Ue. I Brexit Party voltano le spalle all’Inno alla gioia

di Elisabetta Corsi

Si apre la nuova sessione del Parlamento europeo dopo le elezioni di maggio e ci sono già dei dissensi. I neo eletti europarlamentari del Brexit Party di Nigel Farage al suono dell’Inno alla gioia di Beethoven si sono girati di spalle in segno di protesta.
Una protesta che viene da un partito eletto in Europa ma che è fortemente contrario a questa istituzione, salito al potere in un momento di crisi dei partiti tradizionali colpevoli di non essere riusciti a portare il Regno Unito al di fuori dell’Unione Europea nei tempi stabiliti.
Farage, il leader del partito, ha poi commentato su Twitter che il suo gruppo ha già fatto sentire la sua presenza e che sono allegri provocatori. Anzi ha criticato Antonio Tajani accusandolo di deridere i suoi europarlamentari insistendo che sarebbero chiamati a cantare l’inno di un paese straniero. Non si tratta della prima volta: già quando il partito si chiamava Ukip, nel 2014 gli eurodeputati avevano inscenato la medesima protesta.
Prima che un quartetto musicale si esibisse nell’Inno alla gioia, il presidente uscente del Parlamento europeo Antonio Tajani aveva chiesto ai deputati di alzarsi in piedi in segno di rispetto ed aveva commentato che “Alzarsi in piedi è una questione di rispetto, non significa che necessariamente dovete condividere la posizione della Ue. Se ascoltate l’inno di un altro Paese vi alzate in piedi”.
Gli eurodeputati britannici siederanno a Strasburgo finché la Brexit non verrà finalizzata, al momento la data prevista è il 31 ottobre. Un’altra protesta è stata invece portata avanti contro la decisione di negare un seggio al leader separatista catalano Carles Puigdemont.
Uno dei presenti alla protesta, John Longworth, europarlamentare del Brexit Party per lo Yorkshire, ha scritto in un lungo articolo comparso sul Telegraph, che si sono voltati di spalle perché non ritengono l’Unione Europea una nazione e che l’inno non li rappresenta, letteralmente “non abbiamo firmato un inno di un superstato”.
La critica è anche all’istituzione “Unione Europea”, che dispone di due parlamenti e di cinque presidenti, considerata praticamente come un superstato dai costi esorbitanti. Si stima il costo di oltre 2 milioni di sterline al giorno solo per i deputati, senza contare l’edificio, l’amministrazione e tanti altri aspetti, in pratica una denuncia di spreco di denaro dei cittadini europei per un’istituzione a loro dire inutile. Oltre a criticare la scelta del presidente del Parlamento europeo di non ascoltare i catalani e di continuare ad esaltare le virtù del progetto europeo, perplessità dei deputati del Brexit Party sono state espresse anche per la “poca democrazia in Europa”. L’eurodeputato Ann Widdecombe, si è fatta sentire ai microfoni della BBC News dichiarando che “Quello che abbiamo fatto è stato simbolico. Non abbiamo fatto rumore, non abbiamo disturbato nulla… ci siamo semplicemente voltati per dire che rifiutiamo questo”.
Non sono mancati coloro che hanno criticato questa presa di posizione, tra cui anche politici italiani, i quali hanno affermato che se i Brexit Party non riconoscono l’Unione Europea, dovrebbero rifiutare anche il loro stipendio. Non sono mancati dissensi anche nel Regno Unito nel quale è stato diffuso su twitter l’hashtag #notinmyname.
Nella stessa occasione gli eurodeputati liberal-democratici si sono presentati in parlamento indossando una maglietta gialla con la scritta: “Stop Brexit”.