Il virus dell’indifferenza verso la proliferazione nucleare

di C. Alessandro Mauceri

Secondo gli ultimi dati (inizio 2020) le armi nucleari sul nostro pianeta sono circa 13.400. Di queste ben 3.720 sono attualmente dispiegate con forze operative e quasi 1800 addirittura mantenute in uno stato di massima allerta operativa. In altre parole, per utilizzarle basterebbe premere il famoso “bottone”. Russia e Stati Uniti insieme detengono oltre il 90% delle armi nucleari (oltre 6000 ordigni nucleari ciascuno). Ma anche molti altri paesi possiedono arsenali nucleari non indifferenti: la Cina (290 testate), Francia e Regno Unito (rispettivamente di 300 e 200), India e Pakistan (ciascuno di oltre 150 ordigni), e poi Israele, Corea e altri.
Molti, troppi. Ma meno di quelli del 1986, quando l’arsenale atomico mondiale arrivò a contare più di 69mila testate nucleari.
Per evitarne la crescita continua e ingiustificata, anche perché per distruggere buona parte del pianeta ne basterebbe un numero molto minore, venne sottoscritto il Trattato di Non-Proliferazione Nucleare, NPT. Firmato dai paesi membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 1 luglio del 1968, entrò in vigore nel 1970 e da allora è stato ratificato da 188 stati membri delle Nazioni unite. L’accordo prevede che i paesi “che hanno sviluppato e fatto esplodere armi nucleari prima del 1 gennaio 1967” non incrementino il proprio arsenale e che gli altri paesi non si dotino di armi nucleari. A verificare il rispetto degli accordi dovrebbe l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, cui è dato il potere di effettuare ispezioni anche negli stabilimenti nucleari degli stati non-nucleari.
L’accordo prevedeva anche la possibilità di effettuare una verifica del trattato ogni 5 anni. L’ultimo riesame si è svolto tra aprile e maggio 2015 e si è concluso senza l’adozione di un documento finale consensuale, soprattutto per il mancato accordo sulle parti del testo riguardanti la zona libera da armi di distruzione di massa in Medio Oriente, la cui Conferenza non è mai stata convocata per disaccordi fondamentali sull’agenda.
Sono in molti a temere che l’accordo possa essere cancellato definitivamente. “Stiamo vivendo un momento in cui la diplomazia come strumento di promozione degli interessi americani è più importante che mai. Eppure nel corso dei tre decenni e mezzo in cui sono stato diplomatico professionista non ho mai visto un momento in cui è stato più alla deriva”, ha dichiarato l’ex diplomatico americano William J. Burns. Chiaro il suo riferimento al proprio presidente Donald
Trump. Il rischio è che le scelte anacronistiche del Tycoon della Casa Bianca e le spinte verso il riarmo (non solo degli USA ma anche di molti altri paesi) possano portare indietro di decenni.
Anche l’accordo New START è a rischio. Siglato nel 2010 prevedeva di ridurre e limitare le armi offensive strategiche. E anche questo accordo scadrà tra poco, a febbraio 2021, a meno che entrambe le parti non decidano di prorogarlo. E come per l’NPT, anche per questo accordo non c’è molto… accordo. Lo scorso anno la proposta di estendere New START o per negoziare un nuovo trattato è stata un fallimento, in parte per l’insistenza degli USA a far sedere la Cina ai colloqui sulla riduzione delle armi nucleari – cosa che la Cina ha escluso categoricamente – in parte a causa dei cambiamenti geopolitici in atto nel mondo.
“La situazione di stallo per New START e il crollo del trattato sovietico-americano del 1987 sull’eliminazione dei missili a raggio intermedio e a corto raggio (trattato INF) nel 2019 suggerisce che l’era degli accordi bilaterali di controllo degli armamenti nucleari tra Russia e Stati Uniti potrebbe sta per finire”, ha dichiarato Shannon Kile, del SIPRI, “La perdita dei principali canali di comunicazione tra la Russia e gli Stati Uniti, intesa a promuovere la trasparenza e prevenire percezioni errate sulle rispettive posizioni e capacità delle forze nucleari, potrebbe potenzialmente portare a una nuova corsa agli armamenti nucleari”.
Il generale americano in pensione Michael Hayden, già capo della CIA e della National Security Agency, ha rilasciato dichiarazioni pesanti e ha espresso il timore che questa scelta azzardata potrebbe avere ripercussioni negative anche sul rinnovo del trattato (New START). E non solo su quello.
Sebbene non se ne parli quasi mai, l’argomento “armi nucleari” è delicato e molto attuale. Pare che Stati Uniti e Russia abbiano violato entrambi, ciascuno a modo proprio, alcuni dei trattati sottoscritti. E anche il Trattato Cieli Aperti, un accordo considerato essenziale per la sicurezza tra gli stati della NATO e la Russia firmato a Helsinki nel 1992,: questi era in vigore dal 2002, consentiva a uno dei suoi 34 paesi firmatari di condurre una sorveglianza aerea disarmata sul territorio dell’altro con un preavviso di 72 ore sarebbe a rischio: a maggio scorso Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo motivandolo con il mancato rispetto degli accordi da parte della Russia.
L’abbandono e il fallimento di tutti questi accordi comporta rischi inimmaginabili per la sicurezza internazionale: Russia e Stati Uniti pare abbiano deciso di dedicare alle armi nucleari molta più importanza nei rispettivi piani militari. Secondo il SIPRI, entrambi avrebbero nuovi e costosi programmi per sostituire e modernizzare il proprio arsenale nucleare, i sistemi di trasporto dei missili e gli impianti di produzione di armi nucleari. Un significativo cambiamento di rotta e verso una graduale proliferazione delle armi nucleari. Lo stesso dicasi per gli altri paesi di arsenali nucleari: alcuni di loro starebbero sviluppando nuovi sistemi d’arma o avrebbero annunciato l’intenzione di farlo.
Anche la trasparenza prevista dal Trattato di Non Proliferazione Nucleare pare essere diventata una chimera: “Gli Stati Uniti hanno divulgato importanti informazioni sulle proprie scorte e capacità nucleari, ma nel 2019 l’amministrazione statunitense ha posto fine alla pratica di divulgare pubblicamente le dimensioni delle scorte statunitensi”, ha dichiarato Hans M. Kristensen, del SIPRI Nuclear Disarmament, Arms Control e direttore del progetto di informazione nucleare presso la Federation of American Scientists (FAS). La Russia dal canto suo pare non aver reso disponibile una suddivisione dettagliata delle forze conteggiate in New START, le condivide solo con gli Stati Uniti. Altri adottano politiche ben diverse: Israele, ad esempio, semplicemente non dice nulla del proprio arsenale nucleare. Perfino Regno Unito e Francia, paesi europei dotati di un pericoloso arsenale nucleare, hanno rilasciato poche informazioni. E gli sforzi del consorzio dell’Ue per la non proliferazione e il disarmo non sembra aver sortito gli effetti sperati. Almeno finora. 
Tutto questo rende più che concreto il rischio che si stia tornando verso una proliferazione del nucleare bellico. Il Trattato Inf (Trattato sulle forze nucleari intermedie) che aveva portato alla distruzione di ben 2692 missili, 846 americani e 1.846 russi, lo scorso anno non è stato rinnovato. I sei mesi entro i quali il Trattato avrebbe potuto essere salvato sono scaduti senza che gli sforzi politico-diplomatici e le minacce portassero alcun beneficio. Ufficialmente a causa delle accuse mosse dal presidente americano Donald Trump nei confronti della Russia e i suoi missili da crociera 9M729.
Sembra proprio che alcuni paesi non vogliano scrivere la parola fine sul capitolo armi nucleari. Il 7 luglio sarà un altro anniversario importante, del quale nessuno ne parla: quel giorno, nel 2017, alle Nazioni Unite venne firmato un documento che prevedeva non solo la non proliferazione delle armi nucleari ma di “sviluppare, testare, produrre, fabbricare, acquisire, possedere o immagazzinare armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari”. In altre parole non solo non produrre nuove testate nucleari ma smantellare quelle esistenti! A firmare quel documento sono stati 81 paesi. Per diventare esecutivo l’accordo avrebbe dovuto essere ratificato da almeno 50 paesi. Ebbene, ad oggi, dopo tre anni, ad aver firmato e trasformato in legge questo accordo sono stati solo 37 paesi, solo un altro ha avviato le procedure. E in Europa, nella “pacifista” Europa, gli unici paesi ad averlo ratificato sono stati Austria e S.Marino. Tutti gli altri (Italia compresa) non lo hanno fatto, Dicendo in questo modo “sì” al proliferare delle armi nucleari.
Nei giorni scorsi, riferendosi al coronavirus il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha parato di “un virus microscopico ci ha messo in ginocchio”. Un altro virus, assolutamente invisibile, ma dagli effetti potenzialmente molto peggiori si sta diffondendo in tutto il mondo: l’indifferenza verso il ritorno al nucleare.