Idrogeno: stato attuale e prospettive future a livello italiano, europeo ed internazionale

di Giuseppe Spazzafumo per OrizzontEnergia

Il mercato dell’idrogeno, ad oggi, è quasi interamente determinato dal settore automotive: veicoli con celle a combustibile, appeal del settore e reti di stazioni di rifornimento, spiega nel corso dell’articolo Giuseppe Spazzafumo (Membro CDA – Hypothesis), rendono la risorsa idrogeno determinata dalle politiche dell’industria dell’auto. Se l’Italia si trova attardata nella ricerca di soluzioni incentrate sull’idrogeno, alcuni paesi stanno già implementando questa risorsa sulle applicazioni residenziali.
In generale si può dire che parlare oggi di idrogeno significa parlare di veicoli con celle a combustibile. E non perché sia l’unico settore di impiego, altrimenti non si parlerebbe di hydrogen economy. I motivi sono almeno tre, di cui uno soltanto tecnico.
Il motivo principale è connesso al fatto che le cosiddette roadmaps sono dettate dalle case automobilistiche. E questo indirizza l’uso dell’idrogeno non tanto verso i veicoli in generale, ma verso quelli con celle a combustibile, benché sulla attuale razionalità di questa scelta si potrebbe aprire una discussione.
Il secondo motivo lo definirei di marketing: le automobili rubano sempre la scena quando possibile. Non a caso, io stesso, proposi nel 2000 di usare un’auto a idrogeno come safety car nei gran premi di F1 per lanciare un forte messaggio sulla sicurezza dell’idrogeno.
Il motivo tecnico è che un sistema energetico in cui l’idrogeno si affianchi, come vettore, all’energia elettrica trova il suo maggior ostacolo nella modalità di distribuzione, ragion per cui si sta gradualmente cercando di costruire una rete di stazioni di rifornimento con produzione di idrogeno on-site. Questa soluzione bypassa il problema della distribuzione, giacché è il veicolo che si reca al punto di produzione dell’idrogeno, ma non è praticabile per la comune utenza stazionaria.

La maggior parte delle notizie riportate dai media e relative all’idrogeno riguardano, quindi, i modelli di automobili a idrogeno già resi disponibili sul mercato da Hyundai, Toyota e Honda ed il dualismo auto elettrica o auto a idrogeno. Dualismo puramente commerciale, dato che l’auto elettrica va benissimo in città, mentre l’auto a idrogeno è più in linea con il concetto tradizionale di auto avendo già raggiunto, stando a quanto dichiarato da un costruttore, un’autonomia di 800 km.
A livello nazionale, nonostante una buona produzione scientifica, siamo piuttosto indietro sullo sviluppo dell’infrastruttura, un po’ per mancanza di interesse da parte delle grandi aziende nazionali, un po’ per cronica mancanza di pianificazione energetica. In un certo senso si era partiti meglio degli altri, con l’apertura, oltre 10 anni fa, di una stazione di servizio (AGIP) a Grecciano. Ma, come dimostrato dagli eventi successivi, venne aperta più per la spinta del sig. Benedetti (PIEL) che per reale interesse dell’ENI.
Oggi la Spagna e la Norvegia hanno 6 stazioni di servizio per veicoli a idrogeno, la Francia e la Danimarca 11, la Gran Bretagna 12, la Germania più di 30. Allargando l’orizzonte al di fuori dell’Europa, ne troviamo una cinquantina negli Stati Uniti ed ancora di più in Giappone. Non è un caso che in Italia l’unica stazione di servizio pubblica operativa sia quella di Bolzano, che si può facilmente raccordare alla rete di stazioni tedesche, e che le prossime stazioni di servizio pianificate si trovino lungo l’autostrada tra Modena e Rovereto.
Esistono anche altre applicazioni veicolari (bus, scooter, biciclette) o industriali (muletti) che, tuttavia, possiamo definire ancora di nicchia e che non vedono il nostro Paese in prima linea.
Poche notizie, invece, vengono normalmente diffuse su tutto il resto della filiera, dalla produzione, alla distribuzione, all’accumulo. E, d’altra parte, si tratta, per lo più, di notizie che non hanno impatto sull’utente finale e, quindi, di scarso interesse per i media. Oltretutto, anche nel caso di utenze stazionarie, il collo di bottiglia della distribuzione fa propendere più per soluzioni di produzione on-site, generalmente a partire da gas naturale e per utilizzo in celle a combustibile.
Su questo fronte, la distanza tra il Giappone e gli altri paesi si fa ancora maggiore. Il Giappone, infatti, ha puntato sulle applicazioni residenziali, potremmo dire in perfetta solitudine, fin dalla fine del secolo scorso e con il progetto ENE-FARM ha già installato oltre 100.000 stacks e punta a superare 1.000.000 di unità entro il 2020. In Europa ci dobbiamo accontentare del progetto ene.field (860 unità), che vede anche la partecipazione di qualche realtà nazionale (Dolomiti Energia, tra le utilities, ed Environment Park, sul fronte ricerca).
In conclusione si potrebbe affermare che, per il momento, si tratta più di una fuel cell economy che di una hydrogen economy. Si è partiti dall’utenza piuttosto che dalla produzione.

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