Perù. Il Parlamento boccia la destituzione del presidente Castillo

di Paolo Menchi

Mancano ormai circa tre mesi al compimento di un anno da quando il presidente del Perù Pedro Castillo è stato eletto, per una manciata di voti in più rispetto alla sua rivale di destra Keiko Fujimori, ma praticamente non è ancora riuscito ad iniziare un lavoro organico di ricostruzione e rilancio del paese,già debole prima della pandemia ed ora stremato economicamente anche dai mancati introiti turistici degli ultimi due anni che hanno messo in ginocchio in particolare alcune zone che vivevano solo di turismo.
Nei giorni scorsi Castillo ha superato ancora un grosso ostacolo. Il parlamento ha bocciato l’impeachment proposto da alcuni deputati della destra che accusavano il presidente di essere coinvolto in casi di corruzione. Erano necessari 87 voti a favore dei 95 parlamentari ma le opposizioni hanno raggiunto solo 55 voti contro i 54 di coloro che non volevano destituire Castillo.
Durante la discussione in aula si sono svolte manifestazioni di fronte al Congresso con centinaia di persone sia a favore che contro Castillo a dimostrazione della spaccatura del Paese, già ampiamente evidenziata dal risultato elettorale dello scorso anno.
Si è quindi evitato che il Perù potesse migliorare il record che lo aveva visto cambiare cinque presidenti in quattro anni, travolti da scandali di vario tipo.
Alla base della richiesta di “vacancia” del presidente l’accusa di corruzione era probabilmente una scusa, il modo approfittare della debolezza di un uomo politico in forte difficoltà, dopo aver dovuto cambiare in otto mesi ben quattro primi ministri.
Il primo esecutivo aveva come presidente Guido Bellido, vicino alle posizioni più estreme della sinistra e che era stato travolto dalle polemiche relative ad una sua presunta appartenenza ad un’organizzazione che aveva come obiettivo quello di creare una rete di corruzione, e per le indagini a suo carico per apologia di reato, in merito a giudizi positivi espressi nei confronti di un membro storico di Sendero luminoso.
Lo scorso mese di ottobre era stata la volta della nomina a capo del governo di Mirtha Vasquez, avvocato e attivista con posizioni politiche moderate, che avrebbe dovuto tranquillizzare anche i mercati, oltre che svolgere un ruolo di maggior coinvolgimento dei deputati centristi.
A fine gennaio anche la Vasquez aveva rassegnato le dimissioni, denunciando l’impossibilità di lavorare in uno Stato in cui la corruzione è parte integrante al punto di essere accettata come un fatto normale e accusando Castillo di non affrontare adeguatamente il problema.
Dopo un governo di estrema sinistra ed uno centrista, Castillo ha nominato come primo ministro Hector Valer, che fa parte di un gruppo ritenuto di estrema destra, senza neanche fare troppe indagini sul suo conto che ha giurato il 1 febbraio e si è dovuto dimettere il 4 dello stesso mese: sono bastate poche ore perché venissero fuori rapporti con narcotrafficanti, accuse di corruzione, ma soprattutto il fatto di essere stato sottoposto a misure cautelari per violenza contro la moglie e la figlia.
Il 10 febbraio vi è stata la nomina dell’ex ministro della giustizia Anibal Torres, ancora in carica, e la speranza è che porti avanti gli impegni presi in campagna elettorale; saranno poi gli elettori a giudicare, ma è fondamentale per il Perù ripartire politicamente e di conseguenza economicamente, per cercare di reagire ad una situazione drammatica.