La povertà nel mondo ferma l’istruzione primaria

di C. Alessandro Mauceri

In tutto il mondo, in molte scuole, i bambini imparano molto poco. A pronunciare queste parole non è il solito blogger complottista, sono le ricerche condotte dal World Economic Forum. Un problema serio che tutti conoscono ma che spesso ci si rifiuta di ammettere. Un problema che riguarda sia i paesi sviluppati che i paesi meno industrializzati, sebbene con differenze notevoli e che vanno ben oltre le stime delle Nazioni Unite.
Nei paesi ricchi, dove il reddito pro capite è alto e quindi dove, almeno sulla carta, non dovrebbero mancare i fondi da destinare all’educazione, alla fine della scuola primaria circa il 9% dei bambini non sa ancora leggere e comprendere a fondo ciò che ha letto. Dove questo dato raggiunge percentuali impressionanti è nei paesi più poveri: secondo il ricercatore sull’educazione Joāo Pedro Azevedo e i suoi colleghi, nei paesi più poveri del mondo alla fine della scuola primaria il 90% dei bambini non è in grado di capire cosa ha letto. Molti di questi bambini, alla fine delle elementari, imparano a leggere, ma tra “sapere leggere” e “comprendere cosa si legge” c’è una grande differenza.
Crescendo, il problema della scarsa capacità di apprendere non migliora; anzi, questi adolescenti, già indietro alla fine della scuola primaria, lasciano la scuola con un livello di istruzione decisamente scarso. Cosa questa che avrà effetti rilevanti da adulti: avranno anche poche opportunità di lavorare ed essere remunerati in modo adeguato. Ma non basta. La povertà educativa è il primo passo verso una povertà sociale e economica una volta adulti.
L’aspetto più interessante della ricerca è che “scuola” non sempre significa “apprendimento”. Eppure fino ad ora l’attenzione è stata concentrata. soprattutto nei paesi più poveri, sulla frequenza a scuola. Ma portare i bambini a scuola e garantire che vi rimangano è solo metà del percorso. La cosa più difficile è fare in modo che imparino quello che studiano: in molti paesi poveri spesso i sistemi educativi non sono in grado di a garantire ai bambini l’apprendimento.
Un problema trascurato e per il quale spesso mancano anche i dati. Le statistiche internazionali sull’istruzione sembrano non aver ancora compreso questa realtà e si concentrano solo sulla frequenza scolastica. Anche l’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite parla solo della loro partecipazione alle lezioni. Non dedica alcun peso all’apprendimento.
Lo studio realizzato da Dev Patel e Justin Sandefur mostra le differenze notevoli nei risultati di apprendimento all’interno di molti paesi, ma anche tra paesi ricchi e poveri. I dati diffusi dai media spesso parlano di carenze legate alla lettura e alla capacità di comprendere un testo, ma c’è anche un’altra abilità educativa di base che è fondamentale: la matematica. Il tutto, poi, deve essere confrontato non solo a livello internazionale, ma paese per paese. In Brasile ad esempio, confrontando i punteggi degli studenti relativi alla matematica con i redditi delle loro famiglie emerge che i due dati sono strettamente correlati: gli alunni provenienti da famiglie ricche ottengono risultati molto migliori rispetto agli studenti poveri. Il fatto che i risultati educativi siano correlati al reddito della famiglia tuttavia non significa che questa è l’unica variabile che conta. Esistono anche altri fattori, ad esempio l’educazione dei genitori. E poi il paese di nascita. A parità di altri dati, gli studenti che vivono in Marocco raggiungono risultati peggiori rispetto agli studenti che vivono in Brasile. Qui gli studenti che provengono da famiglie ricche fanno peggio degli studenti provenienti da famiglie povere di paesi come Finlandia, Paesi Bassi o Corea del Sud. Eppure gli studenti sudcoreani o finlandesi più poveri sono più poveri degli studenti ricchi in Brasile, ma i loro punteggi nei test di matematica mostrano risultati migliori.
Altro aspetto importante emerso dalla ricerca è che nei paesi “ricchi” le disuguaglianze educative sono minori lungo la fascia di distribuzione del reddito. Nei paesi poveri invece i risultati sull’apprendimento sono profondamente influenzati dal reddito familiare. In altre parole, nei paesi più ricchi del mondo, come la Finlandia, il sistema educativo fungerebbe da “equalizzatore” offrendo a ogni bambino possibilità diverse, ma non così diverse come avviene in paesi più poveri, indipendentemente dal background familiare. Nei paesi poveri il reddito del nucleo familiare è un handicap che pesa sul bambino per tutta la vita.
Non sono solo questi i dati che incidono su quanto i bambini imparano: nei paesi poveri molti bambini presentano difficoltà nell’apprendimento a causa di malnutrizione, problemi sociali e cattive condizioni di salute. Una salute migliore, meno povertà e una dieta più nutriente potrebbero fare di più per l’educazione di un bambino di quanto non riesca fare un bravo insegnante.
Alcuni ricercatori si sono chiesti cosa è possibile fare per ottenere una buona istruzione anche in questi paesi poveri. Come in Guinea-Bissau, dove i livelli di istruzione sono tra i più bassi a livello globale. Qui, nelle zone rurali, la maggior parte dei bambini non va a scuola e non imparerà mai a leggere e scrivere. I genitori non sono in grado di insegnare loro a farlo (meno del 3% delle madri è stato in grado di superare un semplice test di alfabetizzazione) e la qualità dell’insegnamento è scarsa perché “gli insegnanti sono isolati, sotto attrezzati, ricevono stipendi dopo lunghi ritardi e hanno poca formazione”.
Un recente studio di Ila Fazzio e dei suoi colleghi si è posto l’obiettivo di trovare una soluzione a questi problemi. Dopo 4 anni di ricerche sul campo sono stati confrontati i dati raccolti: i risultati sono stati sorprendenti, ma in senso negativo. Questo e altri studi riportano l’attenzione su un altro aspetto importante: studiare è costoso. In molte scuole, anche un un paese povero come Guinea-Bissau, il costo medio ammonta a 425 dollari per studente per anno. Ovvero circa il 70% del reddito medio (PIL pro capite). E di sicuro molto di più di quello che il governo può permettersi di spendere per una scuola primaria. Nei paesi ricchi si spende ogni anno per studente della scuola primaria circa 10 volte più del reddito medio di un paese povero. Per colmare il gap che separa i paesi poveri da quelli più ricchi sarebbero necessarie enormi risorse in termini di denaro, anche per costruire scuole che siano dotate di risorse adeguate e docenti motivati e preparati. Una possibile soluzione potrebbe essere non cercare di cambiare l’intero sistema scolastico, ma concentrare gli investimenti e adottare programmi che consentano, in un lasso di tempo ridotto (l’equivalente di tre anni) di raggiungere livelli di alfabetizzazione ragionevoli. In altre parole non di copiare quanto si sta facendo nel resto del mondo ma di “insegnare al giusto livello”.
Solo così sarebbe possibile consentire a milioni di bambini di completare la scuola primaria in grado di fare qualche calcolo essenziale e di saper leggere e comprendere quella sfilza di parole messe una dietro l’altra.