ONU. Sfumato l’accordo su un trattato per proteggere l’alto mare

di Alberto Galvi

Le Nazioni Unite non hanno raggiunto un accordo su un trattato per proteggere la vita marina in alto mare, dopo che un quinto round di colloqui è stato sospeso. Nelle ultime due settimane di colloqui 168 membri dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) si sono riuniti per cercare di concludere un nuovo accordo, ma senza riuscirci. Il trattato proposto avrebbe stabilito le regole per la protezione della biodiversità in due terzi delle aree oceaniche del mondo al di fuori delle giurisdizioni nazionali.
I colloqui si sono incentrati su come creare aree protette, prevenire i danni causati dalle attività umane in alto mare, aiutare i paesi poveri ad acquisire le competenze e i mezzi per l’esplorazione oceanica, e condividere le risorse genetiche marine.
La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare è stato l’ultimo accordo internazionale sulla protezione degli oceani, ma è vecchio di ormai 40 anni: stabilisce in sintesi un’area chiamata “di alto mare”, ovvero le acque internazionali in cui tutti i paesi hanno il diritto di pescare, e fare ricerca.
Senza un nuovo trattato meno dell’1 per cento dell’alto mare è sotto protezione. L’obiettivo del nuovo trattato è proteggere il 30 per cento dell’area oceanica, anche se ciò porrebbe limiti alla pesca e all’estrazione mineraria in acque profonde. E’ tuttavia fondamentale per combattere il cambiamento climatico, poiché oltre il 90 per cento del calore in eccesso viene assorbito dai mari. Le ondate di calore marino sono sempre più frequenti e lunghe.
L’anno prossimo i colloqui riprenderanno, a meno che non venga convocata una sessione straordinaria di emergenza entro la fine del 2022; gli Stati Uniti hanno l’obiettivo di proteggere entro il 2030 almeno il 30 per cento degli oceani del pianeta Terra.