Virus: Biden incarica gli 007 di indagare in Cina. Pechino, ‘è la loro intelligence ad avere una storia oscura’

di Guido Keller

Procedono a passo di walzer i rapporti fra la Cina e gli Usa. E’ di ieri la notizia della telefonata tra la rappresentante al Commercio Usa Katherine Tai e il vicepremier cinese Liu He, decisa per aprire i contatti e gradualmente trovare una soluzione alla situazione in stallo, prima per le scelte politiche di Donald Trump e poi per la pandemia di coronavirus. Non è trapelato molto della telefonata, ma da quello che si è appreso Tai punterebbe ad arrivare ad un compromesso per porre fine alla guerra commerciale, con la Cina che nonostante la guerra commerciale di Trump e gli accordi deboli del gennaio 2020 vede volare i suoi profitti industriali su base annua, +57% in aprile, +93% in marzo. Di certo la Cina non è stata ai patti di gennaio, che prevedevano l’importazione di beni statunitensi per 200 miliardi di dollari in due anni in cambio dello stop alla guerra dei dazi, acquistando dagli Usa 23,5 miliardi di dollari per il comparto agricolo contro i 36,6 miliardi stabiliti, e 9,8 miliardi nel settore dell’energia contro 23,3 miliardi.
Se sul commercio si compie quindi un timido passo avanti, ed i tempi sono ancora prematuri per cantare vittoria, sul fronte della pandemia è ancora guerra, dopo che il presidente Usa Joe Biden ha chiesto all’intelligence di fornire entro tre mesi un rapporto indicante l’origine del Covid-19, se animale o se da incidente di laboratorio.
Già Trump, che parlava di “China-virus”, aveva riportato di rapporti della Cia che davano il virus uscito per errore dal laboratorio militare di livello 4 (il massimo sulla scala della sicurezza) di Wuhan, ma poi la commissione congiunta di Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e Cina aveva escluso a seguito di un indagine sul posto tale causa, dando come più probabile l’origine animale.
Le immagini satellitari dei parcheggi degli ospedali pieni, informazioni trapelate ma non confermate e i camion carichi di urne cinerarie hanno fatto pensare a molti che le autorità cinesi avessero mentito circa i dati, che oggi indicano nel paese con più di un miliardo e mezzo di abitanti solo 91mila casi accertati e 4.636 decessi. In India, paese con un miliardo e 300 milioni di abitanti, i casi accertati sono 27,4 milioni, mentre i decessi sono 315mila; negli Usa i casi accertati sono 33,2 milioni, mentre i morti sono 592mila; in Brasile i casi accertati sono 16,3 milioni, i decessi sono 454mila.
I dati che non tornavano e le informazioni in ritardo sull’epidemia di coronavirus avevano spinto il presidente Donald Trump a ritirare un anno fa gli Usa dall’Oms. Il rientro degli Usa nell’organismo dell’Onu non ha significato comunque un appiattimento delle posizioni sulla pandemia, tanto che in marzo il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha affermato che “la Cina ha aiutato (i tecnici dell’Oms) a scrivere il rapporto”, da qui l’incarico di Biden all’intelligence di fare chiarezza.
Una mossa che non è andata giù a Pechino, e il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha affermato che “le motivazioni e gli scopi dell’amministrazione Biden sono chiari”, ma è “l’oscura storia della comunità dell’intelligence statunitense ad essere nota da tempo al mondo”.
Per Pechino gli Usa cercherebbero lo scontro a tutti i costi, nonostante la clamorosa gaffe consegnata alla storia sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, rivelatisi inesistenti ma alla base dell’intervento militare in Iraq costato oltre un milione e mezzo di vittime civili.
La partita è quindi aperta, con la carta pandemia che la Casa Bianca potrebbe calare al momento opportuno.