Serbia. Manifestazioni e scontri: Vucic avrebbe approfittato dell’epidemia per vincere le elezioni

di C. Alessandro Mauceri

La Serbia è messa a ferro e fuoco in questi giorni dai manifestanti che protestano contro il governo e il presidente Aleksandar Vučić. Le proteste sono iniziate dopo che il presidente, eletto nel 2017 dopo aver ricoperto per tre anni il ruolo di primo ministro, ha sospeso il lockdown e ha allentato le restrizioni in modo prematuro, cosa che avrebbe provocato un notevole aumento dei contagi.
In Serbia a metà marzo Vučić aveva imposto un rigido lockdown che comprendeva anche il divieto di uscire di casa alle persone sopra ai 65 anni, la chiusura dei confini e delle scuole. Alla fine di marzo queste misure sono state ulteriormente irrigidite con coprifuoco generale alle cinque di pomeriggio, trasporti pubblici sospesi, negozi non essenziali chiusi e tutti gli assembramenti vietati.
La Serbia si è vantata di essere uno dei paesi europei ad aver sofferto meno per la pandemia: sono stati registrati “solo” 20mila casi e 350 morti. Un risultato ottenuto anche grazie a queste misure.
Già a maggio però Vučić aveva deciso di allentare le misure preventive togliendo il coprifuoco, riaprendo i centri commerciali, i negozi, i bar e i locali notturni. A giugno sono ripresi anche gli eventi sportivi con il pubblico, tanto che Novak Djokovic, tra i migliori tennisti al mondo, ha organizzato un torneo di beneficenza itinerante che è stato cancellato dopo che uno dei partecipanti ha annunciato di essere positivo al coronavirus; lo stesso Djokovic è risultato positivo al test. Ma soprattutto il 21 giugno si sono regolarmente svolte le elezioni parlamentari, inizialmente previste ad aprile. Diversi partiti dell’opposizione hanno accusato il presidente, il cui Partito Progressista Serbo, di orientamento conservatore, ha stravinto, di non aver voluto rimandare ulteriormente le elezioni. Per questo hanno boicottato le elezioni affermando che non sussistevano le condizioni per garantire le misure di sicurezza. A dimostrarlo sarebbe l’affluenza inferiore al 50% che è stata la più bassa dal 1990, ovvero da quando esiste un sistema multipartitico.
I manifestanti accusano Vučić di aver usato il lockdown per fini politici, allentando le misure di protezione per le elezioni sapendo di essere favorito. Non è un caso se immediatamente dopo il voto diverse città serbe hanno annunciato nuovamente lo stato di emergenza. I cartelli e gli striscioni esposti dai manifestanti chiedono più democrazia, rispetto dei diritti umani, ampia libertà per i mezzi di informazione. Ma anche la punizione dei responsabili dei disordini dei giorni scorsi a Belgrado, teatro di violenti scontri. Proprio per questo molti manifestanti si sono di nuovo radunati sulla spianata antistante il Parlamento presidiato da reparti di polizia. Analoghe manifestazioni pacifiche si svolgono a Novi Sad, Nis e altre città del Paese.
Il presidente è accusato anche di aver diffuso dati che sottostimavano il numero di morti e di contagi e di aver incautamente fatto uscire il paese dal lockdown per motivi elettorali: il Balkan Investigative Reporting Network ha pubblicato un’inchiesta nella quale accusa il governo di aver sottostimato i dati sull’epidemia e che i morti reali sarebbero circa il doppio rispetto a quelli comunicati dalle fonti ufficiali.