Ucraina. L’Italia prova a fare da pacere

di Marco Baratto

Contrariamente a quando si è ironizzato da molti, ho trovato la visita del ministro Di Maio a Kiev e Mosca interessate sotto tanti punti di vista. Per prima cosa entrambi i Paesi non sono ostili all’Italia, sia le dichiarazioni ucraine sia quelle russe a seguito della vista del nostro ministro degli Esteri sono state più distensive e meno formali rispetto a quelle delle altre missioni. Il nostro primo ministro secondo un quotidiano, avrebbe dichiarato che “Zelensky (presidente ucraino, ndr) in una telefonata che abbiamo avuto ieri ha chiesto la possibilità di riuscire a parlare con il presidente Putin, di vedere se l’Italia avesse potuto aiutarlo su questo fronte”, ha fatto presente il capo del governo, il quale ha aggiunto che “La stessa richiesta è stata rivolta ad altri intorno al tavolo di oggi. Evidentemente non sarà facile, ma l’obiettivo è quello: fare sì che il presidente Putin e il presidente Zelensky si siedano attorno allo stesso tavolo”.
L’Italia del resto ha sempre avuto ottime relazioni con la Federazione Russa e prima ancora l’Unione Sovietica. Il 2 Settembre 1933 venne firmato il Patto italo-sovietico di amicizia e non aggressione (come riportato anche dalle Izvestija), sottoscritto da Regno d’Italia ed Unione Sovietica sotto gli auspici dell’allora ambasciatore italiano a Mosca Bernardo Attolico. L’altro protagonista della creazione del trattato fu il ministro sovietico Maksim Maksimovič Litvinov, che insieme all’ambasciatore in Italia Vladimir Potëmkin già da tempo lavorava a relazioni internazionali che potessero diminuire l’isolamento dell’URSS nel mondo. Purtroppo la scelta successiva dell’alleanza con la Germania nazista non permise ulteriori sviluppi.
Anche con l’Ucraina (o meglio con le terre dell’odierna Ucraina) il nostro Paese vanta buone relazioni fin dai tempi in cui lungo il Mar Nero transitavano i mercantili della Repubblica di Genova per importare il grano. Come dimenticare che fu nella città russa di Taganrog che Giuseppe Garibaldi entrò nella Giovane Italia.
Oggi poi abbiamo tre fattori a nostro favore per essere gli artefici della pace in Ucraina, o meglio possiamo avere e trovare delle sponde che possono facilitarci in questo compito. La prima sponda è la Santa Sede. Papa Francesco da persona di provenienza non europea, non ragiona con le logiche europee, la sua azione è terza e non è influenzata direttamente, come avvenne invece per i suoi predecessori, dai disastri ideologici del secondo conflitto mondiale. La Santa Sede e Papa Francesco in particolare ha già fatto capire che non vogliono che le chiese cristiane entrino nel conflitto. Anni fa sul volo di ritorno da Costantinopoli a Roma, interpellato da un giornalista russo ortodosso, papa Francesco ha fatto una battuta non immediatamente comprensibile ai non esperti: “Dirò una cosa che forse qualcuno non può capirà, ma… le Chiese cattoliche orientali hanno diritto di esistere, è vero. Ma l’uniatismo è una parola di un’altra epoca. Oggi non si può parlare così. Si deve trovare un’altra strada”. Quindi non vuole che i cristiani siano elemento di divisione , bensì di unione nel senso vero del termine.
Seconda sponda la Cina. La Repubblica Popolare Cinese detiene una quota significativa del debito pubblico statunitense ed inoltre l’interscambio commerciale tra Cina e Russia ha raggiunto il volume record di 146,88 miliardi di dollari nel 2021, in aumento del 35,8 per cento annuo, secondo i dati ufficiali pubblicati dall’Amministrazione generale delle dogane della Cina. La Russia non ha ancora pubblicato le proprie statistiche ufficiali, ma il suo rappresentante commerciale in Cina, Alexei Dahnovskij, aveva già anticipato il medesimo dato nel corso di una intervista all’agenzia di stampa “Ria Novosti ”. Conviene alla Cina che la Federazione Russa sia esclusa dal sistema bancario Swift ? Come farebbe, visto che la stessa Cina ne fa parte? Quest’ultimo aspetto vale per l’Italia, che rischia molto in tema.
Cosa possiamo dedurre da tutto ciò? L’Italia, con la sponda della Cina (interessata a difendere i commerci), della Santa Sede (interessata ad aprirsi in modo nuovo a est), potrebbe portare al tavolo entrambe le parti senza compromettere la sua collocazione di alleanze. Allo stesso tempo sia Pechino sia la Santa Sede potrebbero trovarsi dalla stessa parte e facilitare il loro dialogo, visto che l’accordo tra Il Vaticano e Pechino è in fase di scadenza.