di stato e obbligazioni con le imprese venezuelane con periodo di rimborso superiore rispettivamente a 30 e 90 giorni.
Le ritorsioni economiche avvengono dopo che il parlamento del Venezuela, dove fin dalle elezioni del 2015 Maduro non gode più della maggioranza, è stato esautorato dall’Assemblea costituente insediatasi il 4 agosto, di fatto composta quasi completamente da sostenitori di Maduro e presieduta dalla fedelissima ex ministra degli Esteri Delcy Rodriguez.
Maduro, che ha accusato il presidente Usa di non rispettare il diritto internazionale, ha affermato che gli Usa “Rubano e realizzano una frode”, e che l’iniziativa di Washington procurerà “gravi danni all’economia venezuelana come pure agli investitori americani”.
Per questo il presidente venezuelano intende coinvolgere gli alleati dell’America Latina, ai quali tuttavia lui stesso aveva chiuso le porte nel momento in cui avevano tentato di spingere per la mediazione con le opposizioni davanti alle proteste e ai disordini costati oltre 130 morti.
In merito alle illazioni di un intervento militare Usa in Venezuela H.R. McMaster, consigliere per la sicurezza nazionale, ha affermato oggi che “nessuna azione militare è prevista nell’immediato futuro” e che “Guardiamo sempre a piani di emergenza, ma qualsiasi decisione sarebbe presa insieme ai partner nella Regione”. “Esistono più cose dell’opzione militare, come l’opzione diplomatica e l’opzione economica. Proviamo a integrare le cose insieme”, ha aggiunto.
L’economia del Venezuela, molto dipendente dalla vendita del petrolio, è oggi pressoché disastrata, tant’è che la corrente elettrica è razionata da mesi, gli uffici pubblici funzionano a singhiozzo, mentre l’infrazione galoppa al 700%, ma secondo esperti del Fmi potrebbe arrivare entro la fine dell’anno al 1.600%.