Zelensky vede Biden e ottiene i Patriot. Ma Washington teme il procrastinarsi del conflitto

di Guido Keller

Per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato un successo il suo viaggio a Washington, dove ha incontrato il collega Joe Biden. Il primo obiettivo di entrambi era ribadire che quella in corso in Ucraina è una guerra per la democrazia e per la preminenza del diritto internazionale, per quanto anche negli Stati Uniti non siano pochi i critici che sollevano perplessità per una gurra che vede l’Ucraina vittima dei bombardamenti ma anche degli interessi e dei dissidi fra Russia e occidente.
Zelensky ha ringraziato più volte Biden per l’aiuto nel far fronte all’aggressione russa e per la sua richiesta al Congresso, ora a maggioranza repubblicana, di altri 47 miliardi di dollari da investire nella crisi in corso. Il presidente ucraino voleva più armi, e più armi ha ottenuto, a cominciare dai tanto attesi missili difensivi Patriot, finalizzati a proteggere le infrastrutture bersagliate dai russi.
No invece dall’amministrazione Biden ad altri tipi di armi sofisticate, anche per prevenire un’escalation e comunque una spaccatura nella Nato, come carri armati di ultima generazione e missili a lungo raggio.
C’è quindi un atteggiamento prudenziale da parte di Biden, anche perché la guerra e la crisi internazionale che ne è conseguita non possono procrastinarsi all’infinito, ed al di là della propaganda e degli articoloni entusiasmanti sulla stampa occidentale resta certo che la Russia dispone di un arsenale e di una forza militare enorme, di cui solo una minima parte impiegata nel conflitto ucraino.
Biden insomma ha sondato il pensiero di Zelensky per un eventuale accordo con la Russia, magari un ritorno allo status del 2014 con la cessione definitiva della Crimea alla Russia, che sulla penisola ha da sempre la base della flotta del Baltico. Tuttavia difficilmente Vladimir Putin trascurerebbe le minoranze russofone del Donbass, dopo che l’Ucraina ha disatteso gli impegni assunti con il Protocollo di Minsk-2, ed al momento da Mosca non giungono segnali concreti di interesse al dialogo, nonostante l’iniziativa diplomatica cinese in corso.
Biden sta quindi al passo con gli altri alleati della Nato, per i quali è necessario sostenere l’Ucraina nei limiti del possibile, ma è altresì indispensabile tenere l’Alleanza Atlantica fuori dal conflitto, per ovvie ragioni.
A guadagnarci è l’industria delle armi, specie quella statunitense, con un’Ucraina che va via via sempre più indebitandosi. E se il rublo negli ultimi giorni ha avuto un forte calo, oggi è già in ripresa (con un euro si acquistano quasi 73 rubli), segno che le sanzioni fino ad oggi non hanno sortito l’effetto voluto.
Comunque vadano le cose la guerra ucraina rischia di costare non poco all’occidente: la Russia non è stata isolata, e sempre più ci si sta avviando verso un mondo multipolare, dove gli interessi macroeconomici non transitano necessariamente attraverso Europa e Usa.