Il Grande Fratello cinese. E c’è chi lo vorrebbe anche da noi

di Dario Rivolta * –

Al fine di garantire il migliore funzionamento dello Stato e mantenere l’ordine nella società, un antico saggio cinese suggeriva l’utilizzo di due strumenti di governo: la “legge” (fa) che doveva essere chiara e scevra da ogni possibile interpretazione divergente, e la “tattica” (shu) che stabiliva che “accanto ad una scala di pene previste per i nemici dello Stato vi fosse una scala di ricompense e di onori destinati a coloro che lo servivano fedelmente”. Quel saggio, che era un proto-discepolo di Confucio, si chiamava Han Feizi ed esercitò anche come ministro per l’imperatore dell’epoca prima di venir assassinato nel 233 avanti Cristo durante una delle lotte dinastiche dell’epoca. Tra i suggerimenti che dispensava al sovrano c’era quello di utilizzare a suo vantaggio la vanità e le debolezze umane, lasciando sempre i funzionari e i sudditi all’ oscuro delle proprie regali intenzioni.
È possibile che, magari involontariamente, l’attuale regime cinese si sia ispirato proprio a quei consigli per introdurre il sistema detto “Credito Sociale”? Diversi giornali in occidente se ne sono già occupati ma è bene riassumere brevemente in cosa consiste questa operazione.
Innanzitutto, la spiegazione ufficiale per aver deciso questo meccanismo è quella di recuperare i principi morali della società e ripristinare la fiducia che ogni cittadino dovrebbe avere nei confronti dei propri simili, delle varie imprese e delle istituzioni. Il “Sistema di Credito Sociale” emanato dal Consiglio di Stato cinese il 14 Giugno del 2014, si articola su quattro aree: “onestà negli affari di governo”, “integrità commerciale”, “integrità sociale” e “credibilità giudiziaria”. In pratica si tratta di premiare o punire con l’assegnazione di punteggi ogni cinese in base al comportamento che tiene ogni giorno e durante tutto il corso della sua vita. I comportamenti giudicati “virtuosi”, e quindi degni di essere premiati, sono, ad esempio, il donare il sangue, compiere un atto di eroismo o di bravura, essere un membro esemplare del partito, ottenere un riconoscimento di buon cittadino dal comune di residenza, aiutare gli anziani, manifestare la pietà filiale, ottenere un buon risultato nelle attività sportive o culturali, avere più di due figli, denunciare atti illegali di cui si viene a conoscenza, non frequentare persone con un basso “rating” sociale, elogiare le azioni delle pubbliche amministrazioni, ecc.. I comportamenti penalizzati sono invece: rifiuto di fare il servizio militare, condanna da parte di un tribunale, insultare altre persone, prendere una multa stradale, non pagare le tasse o pagarle in modo scorretto, consumare droga o ubriacarsi, frodare l’assicurazione malattia, abbattere alberi senza autorizzazione, pubblicare qualunque cosa senza autorizzazione, richiedere una ecografia per conoscere in anticipo il sesso del nascituro, ritardare i pagamenti delle bollette dei servizi pubblici o del telefono, non restituire regolarmente i prestiti bancari, avere parentela o amicizia con persone con un basso punteggio di “credibilità sociale” ecc.
I comportamenti giudicati “virtuosi” al raggiungimento del giusto punteggio danno luogo a sconti sulle varie bollette, alla precedenza nell’accesso ai pubblici sevizi, sconti sul tasso del mutuo ecc. Le penalizzazioni invece possono impedire l’acquisto di biglietti aerei o ferroviari, l’impossibilità di prenotare in certi alberghi, l’inaccessibilità per i figli a scuole di livello elevato, ecc. Alla fine del 2018, ancora in fase di sperimentazione locale, era già stata impedita la vendita di 17 milioni di biglietti aerei e di 5,4 milioni di biglietti ferroviari.
Come è possibile che le varie autorità cinesi riescano a controllare, attribuire punti o penalità a tutti i singoli cittadini sorvegliati? Occorre ricordare che il sottoporsi al sistema di credito sociale in Cina è diventato obbligatorio anche se la sua applicazione non è ancora omogenea in tutto il Paese ed esistono tra le varie regioni (e perfino tra le varie città) differenze sostanziali nelle valutazioni e nei punteggi attribuiti. La raccolta dei dati avviene principalmente attraverso due strumenti tecnologici giunti nel Paese del Dragone ad un grande livello di sofisticazione: i telefoni cellulari e le telecamere stradali. I cinesi usano oramai il cellulare per qualunque tipo di attività pubblica o privata e non se ne privano mai, le telecamere hanno raggiunto la diffusione su tutto il territorio di ben 400 milioni di apparecchi e, pur non essendo tutte collegate tra loro su scala nazionale, consentono ai veri centri locali di unire i loro dati a quelli dei cellulari (circa 700 milioni), al sistema di identità personale e ai servizi di polizia. Mentre i telefoni sono in grado di monitorare gli spostamenti di ciascuno e di controllare le conversazioni, i pagamenti effettuati e gli accessi a Internet, le telecamere sono dotate di un sistema di identificazione facciale che consente in meno di dieci minuti di collegare il viso ad un nominativo, al suo certificato penale, sanitario ecc. Durante il periodo del Covid-19 tali sistemi sono stati frequentemente usati per scoprire chi non rispettava la quarantena o trasgrediva gli input sanitari.
Questo sistema basato su premi e punizioni assomiglia molto al comportamento che la maggior parte dei genitori utilizza, al fine di educarli, nei confronti dei figli minorenni. Che uno Stato usi questo metodo verso i propri cittadini adulti è qualcosa che suona totalmente contrario a come dovrebbe funzionare una democrazia liberale. Basta immaginare l’arbitrarietà nel giudicare ciò che è “giusto” e ciò che è “sbagliato”, ma tutto diventa ancora più illiberale se il giudizio si applica al consenso o alla critica nei confronti delle autorità. Non c’è da stupirsi che ad applicarlo sia un Paese che di liberale non ha assolutamente nulla ma stupisce vedere che, perfino in Europa, qualcuno lo trovi allettante e abbia deciso di applicarlo anche nelle nostre società.
Apripista europeo di un sistema di “credito sociale” è il comune di Bologna, che ha lanciato un “progetto pilota” che dovrebbe entrare a pieno regime nel prossimo autunno. Forse per cercare di renderlo più digeribile, l’assessore Massimo Bugani (un grillino oggi membro di una giunta di sinistra) lo ha promosso con il nome inglese anziché definirlo in italiano: Smart Citizen Wallet. Orgogliosamente annuncia: “ai cittadini sarà riconosciuta una positività se tratteranno doverosamente i rifiuti, se utilizzeranno i trasporti pubblici, se risparmieranno energia, se non prendono multe stradali o dia altro genere e se sono attivi con la Carta Cultura”. Naturalmente, almeno per il momento, il comune di Bologna dichiara che la partecipazione a questo progetto sarà su basi volontarie, che si prevedono premi per i “buoni cittadini” e che non ci saranno penalità per chi si rifiutasse di partecipare. Nessun accenno al fatto che i recalcitranti possano in futuro essere identificati e mostrati a dito.
Per quanto l’operazione bolognese susciti forti dubbi soprattutto in merito alla sua possibile estensione ad altri campi, la città dei tortellini non è sola. Infatti anche in Baviera si sta promuovendo un qualcosa di simile che andrà sotto il nome di “Offensiva per la Protezione del Clima”. Il progetto si ripromette di promuovere “un comportamento sostenibile nella vita di tutti i giorni premiando l’azione consapevole verso l’ambiente” sotto forma di “gettoni di sostenibilità” utilizzabili per l’ingresso, ad esempio, in piscine o teatri. Anche l’Austria non ha voluto essere da meno e ha introdotto una app, per ora puramente volontaria (ID Austria), che registra la patente di guida, il passaporto, la o le propria/e auto. Il tutto collegato sullo smartphone personale.
Gli osservatori più attenti ricordano che questo tipo di progetti sono stati considerati totalmente negativi da un gruppo di studio (High Level Expert Group for Artificial Intelligence) incaricato dalla Commissione europea di studiare il sistema dell’intelligenza artificiale, la sua applicazione e le sue conseguenze. In un documento di cinquanta pagine molto ben dettagliate, gli esperti condannano nettamente la possibilità di sistemi che svolgano la funzione di sorveglianza di massa degli individui e invitano al rispetto della legge dei diritti fondamentali delle persone, dei principi etici e della privacy. Ciò nonostante la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha lanciato il progetto di un “Portafoglio Europeo di identità digitale” che ha come obiettivo di “introdurre un sistema di identificazione digitale unica in Europa, grazie al quale i cittadini dell’Unione possono registrare digitalmente diversi dati e documenti personali tramite una applicazione utilizzabile in qualunque Paese che sia stato membro dell’Unione”. Uno dei problemi di questi sistemi sta nel fatto che sono facilmente “piratabili”, intercettabili e decifrabili da un soggetto esterno. Senza contare che non si sa mai che uso un domani potrebbe farne l’autorità. Si tratta pur sempre di operazioni che si sa come cominciano ma mai come potrebbero andare a finire.
In merito all’asfissiante controllo potenziale intrinseco nelle possibilità di certa intelligenza artificiale, diventa interessante anche sapere quello che sta succedendo in Canada, a Vancouver. Una società di investigazioni locale ha scoperto che due ristoranti di cucina etnica della catena cinese Haidilao hanno installato dentro il locale ben 60 telecamere nascoste. Esattamente sono due per ogni tavolo e sono direttamente interconnesse con la madre patria. Il manager di uno dei ristoranti, per giustificarle, ha detto che si tratta della semplice applicazione del Sistema di Credito Sociale e che serve per controllare la qualità del cibo a distanza e il corretto comportamento dei dipendenti. Richiesto sul perché i dati erano interconnessi con la Cina ha risposto che la ragione di ciò era “segreta”. Noi sappiamo che i cinesi che vivono all’estero non hanno diritto alla doppia nazionalità e rimangono cinesi a tutti gli effetti, a meno che non rinuncino volontariamente alla nazionalità originaria. È anche risaputo che una legge del governo cinese impone a tutti i connazionali, ovunque vivano o operino e se interrogati, di essere a fornire tutte le informazioni richieste a favore della madre patria. Il problema è che, oltre al fatto che in quei ristoranti lavorano anche cittadini canadesi, quelle telecamere sono in grado di registrare tutti i tipi di conversazione che avvengono nel locale, chiunque le pronunci. La stessa cosa si può sospettare per le decine di telecamere puntate sulle strade di passaggio fuori da aziende cinesi, ambasciate e consolati in tutto il mondo.
A nessuno tutto ciò ricorda qualcosa di simile a quel Grande Fratello ben dipinto da George Orwell in “1984”?

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.