Gli Usa e le sazioni all’Iran: quali le prospettive per gli imprenditori italiani

a cura di Enrico Oliari

Enzo Raisi è un imprenditore e consulente aziendale italiano che opera in Iran, già deputato per il Popolo della Libertà e conoscitore degli aspetti geopolitici che interessano il paese mediorientale; ha una laurea in scienze politiche e un master in marketing. Lo intervistiamo alla luce del ritiro degli Usa dal Jpcoa, l’accordo sul nucleare iraniano sottoscritto nel 2015 dalla Repubblica Islamica e dal “5+1” (Cina, Usa, Russia, Francia, Gb + Germania e Unione Europea), per cui già vi sono conseguenze con l’aumento del prezzo del petrolio i cui effetti immediati li vediamo alla pompa di benzina.
Sono tuttavia molte le aziende italiane che dal 2015 hanno ripreso a lavorare in Iran, le quali ora potrebbero vedere compromessi i loro progetti per via del quadro sanzionistico annunciato da Washington.

– Onorevole Raisi, Lei è appena rientrato dall’Iran, dove si sono svolte proteste del la decisione di Donald Trump di uscire dal Jpcoa: che aria tira?
“In verità le reazioni in Iran sono state molto deboli più di facciata che di sostanza. In parte perché il regime non ha voluto dare troppa rilevanza per non fa indispettire l’Europa che per ora non ha seguito Trump. Poi perché in questo momento il vero problema è la crisi economica a cui questo governo, che ha ricevuto un consenso elettorale molto importante, non sa dar risposta e la moneta locale che viene deprezzata ogni giorno di più”.

– Gli altri attori dell’accordo sul nucleare e l’Unione Europea hanno già fatto sapere l’intenzione di rispettare l’accordo, nonostante le pressioni che stanno facendo gli Usa. Ritiene che l’asse favorevole al Jpcoa potrà resistere nonostante l’assenza degli Usa?
“Per ora l’Europa e gli altri rispetteranno l’accordo anche perché le aziende europee hanno quasi 45 miliardi di investimenti in Iran. Dovremo capire più avanti quanto il blocco totale americano sul sistema bancario mondiale verso il mercato iraniano sarà reale o di facciata. Se sarà reale vedo una situazione molto pericolosa, forse potrà continuare il trade, ma vi sarà un blocco per le joint-venture e gli investimenti nelle infrastrutture che rappresentano il vero business su cui si lavora in questi anni come imprese europee”.

– Che effetti prevede per gli imprenditori italiani ed europei?
“Da una parte sicuramente avremo un rallentamento dell’interesse delle aziende italiane sopratutto quelle che hanno importanti business negli Usa. Dall’altra il governo iraniano cercherà di offrire migliori condizioni e trattamento alle aziende italiane che intendono lavorare in Iran. Per le persone come noi che fanno da consulenti alle aziende per questo mercato avremo meno aziende da seguire ma anche più aziende motivate e meno perditempo”

– La diplomazia italiana si è spesa molto per la normalizzazione dei rapporti diplomatici e commerciali con l’Iran: ritiene efficace il lavoro fatto fino ad oggi dall’Italia?
“In Italia abbiamo avuto il problema delle banche e della Sace che non sono state operative in Iran creando grandi problemi ai nostri imprenditori, che si sono trovati così svantaggiati rispetto a tedeschi, francesi, coreani e giapponesi, i quali non hanno avuto questi problemi. Il governo Renzi-Gentiloni con il fondo per l’Iran di Invitalia votato nell’ultima finanziaria potrebbe risolvere in parte questo problema, vediamo se verrà realmente messo in moto”.

– Suggerirebbe agli imprenditori italiani di investire in Ira, quali opportunità ci sono?
L’Iran è un mercato di 80 milioni di abitanti di cui la metà sotto i 30 anni, primo produttore al mondo di petrolio, terzo di gas con un abbondanza di altre materie prime. Ha un ottimo sistema produttivo unico in Medio Oriente, se si esclude Israele e con un’ampia area per l’esportazione che vanno dai paesi confinanti ex Urss ad Iraq e Siria passando per la Russia. Questo per dire che è impossibile pensare di tenere fuori dal mercato globale l’Iran. Alle aziende italiane suggerisco, per evitare i dazi doganali, di fare joint venture produttive, anche solo di parte dei loro prodotti, con aziende iraniane qualificate e serie, ce ne sono molte. Oppure concedere il brand sotto licenza. Sulla partecipazione a opere pubbliche aspetterei che si chiarisca la situazione tra Europa e Trump”.