Spagna al voto, nessuna novità. Da oggi riprendono le trattative

di Loreenzo Nicolao

Sanchez pedroBARCELLONA – Tra il 20 dicembre e il 26 giugno si sono susseguite tante voci, molte soffiate, infiniti negoziati.
In Spagna i partiti si sono arroccati sulle proprie identità e sulle certezze ideologiche, prolungando un periodo di stallo che inevitabilmente ha provocato la reiterazione dei medesimi risultati alle urne, consolidando la fine del bipartitismo, ma senza far cedere la leadership ai partiti tradizionali.
Con il 32,93% il Partido Popular ha nuovamente vinto le elezioni, pur senza conquistare la maggioranza assoluta, e il PSOE di Pedro Sánchez si salva con il 22,79%, nonostante fino agli exit poll della vigilia era dato per terzo partito dietro l’arrembante Podemos, questa volta alleato anche a Izquierda Unida di Gabriel Rufián.
Il dato più significativo è probabilmente un maggiore astensionismo rispetto a sei mesi fa, 69,8% di affluenza rispetto al 73,2% di dicembre, dovuto probabilmente alla contestazione di chi sperava in una grande coalizione di governo già da gennaio, vista l’attuale difficoltà dei mercati e dell’economia spagnola, ancora ferma sul 5% del rapporto debito-PIL, numeri già mal sopportati dalla Germania e da Bruxelles.
Invece tutto è ancora in bilico, a maggior ragione ora che Podemos (20,7%) e Ciudadanos (13,9%) hanno confermato i propri risultati, ma senza intaccare la solidità della vecchia classe politica.
Anzi, pur con una differenza relativamente misera, sembra che gli elettori, di fronte alla crisi europea, l’insorgere dei populismi e agli esiti della Brexit, si siano affidati all’usato sicuro, nuovamente a un Mariano Rajoy, che pur con i suoi problemi, può sempre rivendicare la crescita economica dal 2011 e un approccio politico conservatore di fronte all’instabilità generale del continente.
Pedro Sánchez si salva consolidando la seconda posizione dei socialisti, ma rimane di fronte al solito dilemma che ormai echeggia già dal 21 dicembre scorso.
Vale la pena rinunciare a tutte le parole e dichiarazioni finora espresse alleandosi con l’acerrimo nemico, il leader dei populares Rajoy?
Perché purtroppo, tra tante combinazioni e differenze ideologiche l’unica via per governare sembra un modello tedesco di larghe intese basato sull’alleanza PP-PSOE.
Un esito drammatico per i socialisti, ma la legge dei numeri non sembra dare scampo alcuno a questo vicolo cieco.
Da oggi riprenderanno a Madrid i negoziati fra tutti i partiti, in particolare i quattro che saranno costretti a decidere le sorti del governo, assistiti dal conciliante e paziente re Felipe VI.
Se Ciudadanos e Podemos rimangono un po’ delusi per l’aspettativa di una nuova onda d’urto populista che invece non c’è stata, saranno proprio i leader dei socialisti e dei populares, Rajoy e Sánchez ad avere l’ultima parola.
Ma questa parola ormai dovrà essere detta. Il prima possibile.