RD Congo. Cpi: sentenza di colpevolezza per il “Terminator” Ntaganda

di C. Alessandro Mauceri

Lo scorso 8 luglio la Trial Chamber VI della Corte penale internazionale, con sede all’Aja (Paesi Bassi), ha pronunciato la sentenza di colpevolezza nei confronti di nei confronti di Bosco Ntaganda, soprannominato “The Terminator”. E’ stato ritenuto colpevole per 18 capi d’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità tra cui omicidio, stupro e schiavitù sessuale durante il conflitto del 2002-2003 in Congo. Per la Corte Ntaganda “ha dato personalmente l’ordine di uccidere i civili, arruolare minorenni e di utilizzare gli abusi sessuali come strumento di guerra”, e “Stando ad alcune Ong locali e internazionali, sarebbero più di 60mila le persone sono morte dal 1999 al momento dello scoppio delle violenze nella regione dell’Ituri”.
Cresciuto in Ruanda, Ntaganda si trasferì da giovane nella Repubblica Democratica del Congo dove iniziò a combattere a 17 anni. Nel periodo tra il 2002 e il 2003 Ntaganda, allora a capo di gruppi di combattenti ribelli, cioè le Forze patriottiche per la liberazione del Congo, FPLC, e l’UPC, l’Unione dei patrioti congolesi, si sarebbe reso responsabile tra l’altro di stupri sistematici, di schiavitù sessuale e del reclutamento di bambini soldato (ICC-01/04-02/06, CR2019_03568). L’inchiesta aveva avuto inizio nel giugno 2004, dopo che la stessa Repubblica Democratica del Congo aveva chiesto l’intervento della Corte. A peggiorare la posizione dell’imputato – disse la Camera – il fatto che lo stesso era esperto di strategie militari e aveva pianificato le azioni criminali. La sentenza della Corte, articolata in ben 539 pagine, ha accertato la responsabilità dell’imputato “oltre ogni ragionevole dubbio”. Nel 2006 venne emesso un mandato di arresto, ma Terminator rimase latitante fino al 2013, quando decise di consegnarsi alla Corte attraverso l’ambasciata americana presso la Repubblica Democratica del Congo, pare più per scampare al pericolo di un possibile linciaggio che per volontà di giustizia.
Il processo appena concluso copre solo una piccola parte dei 25 anni di carriera del leader dell’Unione dei Patrioti Congolesi (UPC). Successivamente Ntaganda aveva creato nuovi gruppi, il CNDP, Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo, e il M23.
Ora Ntaganda rischia una pena da 30 anni di carcere all’ergastolo.
Il fatto che il procedimento nei confronti di Ntaganda abbia richiesto un tempo così lungo è significativo: nella Repubblica Democratica del Congo, come in molte altre nazioni dell’Africa, sono molti gli interessi economici di grandi gruppi industriali pronti a mettere le mani sulle ricchezze rappresenatte dalle materie prime, ma si tratta di paesi estremamente instabili politicamente. Avere un dittatore “amico” spesso può far comodo a chi vuole avere accesso alle risorse essenziali per l’industria moderna. E’ questo che ha consentito (e consente ancora) a tiranni e dittatori di arricchirsi e di macchiarsi di ogni crimine senza spesso essere condannato. Qualche anno fa una Ong, il Comitato Cattolico contro la Fame e per lo Sviluppo (CCFD), che ha ramificazioni in buona parte dei paesi del continente, stilò una lista nera dei tiranni dei paesi africani. E delle ricchezze che sono riusciti a mettere da parte in cambio della loro benevolenza verso le multinazionali dei paesi sviluppati. Decine e decine di dittatori che si erano arrichiti sul sangue dei loro concittadini nella più totale indifferenza dei paesi “sviluppati”. E che avevano accumulato centinaia di miliardi di dollari volati dall’Africa verso l’Europa, l’America e i paradisi fiscali per essere investiti in immobili, auto di lusso, champagne e divertimenti. Pronti per essere usati nel caso in cui fosse necesario andare precipitosamente in esilio.