Brasile. 2023, tutti i rischi per l’economia

di Francesco Giappichini

Nel 2023 i brasiliani affronteranno tre grandi questioni, essenziali per un armonico progresso economico e civile. La prima è la pacificazione, il dialogo tra le fazioni politiche contrapposte. D’altronde non solo i sostenitori del presidente uscente, Jair Bolsonaro, proseguono i sit-in dinanzi alle caserme, per invocare un’intervenção federal che sarebbe (sia de facto sia in punta di diritto) un golpe; ma si assiste a un’appropriazione, da parte della retorica bolsonarista, sia della bandiera, sia dell’iconica maglia della Seleção. Insomma un “furto simbolico”, inimmaginabile solo pochi anni fa, cui peraltro fa da contrappasso la retorica lulista. La seconda questione ha a che vedere con la tutela dell’ambiente, specie dell’Amazzonia. Secondo Marina Silva, ex ministro e pasionaria ecologista dalla biografia leggendaria, il terzo mandato del futuro presidente Luiz Inácio Lula da Silva punterà a un effettivo cambio di paradigma, per usare un’espressione abusata. Ovvero cercherà di sostituire la politica economica centrata sul “desenvolvimentismo” (il developmentalism esaltato anche da tanta sinistra latinoamericana), con la cultura della sostenibilità. Tuttavia il banco di prova del governo Lula ter e del Brasile intero, sarà l’economia. Sì perché, come dichiara l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), il programma di welfare state lulista è inconciliabile sia con le regole di bilancio, sia con la riconosciuta esigenza di contenere deficit e debito pubblico. Il più recente report Ocse è chiaro: Brasilia proseguirà con politiche monetarie restrittive sino a metà 2023, e sino a quel momento i tassi d’interesse di riferimento permarranno al 13,75 per cento, (è la “Taxa Selic – Sistema especial de liquidação e de custódia”, decisa dal Banco central). Dopodiché, politiche più espansive potrebbero creare turbolenze sull’intero sistema Brasile. In ogni caso si pronostica per il 2023 una crescita di appena l’1,2% del prodotto interno lordo (Pil), a fronte del 2,8% previsto per il 2022, (una stima per l’anno a venire che è invero più severa rispetto al 2,1% del Ministério da Economia). La crescita di quest’anno, plasticamente promossa dai consumi interni, si sarebbe già attenuata nel terzo trimestre, e la tendenza dovrebbe protrarsi anche nel ’23. Si andrebbe così incontro a un raffreddamento dell’economia, su cui sarà arduo intervenire con misure anticicliche: alla base vi è la situazione geopolitica, e soprattutto un livello troppo elevato dei tassi, che però è necessario per contenere l’inflazione. Nello specifico, l’Ocse segnala come la riduzione dei prezzi delle commodity (ma anche la crisi dei grandi partner commerciali), finisca per ridurre la domanda esterna. Si spiega poi che un costo del denaro così elevato, e protratto tanto a lungo, dovrà necessariamente incidere su consumi e livelli occupazionali. Uno sforzo comunque efficace – prosegue l’Organizzazione – nel ridurre la corsa dei prezzi: l’inflazione calerebbe dall’8,9% di quest’anno, al 4,2 del 2023. Mentre le incognite all’orizzonte riguarderebbero le misure sociali promesse in campagna elettorale. Il presidente eletto è determinato in primis a confermare la misura assistenzialista dell’Auxílio Brasil, che si vuole ribattezzare Bolsa família e sarà pari a 106 euro, e quindi a rivalutare il salario minimo (adeguandolo a inflazione e crescita); ma soprattutto a estendere i limiti di esenzione dell’imposta sui redditi, dagli attuali 1900 real ai 5000.