Siria. Khan Shaykhun: l’occidente accusa al-Assad, ma il gas è quello dei qaedisti alleati dei ribelli

di Guido Keller –

Il giorno dopo il terribile attacco con il gas a Khan Shaykhun, villaggio della provincia di idliv (nord della Siria), in cui sono rimaste uccise 86 persone di cui un terzo bambini e ne sono state ferite 200, la comunità internazionale sta facendo il punto della situazione per individuare i responsabili dell’accaduto.
La zona colpita è controllata dai ribelli salafiti e dai qaedisti di Jabath Fatah al-Sham, ma dopo le uscite a caldo, c’è ora una certa prudenza ad attribuire in modo netto la responsabilità dell’accaduto al regime di Damasco, verso cui i sospetti restano comunque forti. Da subito la Pesc Federica Mogherini si è sbilanciata asserendo che “Ovviamente c’è una primaria responsabilità del regime, perché la sua responsabilità è quella di proteggere il suo popolo, non di attaccarlo”; il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson ha affermato che “Tutte le prove che ho visto suggeriscono che è stato il regime di Assad, nella piena consapevolezza di usare armi illegali in un attacco barbaro contro il suo stesso popolo”.
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Gutierres, giunto a Bruxelles per un incontro con l’Ue in cui si parla anche di Siria, non ha invece dato patenti di colpevolezza, ma ha affermato che “Quell’attacco chimico è stato un crimine di guerra e una risoluzione di condanna può fare pressione sulle parti in conflitto e sui paesi che hanno influenza su di loro”(…). “L’orribile evento di ieri dimostra che in Siria si commettono crimini di guerra e che la legge umanitaria internazionale viene violata frequentemente. Abbiamo chiesto che si risponda dei crimini commessi e sono sicuro che il Consiglio di sicurezza si prenderà le sue responsabilità”.
Per il segretario Usa Rex Tillerson della cosa sono responsabili anche la Russia e l’Iran, in quanto “Hanno grandi responsabilità morali”, mentre Trump ha incolpato il predecessore Barak Obama sostenendo che “non fece nulla” dopo che il presidente siriano varcò la cosiddetta “linea rossa”.
Ed oggi a New York vi sarà la seduta urgente, richiesta da Usa, Francia e Gb, del Consiglio di sicurezza dell’Onu per discutere della situazione (presente anche l’Italia), ma già adesso appare evidente che da lì non uscirà nulla, se non i soliti auspici alla pace e al dialogo.
Infatti il governo siriano ha negato ogni responsabilità nell’attacco con i gas, e la Russia, alleata di Damasco ma soprattutto con diritto di veto al Consiglio di sicurezza, ha già dato una ricostruzione che vede gli aerei siriani aver colpito per errore un deposito di armi chimiche sotto il controllo dei ribelli.
Lo ha comunicato il generale maggiore Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa russo, il quale ha reso noto che “Gli agenti tossici che hanno fatto strage a Khan Sheikhoun proverrebbero da un arsenale dei ribelli, gli attacchi dei jet di Damasco avrebbero messo nel mirino depositi di armi e una fabbrica di munizioni nella periferia est della città”.
Da parte turca c’è invece la certezza che quanto accaduto “è stato un attacco chimico. Invieremo le analisi all’Organizzazione mondiale della sanità”. Lo ha detto il ministro della Salute turco, Recep Akdag, spiegando che 30 feriti sono ora ricoverati negli ospedali di Gaziantep, nel sud-est della Turchia e che si sarebbe trattato di gas scarni.
Quest’ultimo particolare non esclude le possibili responsabilità dei regolari, ma neppure quelle dei jihadisti di Jabath Fatah al-Sham, diramazione siriana di al-Qaeda, alleata dei ribelli e presente Khan Shaykhun: proprio i qaedisti di Jabath Fatah al-Sham avevano impiegato lo stesso gas nella battaglia di Aleppo (vedi), mentre il 30 ottobre scorso erano lanciati in una controffensiva verso la parte occidentale della città.