Terrorismo: l’intesa sino-cecena che fa bene alla Russia

di Giuliano Bifolchi –

E’ passata inosservata dai media internazionali la recente visita di una delegazione cecena nella Regione autonoma dello Xinjiang-Uyghur (XUAR), territorio della Repubblica Popolare Cinese che si è contraddistinto negli anni per la lotta e militanza armata contro il potere centrale di Pechino. Eppure tale visita è stata segnata da una reale volontà di cooperazione nel settore difesa ed economico tra la Repubblica di Cecenia ed i rappresentanti cinesi della Xuar che fa da sfondo al progressivo rafforzamento dei rapporti sino-russi nel settore della Difesa e nella gestione delle aree di crisi che possano minare la stabilità nazionale e lo sviluppo economico.
La delegazione cecena, giunta in visita tra il 6 ed il 10 dicembre a Urumqi, capoluogo dello Xinjiang, era guidata da Daniel Martinov, assistente e direttore della cooperazione con le forze dell’ordine per conto del leader ceceno Ramzan Kadyrov, a cui si devono aggiungere sia il colonnello della polizia Sharip Delimkhanov, capo del Servizio federale delle truppe della Guardia nazionale della Cecenia, sia gli istruttori del Centro Internazionale delle Forze speciali che si trova nella città cecena di Gurdemes. Durante gli incontri con i rappresentanti locali la delegazione è venuta a conoscenza delle opportunità economiche della città di Urumqi ed in generale dello Xinjiang ed ha discusso le possibilità di cooperazione nella lotta e contrasto al terrorismo internazionale ed agli estremismi religiosi.
Estremismi religiosi e terrorismo che conoscono bene sia la Russia che la Cina: per quanto riguarda la Federazione Russa, la regione nord caucasica è da considerarsi un territorio instabile per la minaccia della militanza armata locale e del terrorismo in passato rappresentato dall’Emirato del Caucaso (Imarat Kavkaz) ed ultimamente da Daesh. Proprio la Cecenia è stata la repubblica nord caucasica più difficile da gestire da parte del Cremlino dopo il crollo dell’Unione Sovietica con i movimenti di indipendenza degli inizi anni ’90 che hanno comportato la Prima Guerra Cecena (1994-1996) e nel tempo hanno assunto un carattere di estremismo religioso estendendo la minaccia jihadista in tutta la regione fino ad essere collegati al panorama del terrorismo internazionale. Dopo la Seconda guerra cecena (1999-2009), considerata però da Mosca non un conflitto ma una operazione anti-terrorismo, lo Stato ceceno grazie agli ingenti fondi spesi dalla Russia è riuscito a ricostruire le infrastrutture distrutte durante gli anni e a dotarsi di un sistema di sicurezza stabile ed avanzato a tal punto che l’incidenza degli attacchi sul suolo nazionale ceceno ha subito un drastico decremento.
Proprio il centro di addestramento di Gurdemes può essere visto come il fiore all’occhiello di questo processo di specializzazione nella difesa del territorio nazionale e nella lotta al terrorismo: nella recente fiera militare di settore Army-2016 tale centro ha attirato gli interessi internazionali e promosso le proprie attività che, al termine del suo completamento previsto nel 2018, potranno contare su corsi di addestramento tra i migliori del settore supportati da infrastrutture specialistiche. Centro che si è già fatto conoscere a livello mondiale grazie alla vittoria delle forze speciali cecene nella competizione di settore che si è tenuta al Royal Training Center di Amman (KASOTC) in Giordania dove il team ceceno ha avuto la meglio su 43 squadre provenienti da 12 differenti paesi.
La Cina invece vede come minaccia interna la difficile gestione dello Xinjiang, chiamato anche Turkestan orientale, regione caratterizzata dalla lotta contro il potere centrale della minoranza uigura che ha assunto il carattere di estremismo religioso e dato vita ad organizzazioni terroristiche come il Partito Islamico del Turkestan (TIP) conosciuto anche con il nome di Movimento Islamico del Turkestan (TIM) oppure con il precedente nome di Movimento Islamico del Turkestan Orientale (ETIM). Lo Xinjiang però rientra all’interno dei progetti di sviluppo economici statali, visti gli ingenti investimenti del governo di Pechino per l’industrializzazione regionale e lo sfruttamento delle risorse naturali, e quindi il separatismo promosso dagli uiguri viene visto come una minaccia diretta agli interessi nazionali sia economici che geopolitici.
Allargando la visione di queste minacce alla strategia di Pechino che prende il nome di One Belt, One Road, meglio conosciuta come Nuova Via della Seta passante proprio per la città di Urumqi, che interessa anche l’Asia Centrale connessa alla Federazione Russa grazie all’Unione Economica Euroasiatica (in special modo Kazakhstan e Kyrgyzstan) ed il Caucaso, è possibile comprendere come la collaborazione nella difesa del proprio territorio e nel contrasto alle minacce terroristiche sia da inquadrare in un progetto politico-economico maggiore verso il quale sia Mosca che Pechino stanno dedicando un grande interesse. Cooperazione nel settore della Difesa e nel controllo territoriale che si rafforza proprio nel momento in cui i toni tra Washington e Pechino si fanno accesi per la questione di Taiwan mentre con il Cremlino, grazie all’elezione di Trump, sembra che si stia assistendo ad un “disgelo”, le relazioni tra il Mosca e Bruxelles sono sempre più distanti a causa delle sanzioni a seguito della Crisi Ucraina, e la NATO “abbandona” l’Asia Centrale chiudendo nel 2017 il suo ufficio di collegamento a Tashkent lasciando virtualmente carta libera agli interessi economici cinesi e militari russi.