Tensioni crescenti nella Penisola Coreana

di Francesco Oppia –

Nelle ultime settimane la Penisola Coreana è diventata il palcoscenico di crescenti tensioni catturando l’attenzione della comunità internazionale. Questa regione, già conosciuta per la sua intricata storia e il perpetuo stato di tensione, si trova ora di fronte a nuovi sviluppi che stanno suscitando preoccupazioni a livello globale. In particolare, è stato rievocato il dibattito circa la prospettiva di un nuovo conflitto nella penisola alla luce delle recenti azioni di Kim Jong Un.
Infatti, il leader nordcoreano ha dapprima chiuso le agenzie impegnate nell’unificazione con la Corea del Sud, abbandonando così la decennale ricerca di un’unificazione pacifica. Dopodiché ha designato il Sud come il “principale nemico” della Corea del Nord e ha simbolicamente demolito un monumento all’unificazione coreana situato nella periferia di Pyongyang.
Queste azioni riflettono un aumento delle tensioni tra le due Coree, esasperate dal recente successo del lancio in orbita di un satellite da ricognizione militare nordcoreano e dall’ulteriore sviluppo del programma nucleare del nord. Il SIPRI Stockholm International Peace Research Institute stimava che al gennaio 2023 il regime di Pyongyang disponesse di circa 30 testate nucleari e avesse a disposizione sufficiente plutonio e all’uranio arricchito che la Corea ha in suo possesso (secondo le stime del SIPRI), sufficiente per circa 50–70 ordigni nucleari. L’escalation delle tensioni ha determinato la denuncia da parte di entrambe le parti del Comprehensive Military Agreement firmato nel 2018 che affermava la cessazione completa di tutti gli atti ostili in tutti i domini fra i contraenti e stabiliva la creazione di una linea di comunicazione diretta fra i due stati.
Congiuntamente Kim ha rilanciato le relazioni militari con la Russia, attraverso la fornitura di proiettili e missili a corto raggio, successivamente dispiegati in Ucraina. In cambio si ipotizza che Mosca abbia fornito assistenza tecnica per il lancio in orbita del suddetto satellite e che abbia condiviso con Pyongyang tecnologie militari avanzate, interrompendo un decennale blocco alle importazioni dovuto al regime sanzionatorio a cui Mosca aderiva.
L’espansione delle relazioni militari tra Corea del Nord e Russia è stata accompagnata da una costante intensificazione dei contatti diplomatici di alto livello tra Pyongyang e Mosca, in particolare è significativo il vertice tra Kim Jong Un e il presidente russo Vladimir Putin, tenutosi in Russia il settembre scorso.
L’avvicinamento al Cremlino garantisce la protezione da ulteriori condanne ad opera del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in relazione ai recenti test di missili a lungo raggio e al lancio in orbita di satelliti, e rappresenta un’importante legittimazione internazionale per il regime di Kim.
L’isolamento russo, conseguenza della guerra in Ucraina e la logica competitiva fra Cina e Stati Uniti hanno determinato il progressivo allineamento di Cina, Corea del Nord e Russia in chiave antioccidentale. La prospettata partecipazione nordcoreana alle regolari esercitazioni militari che Cina e Russia tengono congiuntamente nel Pacifico significherebbe, inoltre, il raggiungimento di una maggiore coordinazione e integrazione regionale fra le tre nazioni e una minaccia per il Giappone e la Corea del Sud.
Tuttavia, nel corso degli anni, non sono mancate le frizioni fra la Cina e la Corea del Nord. Infatti, nonostante la Cina sia il principale partner commerciale di Pyongyang ed esista un trattato di mutua difesa, Pechino in sede ONU si dichiarò favorevole alle sanzioni contro la Corea del Nord per la violazione delle norme del diritto internazionale circa lo sviluppo di un programma nucleare, e non la sostenne attivamente nel confronto con gli Stati Uniti.
Parallelamente si sono rafforzate le relazioni trilaterali fra Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti come attestato dal summit a Camp David dell’estate scorsa. In quest’occasione è stata annunciata la volontà di tenere regolari consultazioni ed esercitazioni trilaterali annuali. Contestualmente sia Tokyo sia Seul hanno pianificato l’ulteriore sviluppo delle loro forze armate, come attestato dalla nuova strategia di sicurezza nazionale del Giappone.
D’altra parte, ci sono state dispute, risalenti alla dominazione giapponese della penisola coreana, che minano la coesione e la fiducia reciproca fra le parti. Nello specifico la questione delle donne di conforto e la disputa sul diritto delle vittime dei lavori forzati ad un risarcimento da parte giapponese.
Dalle precedenti riflessioni emerge chiaramente la logica per cui è scaturito il dibattito in merito alla possibilità di un nuovo conflitto nella penisola coreana alla luce dei recenti contrasti. Questa discussione non solo si inserisce nel contesto dei rapporti tra Nord e Sud, ma si colloca anche nella logica competitiva dei “blocchi” sopra menzionati. In conclusione, mentre le tensioni nella Penisola Coreana continuano a crescere, è fondamentale adottare un approccio cauto e considerare le diverse prospettive sulla possibilità di un nuovo conflitto.
Le argomentazioni di Sydney Seiler, senior adviser al CSIS Center for Strategic and International Studies che suggeriscono un focus attuale di Kim Jong Un sull’economia piuttosto che sulla guerra imminente, forniscono un quadro meno allarmante della situazione interna alla Corea del Nord. Tuttavia, è essenziale rimanere vigili e attenti agli sviluppi futuri, considerando la complessità delle dinamiche della regione. L’incertezza globale e le imminenti elezioni statunitensi potrebbero influire ulteriormente sulla situazione, rendendo cruciale un monitoraggio costante delle relazioni tra le Coree.

* Autore per Asia Orientale – Mondo Internazionale Post.

Articolo in mediapartnership con Giornale Diplomatico.