Il generale “di Tobruk” Haftar a Roma. Pinotti ribadisce ‘il sostegno alla politica inclusiva di Salamè’

di Vanessa Tomassini –

E’ terminata la visita a Roma dell’uomo forte di Tobruk, il generale Khalifa Haftar. Il comandante dell’autoproclamato Esercito Nazionale Libico (LNA) è atterrato all’aeroporto romano di Ciampino poco dopo le 17.00 di lunedì, con un aereo della 31ma Flotta dell’Aeronautica Militare, ed è stato accompagnato in un hotel dei Parioli da lui scelto, nel centro della capitale.
La breve ma pregna visita di Haftar è iniziata questa mattina incontrando il generale Claudio Graziano, capo di Stato Maggiore della Difesa, che lo ha ricevuto con onori militari a Palazzo Marina. I due hanno discusso per diverse ore questioni di carattere tecnico militare. L’incontro tra i due generali si è concentrato sulle attività svolte dagli uomini del generale Haftar contro le milizie islamiste in Cirenaica e sulla collaborazione nella lotta contro il terrorismo e i traffichi illeciti. Malgrado non siano ancora trapelati dettagli precisi, possiamo immaginare che i due si siano confrontati anche sulla sicurezza nel Paese, in particolare in quelle zone dove sono operative le missioni italiane come a Misurata, dove militari italiani gestiscono un ospedale da campo.
Dopo pranzo il cirenaico ha visto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, a Palazzo Baracchini. Nella riunione di circa un’ora la ministra ha confermato al Generale gli impegni presi dal premier Paolo Gentiloni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La Pinotti ha sottolineato il sostegno alla politica inclusiva promossa dal rappresentante dell’Unsmil, Gassam Salamé per dare un ulteriore impulso al dialogo politico libico, il quale ha chiesto a tutte le parti di contribuire efficacemente a questa strategia, escludendo qualsiasi soluzione militare”. Il ministro della Difesa ha anche precisato che “ogni iniziativa di cooperazione italiana è rispettosa della sovranità libica, e risponde alle richieste dei libici”.
Haftar da parte sua ha ricordato “la sofferenza del popolo libico dopo sette anni di guerra e la necessità di una soluzione rapida per garantire la stabilità e l’unità della Libia”. La visita, ha fatto sapere la Difesa, si è svolta “in un clima di cordialità” e si è conclusa con la “speranza che l’obiettivo della pacificazione e della stabilizzazione del paese possa essere raggiunto presto”.
Agli incontri era presente anche il ministro dell’Interno Marco Minniti, che già lo aveva visto il 5 settembre presso il suo ufficio situato nella base di al-Rajmeh, a sud di Bengasi, e che lo aveva invitato a Roma tra le perplessità del governo “di Tripoli”, che aveva fatto precedere la visita dal nuovo capo di Stato tripolino, Abdulrahman al-Tawil. Minniti ha poi affermato in serata alla Festa dell’Unità di Roma che “se si vuole stabilizzare la Libia occorre fare uno sforzo democratico che tenga conto dei protagonisti sul campo: ad ovest è Fayez al-Serraj, ad est Khalifa Haftar che ho incontrato oggi”.
Khalifa Hafter ripartirà verso Bengasi domani mattina, dopo una cena questa sera al Circolo delle Forze Armate.
Il generale dell’esercito “di Tobruk”, e quindi del governo non riconosciuto dalla comunità internazionale, Khalifa Haftar resta un personaggio ambiguo nel panorama politico libico, per quanto uno degli elementi con cui viene ad essere necessario discutere per uscire dal marasma libico: nel marzo 2015 aveva chiesto attraverso un’intervista rilasciata all’Ansa all’allora premier italiano Matteo Renzi di “convincere la comunità internazionale a rimuovere l’embargo sulle armi e di aiutarci a combattere per una Libia libera dagli estremisti. E’ decisivo anche per l’Italia: se dovesse vincere l’Isis sarebbe a rischio la vostra sicurezza”, e di lì a poco aveva minacciato di inondare l’Italia di migranti in caso non fossero arrivate le armi: “In Italia siete molto preoccupati per questo fenomeno, che in questo momento non siamo in grado di controllare visto che gli estremisti utilizzano il traffico di essere umani per finanziarsi. Vorremmo che venissero rispettati e rinvigoriti i vecchi accordi ora in disuso, ma perché accada serve l’intervento rapido della comunità internazionale a sostegno del governo legittimo di Tobruk”.
Ancora più enigmatica la sua storia: i suoi detrattori lo accusano di essere al soldo di Washington in quanto venne fatto prigioniero nel 1987 dall’esercito ciadiano in occasione della “Guerra delle Toyota”, per poi essere prelevato dalla Cia e portato negli Usa, dove vi è rimasto fino al 2011 per ricomparire in Libia a comandare la piazza di Bengasi nell’insurrezione che ha portato alla deposizione di Muammar Gheddafi.
Non ha mai accettato di scendere a compromessi con il governo “di Tripoli” in quanto pretendeva per se il ruolo di ministro della Difesa.

Vedi anche: Haftar a breve a Roma, ma i suoi generali finiscono alla Cpi.