I diritti negati nella Turchia di Erdogan, parla Riccardo Noury di Amnesty International

di Notizie Geopolitiche – 

erdogan_nouryLa Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan sta sempre più assumendo i connotati di uno stato autoritario, con un governo che ha messo in moto una campagna di lenta ma costante soppressione di quei diritti fondamentali che caratterizzano una democrazia.
Già da anni Ankara si era avviata in questa direzione ma, dopo il tentato golpe militare del 15 luglio scorso, questo processo negli ultimi mesi ha subito una notevole accelerazione, catalizzato dai poteri eccezionali che l’esecutivo si è arrogato con il pretesto dello stato di emergenza, necessario ufficialmente per neutralizzare le possibili minacce alla sicurezza nazionale.
Questi nemici del paese sono stati identificati negli oppositori di Erdogan, fatto che ha portato all’arresto di quasi 130.000 tra vertici delle forze armate, dei servizi segreti, magistrati, professori e giornalisti, con la chiusura di centinaia di media, esempi eclatanti ne sono il commissariamento di due dei principali quotidiani turchi, Zaman e Cumhuriyet, i quali spesso hanno assunto posizioni critiche nei confronti del governo.
Come racconta a Notizie Geopolitiche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, “La chiusura permanente di 375 Ong, disposta il 22 novembre scorso, ha fatto impressione. Ma l’introduzione dello stato d’emergenza e i decreti che ne sono derivati hanno ulteriormente peggiorato una situazione che da tempo presentava forti criticità. Già nel 2015, infatti, gli spazi a disposizione delle voci critiche (media, Ong, attivisti) erano stati sensibilmente ridotti: giornalisti arrestati, difensori dei diritti umani intimiditi (oltre all’omicidio, ancora irrisolto, di Tahir Elci). Nella seconda parte dello scorso anno, dopo il fallito colpo di stato sono stati arrestati oltre 130 giornalisti e sono stati chiusi più di 160 organi d’informazione.
La ripresa delle operazioni militari nel sud-est a maggioranza curda aveva dato luogo a gravi violazioni dei diritti umani, soprattutto durante i coprifuoco. Con lo stato d’emergenza, è riapparsa la tortura e non è esclusa la possibilità che venga reintrodotta la pena di morte.
Nonostante tutto, l’Unione Europea ha quest’anno comunque fornito alla Turchia finanziamenti per 3 miliardi di euro affinché questa, come stabilito da una accordo firmato il 18 marzo tra Ankara e Bruxelles, mantenga i profughi provenienti dal Medio Oriente sul proprio territorio, impedendo loro di proseguire la loro fuga verso l’Europa; riguardo a questo fatto ha continuato Noury: “Amnesty International ha chiesto ripetutamente che il trattato sia annullato, perché presenta evidenti profili di illegalità: la Turchia non è un ‘paese terzo sicuro’ poiché non garantisce procedure adeguate di esame delle necessità di protezione internazionale e, sia prima che dopo la firma dell’accordo, ha respinto verso i paesi di origine richiedenti asilo siriani, iracheni e afgani”.
A tali fatti si aggiunge poi la questione della minoranza curda nella parte orientale della Turchia, un problema che Ankara ha sempre gestito imponendo a questo popolo la propria autorità, spesso tramite l’utilizzo della violenza, radicalizzando uno scontro che ora è diventato ancora più attuale con l’avanzata in Iraq ed in Siria dei Peshmerga del Kurdistan, i quali combattono lo Stato Islamico anche nei pressi dei confini turchi e che il governo di Erdogan vede ora come una minaccia all’integrità territoriale del paese, tanto che una dozzina di deputati dell’Hdp, il partito che rappresenta i curdi al parlamento di Ankara, sono stati incarcerati.
Come spiega Noury “L’arresto dei parlamentari dell’Hdp è un fatto di enorme gravità. Nel sud-est del paese da oltre un anno assistiamo a una recrudescenza delle operazioni militari così come delle azioni di gruppi armati curdi. Non la vogliamo definire una ‘pulizia etnica’ in generale perché è un termine che non contiene precisi riferimenti giuridici, nel sud-est turco non pare inoltre essere in corso la rimozione forzata di un intero gruppo etnico. Peraltro, è indubbio che verso la popolazione civile curda siano stati recentemente commessi gravi crimini di diritto internazionale, penso in particolare ai coprifuoco, che in alcuni casi hanno rappresentato una vera e propria forma di punizione collettiva”.
La Turchia, indirizzata anni fa sulla via dell’integrazione nell’Ue, si sta ora trasformando in uno stato in cui l’islam gioca ormai un ruolo predominante nella politica nazionale; esempio eclatante di questa mutazione ne è la proposta, poi ritirata in seguito alle numerose proteste, avanzata pochi giorni fa dall’Akp, il partito di Erdogan, di depenalizzare la violenza sessuale contro i minori se questa fosse seguita dal matrimonio con lo stupratore. Questo episodio ha riportato sotto i riflettori il problema delle cosiddette spose-bambine e, come affermato da Noury, “Benché non esistano dati precisi sullo stato attuale, quello che possiamo dire è che ogni anno in Turchia ci sono migliaia di casi di matrimoni precoci o con una parte minorenne, che vengono alla luce solo nel momento in cui la donna partorisce in ospedale o quando ad accorgersi dell’unione illecita sono insegnanti o dirigenti scolastici”.