Russia. Presto nuove trivellazioni nel Mar di Kara: è la corsa all’Artico

di Giuseppe Gagliano

Cinque anni dopo la scoperta di uno dei più grandi depositi petroliferi nell’Artico, la compagnia petrolifera russa Rosneft rilancia le trivellazioni nel mare di Kara. Questa nuova espansione rientra in un preciso progetto denominato Ragozinskaya Well Drilling Project, ed è stato presentato la scorsa settimana a Dudinka, una città portuale sulla penisola di Taimyr, nella Siberia settentrionale. Oltre all’esplorazione offshore nota come “Ragozinskaya”, il progetto del colosso russo comprende uno studio di impatto ambientale e un piano per la prevenzione delle fuoriuscite di petrolio. Le operazioni dovrebbero iniziare nel 2020 durante la “stagione senza ghiaccio”. La Rosneft ha diciannove licenze per aree situate sulla piattaforma occidentale dell’Artico russo, di cui quattro nel Mare di Kara: Prinovozemelsky-1, 2, 3 e North Karsky per un totale di 126 mila km 2. Tuttavia il dato più significativo è che la trentina di depositi che sono stati scoperti in quella zona sarebbero paragonabili a quelli presenti in Arabia Saudita. Se questa previsione di natura geologica dovesse essere confermata è evidente che la politica energetica russa potrebbe avere una svolta rilevante consentendole una maggiore proiezione di potenza a livello globale rispetto agli Stati Uniti. Complessivamente le riserve accertate a nord del circolo polare artico ammontano a 90 miliardi di barili di petrolio (13% delle riserve mondiali) e 47 miliardi di metri cubi di gas naturale (o 30% delle riserve). Il mare di Kara rappresenta quindi una questione strategica per il futuro della produzione russa di petrolio.Ma la centralità dell’Artico è relativo anche al commercio. Infatti la rotta marittima del nord-est situata nell’Artico rappresenta un altro fattore di espansione economica da parte della Russia, rotta che consentirebbe di costruire un via alternativa al Canale di Suez; tant’è che la Russia intende implementare entro il 2024 il traffico merci proprio su questa via. Il passaggio lungo la costa russa sull’Artico abbrevierebbe il tempo di viaggio tra l’Asia e l’Europa di dieci giorni.
La questione delle risorse dell’Artico (gas, petrolio) sta attirando interesse e avidità. Questo è il motivo per cui la Russia sta rafforzando la sua presenza su 1,2 milioni di chilometri quadrati di isole artiche e dal 2001 ne ha rivendicato la sovranità di fronte alle Nazioni Unite. In attesa dello scioglimento dei ghiacci, il pack ice non è attualmente pronto per scomparire nell’immediato futuro, anche se è possibile vedere una diminuzione della sua ricomposizione in inverno. Questo è il motivo per cui alcuni paesi hanno anche colto tutti gli interessi strategici nel controllo della navigazione nella zona artica.
Cina, Germania, Norvegia, Regno Unito e Francia hanno pianificato, e alcun di loro hanno già lanciato, nuove navi di supporto polare negli ultimi tre anni. La Marina Usa, nonostante alcune difficoltà politiche, ha mantenuto il suo programma da 10 miliardi di dollari per la fabbricazione di rompighiaccio polari per assicurare i suoi “interessi sovrani” di fronte alla “concorrenza”.
Ma è la Russia che ha la flotta più grande in grado di navigare in acque fredde: 39 rompighiaccio di cui 6 con propulsione nucleare. Con l’obiettivo di dotarsi di navi di nuova generazione per esigenze sia militari che civili.
Questo progetto, sebbene in ritardo, prevede di costruire il più grande e potente rompighiaccio a propulsione nucleare di sempre e prende il nome di Arktika dal costo di 1,5 miliardi di euro che renderebbe possibile navigare attraverso più di 3 metri di ghiaccio e potrebbero rimanere operative fino a -50 °C. Caratteristiche non convenzionali e indicative del desiderio della Russia di controllare nuove rotte commerciali polari durante tutto l’anno. La realizzazione di queste nuove navi potrebbe anche avere altri obiettivi come quelli di esplorare e sfruttare le risorse nei fondi artici.
Il programma di rinnovamento della flotta civile e militare è solo una parte della strategia russa per controllare la rotta settentrionale in quest’area. Recenti esercitazioni militari sui bersagli navali lungo le coste russe costituiscono una dimostrazione di forza tanto quanto la realizzazione di basi nell’Artico. La Russia sta quindi creando un arsenale politico e strategico globale volto a stabilire la sua presenza nella zona polare. Oltre al rinnovo delle attrezzature adattate all’ambiente artico, lo Stato russo sostiene attivamente lo sviluppo di infrastrutture industriali, alloggi e trasporti sulla costa settentrionale e nel contempo finanzia l’approvvigionamento di cibo, petrolio e materie prime.