La Corsa all’Africa: si prospettano scenari incandescenti

di Mustafa Abdelkarim

I media riportano sempre più del fermento politico in Africa: si firmano accordi, si stendono trattati, si avviano manovre economiche, vi sono movimenti dei militari, si costruiscono basi di ogni sorta, si tentano acquisizioni di porti… un movimento così veloce e costante che fa pensare ad uno “Scramble for Africa”, la Corsa All’Africa. Si tratta di un’espressione nata dopo l’interesse ossessivo dei paesi europei alle grandi risorse di materie prime in Africa nella seconda metà del 1mo secolo. I paesi colonizzatori erano più di 13, e per non trovarsi in conflitto l’uno con l’altro e con il suggerimento del cancelliere tedesco dell’epoca, si organizzò la celebre Conferenza di Berlino nel 1884, che poi diede luce all’”Atto generale”, un accordo che prevedeva la condivisione dei paesi Africani tra i colonizzatori, senza conflitti.
Dividendo la storia della colonizzazione in Africa in tre fasi, nella prima vi è la Corsa all’Africa, dal 1885 fino al 1914: una fase molto legata alla rivoluzione industriale che stava avendo luogo in Europa, con fame per le materie prime. Questa prima fase finisce nel 1914 con l’inizio della Prima guerra mondiale, che ha completamente dirottato l’interesse delle grandi potenze.
L’interesse per l’Africa si è ravvivato con l’inizio della Guerra Fredda, una fase definibile come la “Seconda corsa all’Africa”: tra il 1947 e fino alla caduta dell’Unione Sovietica, nel 1991, le parti interessate al conflitto cercarono di sfruttare al meglio gli stati Africani aggiungendoli ad una parte o all’altra, lasciando il metodo di colonizzazione tradizionale che finì il percorso in tantissimi paesi Africani tra il 1955 e il 1965.
E con i movimenti di alcune forze mondiali negli ultimi 15 anni è posssibile identificare la “Terza corsa all’Africa”, iniziata ormai da tempo. Con l’intensificazione degli interessi si può dire che l’anno 2020 è l’inizio “ufficiale” della terza corsa al continente Africano. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica tutto era deciso verso la parte degli Usa, ma negli ultimi anni potenze hanno cercato di trovare una collocazione sulla cartina politica mondiale, forze come la Cina, la Russia e l’India, ma anche potenze crescenti come la Turchia, il Brasile e l’Indonesia.

Potrebbero esserci due principali motivi per questo interesse crescente verso l’Africa:

a) Le materie prime, ed è lo stesso motivo che ha spinto le potenze mondiali nelle prime due fasi. L’Africa, che è ancora ricca di risorse che rappresentano la colonna dell’industria tradizionale e moderna, industrie che necessitano di alluminio, ferro, rame, ma anche petrolio, carbone e gas naturale, spesso risorse non ancora sfruttate.
Quando all’inizio del 2020 la Cina era travolta dalla pandemia da Covid-19, a causa della crisi dei rapporti bilaterali ha voluto punire l’Australia diminuendo in modo notevole i suoi acquisti di ferro dall’Australia, nonostante il paese orientale fosse ed è ancora la prima industria di ferro al mondo; la Cina non si mostrava preoccupata per la diminuzione delle quantità di ferro importato solo perché a Pechino si sapeva benissimo che l’alternativa al ferro dell’Australia era quello rpesente in Africa, continente nel quale la Cina da tempo si sta costruendo una grandissima base economica, in particolare in Guinea, il paese con la più grande riserva di ferro non ancora estratto al mondo. Questo per spiegare l’importanza economica che può avere l’Africa dal punto di vista delle materie prime ora e in futuro. Se il ferro e le altre materie prime sono fondamentali per le industrie tradizionali, l’Africa è anche ricca di materie essenziali per le industrie del futuro a cominciare dal cobalto, che si utilizzava in modo limitato nella costruzione ma che negli ultimi anni è diventato una delle materie fondamentali nell’industria delle automobili elettriche e in quella militare.
Gli Stati Uniti non nascondono la loro preoccupazione in tema di cobalto perché il 70% di quella materia viene dalla Repubblica Democratica del Congo e il 50% delle esportazioni congolesi va in Cina, la potenza che minaccia il trono degli Usa come prima potenza mondiale.

b) La crescita demografica continua in Africa e rappresenta uno dei motivi più importanti per cui è in atto una nuova corsa. Crescita della popolazione da un punto di vista economico significa un mercato assicurato per le economie che dipendono molto dall’esportazione.
In poche parole l’Africa povera rappresenta l’unica speranza per i paesi ricchi per mantenere lo status quo, il povero resta povero e avrà sempre bisogno dall’aiuto che verrà dato dal ricco. Questo perché le grandi industrie continueranno a produrre e per produrre avranno bisogno di materie prime sia tradizionali che future, e con la crescita della popolazione in Africa queste industrie non aspetteranno altro che la fame del mercato africano che, come normale che sia, avrà molti bisogni da soddisfare.

Tali informazioni arrivano dalla Commissione statistica dell’Onu e dal Dipartimento di economia degli affari sociali dell’Onu, dove si spiega che la popolazione mondiale sarà intorno ai 10.9 miliardi nel 2100 e l’Africa si troverà al centro di questa ricerca perché è il continente nel quale ci sarà il maggiore aumento demografico, quasi la metà di quello mondiale.
Se ci si chiede il motivo per cui l’Asia non possa rappresentare un futuro come l’Africa, la risposta è che l’Asia è ormai sazia di investimenti e industrie e tenta, come altri, di esportare i prodotti con tigri leader come la Cina, il Giappone e l’India, e giaguari crescenti come l’Indonesia, la Thailandia e Singapore.

Una tale importanza economica dell’Africa, naturalmente, non passa inosservata davanti alle potenze mondiali e questo spiega l’interesse soprattutto militare verso l’Africa, che si è trasformata in una dei territori più ricchi di basi militari sul pianeta, 11 basi militari solo nella zona del corno d’Africa!
Le potenze radicate in Africa fino a qualche anno fa erano per lo più gli Usa, la Francia, la Gran Bretagna, l’Italia e la Germania, in un certo qual modo identificabili come “familiari” all’Africa. Tuttavia la novità negli ultimi anni sono state delle bandiere a cui gli africani non erano abituati, come quelle cinesi, e la Cina ha costruito la sua prima base militare africana a Gibuti, nel 2017; poi vi sono l’India e il Giappone, che condividono una base militare anche essa situata in Gibuti.
Una potenza crescente come la Turchia, che negli ultimi dieci anni ha mostrato molto interesse nei confronti dell’Africa, ha costruito una base militare in Somalia ed ha intensificato la presenza diplomatica nel continente, arrivando a progettare una base militare in Libia. Anche nuove forze come gli Uae, che hanno costruito una base militare in Somalia e una in Libia, si sono aggiunte alla corsa all’Africa.

Tuttavia la Terza corsa all’Africa è un bene per i popoli africani? Con una lettura a caldo è un bene, perché sono comunque investimenti che vengono fatti in territori che non avevano mai sperimentato o toccato con mano uno sviluppo industriale avanzato, e questo soddisfa il bisogno del cittadino africano. La storia però e soprattutto quella dell’Africa ci insegna che quando ci sono corse simili esse finiscono quasi sempre con conflitti catastrofici, mossi direttamente da queste potenze come nel caso del colonialismo, o indirettamente come nella Seconda corsa all’Africa, con la quale si sono generate guerre interne che hanno aperto profonde ferite appena guarite o in alcuni casi ancora aperte. Si veda la Somalia.

La Terza corsa all’Africa non promette quindi nulla di buono, almeno da quanto si è visto fino ad ora in paesi come la Libia, che ospita diverse basi militari e che però è attravesata da un conflitto deleterio da tutti i punti di vista.
Si tratta di scenari probabili, dal momento che a muovere le fila sarebbero potenze straniere in passato manovrate da altre, ma che ora sarebbero intenzionate ad agire da sole per accaparrarsi la loro fetta di torta africana.

Tra le potenze più affamate di Africa vi sono gli Stati Uniti d’America, timorosi di essere stati surclassati nella corsa dalla Cina. Fino al 2006 i principali partner economici dell’Africa erano gli USA e a seguire la Cina e la Francia, ma nei 12 anni successivi la situazione si è radicalmente ribaltata con la Cina al primo posto e l’India al secondo, e gli Usa al terzo posto. E questo non preoccupa Washington quanto la crescita degli investimenti in Africa che in 18 anni si sono moltiplicati per 40, un dato che spiega il caldo confronto tra Usa e Cina che avrà luogo in Africa e che sicuramente non farà cadere benefici nelle tasche degli africani.