La guerra ucraina e il nuovo ordine geopolitico: il caso della Finlandia

di Enrico Malgarotto

La guerra in corso tra l’Ucraina e la Russia sta modificando l’ordine geopolitico mondiale con una tempistica molto più serrata rispetto alle previsioni. Questo treno in corsa travolge anche vecchie certezze su cui si è basato l’ordine bipolare e forse anche i decenni a esso successivi: una di queste apparenti sicurezze è il carattere neutrale della politica finlandese. Ma da dove trae origine questa filosofia?
Il legame tra Russia e Finlandia è stato problematico fin dal tempo degli Zar. La pericolosa vicinanza al confine dell’allora capitale dell’impero, San Pietroburgo, aveva allarmato la classe politica e militare russa costringendo questi a continui accordi di non belligeranza tra i due Paesi. Nel corso dell’Ottocento la Finlandia divenne granducato russo durante il quale furono concessi alcuni elementi di autonomia al Paese nordico, ottenendo un certo consenso e apprezzamento da parte del popolo finnico. Elementi questi che vennero meno progressivamente alla fine del diciannovesimo secolo con l’inizio di una maggiore politica di russificazione della Finlandia. Il 6 dicembre del 1917 lo Stato nordico diventò indipendente dalla Russia e ricevette il riconoscimento politico di Lenin dopo che questi assunse il potere a seguito della Rivoluzione d’ottobre. Nonostante gli sforzi tra i due Paesi per scongiurare nuove tensioni nel periodo interbellico, nulla poté impedire che gli eventi seguissero il proprio corso.
Come conseguenza delle due guerre tra Mosca ed Helsinki nel corso del secondo conflitto mondiale, l’Unione Sovietica e la Finlandia sottoscrissero il 6 aprile 1948 uno speciale “Trattato di mutua assistenza e di amicizia”. Questo trattato portò il Paese nordico, uscito sconfitto, ad impegnarsi, per un periodo iniziale di dieci anni rinnovato successivamente fino agli anni Novanta, a porre in essere una particolare politica il cui scopo era rendere la Finlandia un Paese non ostile alla vicina Unione Sovietica.
Nel trattato del 1948 era previsto che le Forze Armate finlandesi operassero nel proprio territorio solo a scopo difensivo (impedendo anche il passaggio di qualsiasi esercito nemico) e che in caso di ostilità spettasse ai vertici politici dei due Stati la decisione circa il contributo dell’Armata Rossa per la difesa della Finlandia. Le due parti si impegnarono a non aderire a organizzazioni o patti in materia militare con potenze considerate nemiche dai due Paesi contraenti. Tuttavia è necessario precisare che nonostante il trattato, la Finlandia non smise mai di attuare una politica di difesa armata anche dalla vicina Unione Sovietica. Va da sé comunque che questo patto influenzò la politica finlandese per tutti gli anni a venire e portò il Paese ad essere considerato neutrale, in costante equilibrio tra il blocco occidentale e quello orientale.
La caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 rappresentò una cesura col passato e anche il motivo di una crisi economica, dal momento che il vicino Paese comunista rappresentava il principale destinatario degli scambi commerciali del Paese nordico. La vocazione tecnologica dell’industria, tuttavia, diede ossigeno alla fragile economia finlandese. Allo stesso tempo, però, una qualche forma di continuità con il passato rimase, in particolare nella ferma obbligatoria prevista per gli uomini e volontaria per le donne, ad ulteriore riprova della volontà del popolo finlandese di garantire comunque la difesa del proprio Paese nonostante i vari mutamenti geopolitici e le nuove minacce emergenti. Durante gli anni Novanta il Paese divenne membro dell’Unione Europea con un radicale (e visibile) spostamento della sua politica verso l’occidente.
Come conseguenza della guerra tra Mosca e Kiev che si sta combattendo in queste ore, nonostante l’iniziale cautela da parte della politica dei Paesi nordici, l’interesse della Finlandia ad entrare nella NATO senza dubbio apre nuovi scenari. Pare che l’ipotesi sia ben accolta dalla maggior parte della popolazione finlandese che vede l’ingresso nell’Alleanza Atlantica come l’unica soluzione per garantire la difesa del proprio Paese. Dati alla mano, risulta che il 53% dei finlandesi intervistati sia a favore, a fronte del 19% di solo cinque anni fa.
La proposta sembra anche ben accolta dal Segretario della NATO Stoltenberg, il quale rassicura che l’ingresso di Svezia e Finlandia potrebbe avvenire attraverso una procedura veloce, dopo il necessario consenso di tutti i partner, considerata la modernità delle armi e degli assetti in dotazione, degli alti standard e della interoperabilità nelle procedure tra le Forze Armate di Stati nordici e NATO.
Mosca minaccia ripercussioni politiche e militari nel caso i due Paesi entrassero nell’Alleanza Atlantica riproponendo in chiave contemporanea quelli che sono gli storici timori della Russia nei confronti del Paese così piccolo ma determinato a garantire la propria sopravvivenza come dimostrato nel corso della Guerra d’inverno negli anni Quaranta.

(Foto: Depositphotos).