Somalia. Mogadiscio caccia dal Somaliland i cinesi della Arc

di Valentino De Bernardis –

somalia_flagIl 7 gennaio, con uno breve comunicato del ministero del Petrolio e delle Risorse Minerarie del governo federale somalo, la società cinese Arc è stata invitata a cessare tutte le attività estrattive e a lasciare i confini nazionali. Si tratta della prima azione politica di una certa rilevanza del nuovo gabinetto di Omar Abdirashid Ali Sharmarke che, a meno di due settimane dalla nomina (24 dicembre), ha voluto lanciare un chiaro segnale sia all’interno che all’esterno della nazione.
Le accuse rivolte alla compagnia cinese riguardano principalmente le attività estrattive intraprese nella regione di Awdal (Somaliland), che non solo è priva delle necessarie autorizzazioni per operare in loco, ma viola anche la legislazione sull’immigrazione, con riferimento ai lavoratori cinesi privi dei permessi per lavorare in territorio somalo. Inoltre Arc è accusata di aver perpetrato la distruzione della proprietà privata degli autoctoni e di disastro ambientale, con particolare riferimento allo smaltimento di sostanze chimiche nocive, che sarebbero andate ad inquinare le falde acquifere.
La storica amicizia tra Somalia e Cina, sommata alla richiesta ufficiale del ministro degli Esteri Abdirahman Duale Beyle di supporto e assistenza a fermare le attività illegali delle aziende cinesi in territorio somalo, al momento non lasciano prevedere che la faccenda Arc possa avere un riflesso negativo nei rapporti bilaterali tra i due paesi (secondo alcune fonti ufficiose la decisione somala era stata anticipata a Pechino durante l’incontro del 5 gennaio tra l’ambasciatore Wei Hong Tian, il ministro degli Esteri somalo e il ministro del Petrolio e delle Risorse Minerarie Daud Mohamed Omar).
Per quanto concerne le ripercussioni interne al comunicato del 7 gennaio, non si può nutrire il medesimo ottimismo, ed anzi esso potrà avere importanti ricadute nel breve-medio periodo.
La regione di Awdal non è solo una delle più ricche della Somalia, con numerosi giacimenti di minerali e idrocarburi, ma anche una delle più turbolente, il cui controllo è conteso tra alcuni leader locali i quali, nel 2009, hanno dichiarato unilateralmente la propria indipendenza, e il Somaliland, regione della Somalia settentrionale, anch’essa una repubblica che ha proclamato la secessione da Mogadiscio nel 2007.
Le attività in loco delle diverse società internazionali hanno portato all’arruolamento da parte di queste di contractors e vere e proprie milizie armate per la protezione delle aree minerarie, che vanno però ad alimentare le tensioni non solo nella regione, ma anche in tutto il paese, appena uscito da una guerra civile lunga 24 anni e per molti versi non ancora terminata.
Le prime reazioni a livello istituzionale interno non si sono fatte attendere. Il cosiddetto governo del Somaliland ha risposto al comunicato dell’esecutivo somalo alzando la voce e avvertendo Mogadiscio di non interferire con le questioni interne ai propri confini, rivendicando una esclusività di competenze nei rapporti d’affari con gli operatori internazionali, e difendendo l’operato della Arc nella regione.

Twitter: @debernardisv