Israele. Netanyahu non molla la poltrona: quarta crisi di governo

Il casus belli è però la mancata approvazione del bilancio. Gantz crolla nei sondaggi.

di Guido Keller –

Quarta crisi di governo in meno di due anni in Israele, ben più se si allarga il periodo al 2014, quando i ministri delle Finanze Yair Lapid e della Giustizia Tzipi Livni posero fine alla legislatura per affossare la legge sulla proclamazione confessionale del paese quale “Stato ebraico”.
La crisi che ha preso il via oggi è stata dovuta alla mancata approvazione del bilancio, con diversi parlamentari che sono ricorsi ai più svariati stratagemmi per non votare, da chi si è reso irreperibile alle telefonate dei capi partito, a chi si è nascosto nel parcheggio della Knesset saltando fuori solo alla terza chiama.
Fatto sta che dopo soli 8 mesi il matrimonio forzato fra il Likud di Benjamin Netanyahu e i centristi di Blu e Bianco, guidati dal del ministro della Difesa Benny Gantz, si è concluso, tra l’altro nel pieno dell’emergenza Covid.
L’accordo di governo prevedeva che Netanyahu avrebbe lasciato nel novembre 2021 la guida del governo a Gantz, ma negli ultimi tempi appariva sempre più evidente l’intenzione del capo del Likud di non essere disposto al passaggio di consegna sia per quell’annessione della valle del Giordano non ancora partita, sia per la pandemia in corso, sia per contrastare la proposta di legge sull’uguaglianza, che avrebbe dovuto compensare la proclamazione di Israele quale Stato ebraico avvenuta nel 2018.
Di mezzo c’è però l’incriminazione di Netanyahu dello scorso anno per corruzione, abuso d’ufficio e frode, e Gantz aveva stragiurato che non avrebbe mai fatto un governo con il Likud: una bugia che gli sta costando cara nei sondaggi, con il partito dato appena sopra la soglia d’entrata in Parlamento (aveva un seggio in più del Likud).
I negoziati fra Gantz e Netanyahu per evitare la crisi si sono protratti in modo estenuante fino all’ultimo
Le nuove elezioni sono al momento date per il 23 marzo, ed i sondaggi danno ancora Netanyahu forte, in grado di mettere insieme una maggioranza di centrodestra che possa avallare il suo quinto governo. Questa volta senza doverlo spartire con Gantz.