Festival internazionale di un giornalismo che non c’è

di C. Alessandro Mauceri –

giornalismoDal 6 al 10 aprile a Perugia ha luogo il Festival Internazionale del Giornalismo. Giornate intense piene di incontri, dibattiti e conferenze che vedranno come relatori e ospiti i più famosi nomi dei vari settori del giornalismo: da Alberto Angela (che ne approfitterà per presentare il suo ultimo libro) allo scrittore Fulvio Abbate; dai giornalisti sportivi Beppe Bergomi, Fabio Caressa e Giuseppe De Bellis a professionisti che si occupano principalmente di cronaca nera. Numerose le personalità attese come Lucia Annunziata, direttore L’Huffington Post Italia o Antonio Campo Dall’Orto, direttore generale Rai… quella dove, a Porta a Porta, si presenta il libro scritto dal più famoso capomafia degli ultimi decenni e proprio a lui dedicato.
Due i temi fondamentali a cui i partecipanti cercheranno (almeno si spera) di dare una risposta: qual è oggi il ruolo del giornalista? E poi, come sta cambiando il rapporto tra chi scrive e chi legge?
Ormai i confini tra l’advocacy e il giornalismo sono spesso aleatori. Basti pensare al caso Panama Papers e alle polemiche che ha sollevato l’indagine, che ha visto centinaia di giornalisti investigativi di mezzo mondo pubblicare le dichiarazioni di una sola persona. Allo stesso modo WikiLeaks: è davvero un arricchimento e uno strumento di informazione o rischia di essere sfruttato per altri fini? E ancora, il crowdfunding promuove davvero il giornalismo indipendente o è solo uno strumento in mano ai ricchi per manovrare l’opinione pubblica grazie agli influencers (se ne parlò qualche anno fa in vista di alcune scelte dell’Ue?) E poi: è ancora possibile parlare di “giornalismo indipendente” quando pochi, pochissimi giornali ricevono contributi milionari e aiuti di ogni tipo anche grazie ai proventi per la vendita di spazi pubblicitari, e migliaia di altri, che pure svolgono un ruolo essenziale, non riescono a coprire i costi per la messa in onda delle notizie?
Anche se probabilmente nessuno oserà parlare di questo, altri due problemi sono strettamente legati al giornalismo e ai canali di informazione. Primo fra tutti al libertà di informazione. Oggi l’informazione è sempre meno “libera”. Lo dimostrano gli arresti avvenuti nei giorni scorsi in Turchia. Lo confermano i servizi effettuati su temi scottanti, come ad esempio i migranti, in tutti i paesi comunitari. Lo conferma il fatto che anche l’Italia, che pure si erge a paladino dei diritti civili, occupa solo il 65esimo posto nell’ultima classifica sullo stato della libertà di informazione nel mondo stilata da Freedom House. Una posizione ancora peggiore se il confronto è limitato all’Europa: nel continente europeo l’Italia è 30ma su 42 Paesi. Peggio solo l’Ungheria, la Bulgaria, il Montenegro, la Croazia, la Serbia, la Romania, l’Albania, il Kosovo, la Bosnia Erzegovina, la Grecia, la Macedonia e la Turchia. Per anni, secondo i malpensanti, la causa di tutto questo era legata al fatto che chi governava era anche proprietario (o in grado di controllare) quasi tutti i grandi media, televisioni, giornali e altro. Ma, da due anni, al governo c’è un altro partito, un partito “democratico”, un’altra persona, un altro gruppo dirigente. Eppure la situazione non è cambiata. Segno, forse, che il problema è ben più grave di quanto si pensasse.
Anche di un altro argomento forse non si parlerà durante le giornate del Festival Internazionale del Giornalismo: gli italiani , ma la situazione non è molto diversa in molti degli altri paesi sviluppati del pianeta, non “leggono” più le notizie. Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istat, confermati da altre ricerche, i pochi lettori rimasti preferiscono leggere storie, romanzi, racconti, gialli, ricette di cucina. Tra le opere che vengono acquistate c’è di tutto: culinaria, libri di avventura, fumetti, anche libri di religione, di economia domestica, di arredamento e di moda. Tra i libri più venduti ci sono addirittura i dizionari.
E mentre gli italiani impazziscono nella lettura dei vocabolari (?), nessuno si informa più di cosa sta accadendo sotto i propri occhi.
Nessuno legge più i giornali. Neanche quelli online. Dai dati forniti dagli analisti emerge che per trovare il primo giornale online per accessi bisogna scendere fino all’undicesimo posto (La Repubblica). Molti di più i visitatori che hanno “letto” siti come Ebay, Bing, Amazon o Youtube. Siti che, però, non fanno “informazione” né “giornalismo”.
Forse è proprio questo il vero problema: la gente ormai non crede più in quello che scrivono molti giornali. E’ stanca di sentirsi ripetere che l’economia è in ripresa, salvo poi non riuscire ad arrivare a fine mese, che le banche sono essenziali per lo sviluppo dell’economia e accorgersi che grazie a misure ad hoc alcuni banchieri si stanno portando via i risparmi di una vita di molti italiani, di sentirsi dire che il pianeta sta bene e che si sta lavorando per l’ambiente e poi vedere che l’Unione Europea finanzia la realizzazione di gasdotti e trivelle.
La gente è stanca di vedere giornali e giornalisti strapagati dire tutto il contrario di ciò che avviene nel mondo e non poter leggere, perché nessuno pubblicizza i loro giornali o i loro siti, quello che scrivono milioni di giornalisti che lavorano la notte per avere il tempo, di giorno, di dire come stanno realmente le cose. Ben sapendo che è una verità che pochi leggeranno.
Di questo forse durante il Festival Internazionale del Giornalismo nessuno parlerà. E se questo avverrà, sarà solo la riprova che la situazione è molto più grave di quanto si pensi.
E questo nessun giornale famoso lo scriverà in prima pagina.

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