Orban e il pugno duro sui rifugiati: l’Ue porta l’Ungheria in tribunale

A Budapest vorrebbero l'Europa à la carte: danno al bilancio comune 821 milioni per ricevere 4,05 miliardi di euro.

di C. Alessandro Maceri

L’Unione Europea ha avviato un procedimento presso la Corte di Giustizia nei confronti dell’Ungheria a causa della legge, introdotta nel 2018 e fortemente voluta dal governo ungherese, che impedisce alle persone che entrano in Ungheria di chiedere asilo anche se provenienti da paesi in cui la loro vita è a rischio. In pratica, in base alla norma rinominata “legge stop-Soros” in riferimento all’imprenditore americano-ungherese George Soros, finanziatore di gruppi per diritti umani, nessuno dei richiedenti asilo potrebbe ricevere il riconoscimento di rifugiato dato che è quasi impossibile entrare in Ungheria direttamente dallo stato da cui sta cercando di scappare senza passare attraverso un altro stato.
Come ha dichiarato la portavoce della Commissione europea Natasha Bertaud, “Nel luglio del 2018 era stata inviata una lettera alle autorità ungheresi riguardo questa legge, chiamata la legge stop-Soros, che criminalizza le attività a sostegno dei richiedenti asilo”. Ha poi aggiunto che “il soggiorno obbligatorio in certe zone dell’Ungheria non è conforme alla direttiva europea e non deve essere una detenzione”, e che “Il non fornire cibo non rispetta le disposizioni comprese nelle direttiva e nella carta dei diritti fondamentali Ue”.
Un chiaro riferimento alla lettera di costituzione in mora all’Ungheria da parte della Commissione europea in merito alla mancata fornitura di cibo a persone in attesa di rimpatrio nelle zone di transito ungheresi al confine con la Serbia. Per questo nel maggio scorso l’ONU aveva accusato l’Ungheria di aver deliberatamente negato il cibo ai migranti a cui è stato interdetto l’asilo. A seguito di questa denuncia la Commissione aveva avviato una procedura di infrazione perché “il soggiorno obbligatorio in queste zone non è conforme alla direttiva europea e il non rifornimento di alimenti non rispetta le disposizioni comprese nelle direttiva e nella carta dei diritti fondamentali Ue”.
Per questi motivi la Commissione Europea aveva inviato un primo richiamo, una lettera di deferimento, a luglio dello scorso anno. A gennaio la Commissione europea aveva sollecitato il governo ungherese, ma “considerata la risposta non soddisfacente” da parte delle autorità di Budapest”, la Commissione ha deciso di deferire l’Ungheria alla Corte di Giustizia dato che “la maggior parte delle preoccupazioni espresse – ha riportato sempre la portavoce della Commissione – non sono ancora state prese in considerazione”.
La legge introdotta lo scorso anno “riduce il diritto di asilo in un modo che non è compatibile con il diritto europeo o internazionale”, ha continuato la Bertraud. A questo si aggiunge che vietare l’accesso ai richiedenti asilo “facilita l’immigrazione clandestina”.
Già nel 2017 Bruxelles aveva inviato al premier ungherese “una lettera di messa in mora sulla legge sull’istruzione superiore” dopo che il vice-presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, “sulla base di un approfondito parere legale” aveva riscontrato che la norma imponeva agli atenei stranieri con sede in Ungheria di dotarsi di una sede nel proprio Paese d’origine e di operare sulla base di un accordo bilaterale tra il governo del Paese d’origine e quello ungherese. Oltre a limitare la libertà accademica!. Una richiesta non compatibile, secondo Dombrovskis, con i principi del mercato interno europeo.
In realtà la vera ragione di tali scontri sarebbe secondo alcuni un’altra: la consultazione pubblica lanciata dal governo ungherese e chiamata comunemente “Let us stop Brussels” (“lasciateci fermare Bruxelles”), i cui contenuti sono stati definiti “scorretti” e “altamente ingannevoli” dalla Commissione. Al punto che già a  settembre 2018 il Parlamento europeo aveva deferito l’Ungheria al Consiglio europeo, ai sensi dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona che sanziona i paesi membri ritenuti in contrasto con i valori fondanti dell’Unione Europea, togliendogli il diritto di voto.
Ora, dopo la nuova denuncia, si attende di conoscere la data per la prima udienza dinanzi al Consiglio Affari generali.
Al di là degli aspetti tecnici e giuridici, è tuttavia evidente che dalle parti di Budapest si ha la memoria corta: memoria assai corta: nel 1956 in 200mila profughi ungheresi lasciarono il paese attraversando il confine austriaco, lasciato aperto da Vienna. La ripartizione in quote (non esisteva ancora l’Ue) ne fece arrivare 5mila in Italia, assistiti dalla Croce Rossa. Si era trattato di una sollevazione armata contro l’occupazione sovietica, durata dal 23 ottobre al 10 novembre e causò la morte di 2.700 ungheresi e l’esodo di 200mila persone.
Appare così evidente che Viktor Orban vorrebbe per la sua Ungheria un’Unione Europea à la carte, basti pensare che i 10 milioni di ungheresi ricevono ogni anno da Bruxelles assai più di quanto danno: vera ogni non 821 milioni di euro (0,69% per Reddito nazionale lordo) per riceverne 4,05 miliardi (3,43% per Reddito nazionale lordo).