Jpcoa. L’Iran preme per la conclusione delle trattative sul nucleare

di Guido Keller

L’attenzione dell’opinione pubblica internazionale è concentrata oggi sulla crisi ucraina, ma sul piano geopolitico non è di secondo piano l’immobilismo che alberga a Vienna per le trattative sul nucleare iraniano. Queste, riprese in novembre ed annunciate con enfasi dall’allora cancelliera tedesca Angela Merkel, hanno avuto un buon impulso iniziale, salvo poi ritrovarsi in una situazione finale stagnante, nonostante in tema di idrocarburi potrebbe arrivare una mano ai europei proprio dalla Repubblica Islamica. L’Iran infatti è ricco di gas, ed in passato aveva chiesto di potersi allacciare al Bte/Tanap/Tap per far arrivare l’energia in Europa attraverso l’Italia.
Il paese è tuttavia sottoposto alle dure sanzioni imposte nel 2018 dal presidente Usa Donald Trump, il quale aveva ritirato gli Usa dall’accordo (Jpcoa) sottoscritto nel 2015 dal predecessore Barak Obama, spinto dal premier israeliano Benjamin Netanyahu e sotto pressione delle potenti lobby sioniste americane che ne avevano garantito l’elezione. Trump aveva imposto sanzioni all’Iran e obbligato i paesi alleati, tra cui l’Italia, a fare altrettanto, pena finire soggetti a loro volta a sanzioni. Questo nonostante l’Aiea, l’Agenzia atomica dell’Onu con sede a Vienna, avesse certificato in più occasioni il rispetto pedissequo degli iraniani dell’accordo.
La rottura dell’accordo aveva poi spinto gli iraniani ad alzare la posta in gioco ritirandosi anche loro dall’accordo, arricchendo l’uranio e costruendo nuove centrifughe, nonostante un attacco cibernetico partito da Israele ne avesse messe fuori uso diverse.
L’Irna, l’agenzia di stampa iraniana, ha riportato oggi le affermazioni del portavoce del ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh secondo cui “Riteniamo che gli occidentali non siano determinati a raggiungere un accordo”.
Per Khatibzadeh rimane fermo che per ripristinare l’accordo è necessaria l’eliminazione completa delle sanzioni, ma che dalle controparti presenti al palazzo dell’Aiea, cioè le delegazioni del “5+1” (Usa, Russia, Cina, Gb, Francia + Germania) non arrivano segnali sulla conclusione dlel’iter. Inoltre l’Iran ha ribadito l’intenzione di procedere con il “suo pacifico programma nucleare” ad uso civile, d’altronde dal 2012 produce energia la centrale atomica di Halileh, la cui costruzione è iniziata nel 1975, e la cui ristrutturazione è stata terminata dai russi nel 2011.
Khatibzadeh nel suo intevento ha sottolineato che “i colloqui sono progrediti considerevolmente” come pure che “manca poco alla conclusione dell’accordo”, ma anche che “servono maggiori garanzie da parte dell’occidente”.
Ha infine ossservato che la richiesta del rilascio di alcuni detenuti nelle carceri iraniane con doppia nazionalità va vista come una questione umanitaria sé stante, non direttamente collegata all’accordo come invece vogliono alcuni attori dei colloqui.
Va comunque notato che le sanzioni hanno provocato danni all’economia iraniana ma che non hanno piegato il paese, il quale ha continuato a vendere idrocarburi ad oriente, nonostante i continui incidenti alle petroliere specialmente nel Golfo.