Usa. Negati i visti diplomatici a funzionari cinesi per le violazioni nei confronti degli uiguri

di Alberto Galvi

Gli Usa hanno annunciato il rifiuto nei confronti della domanda di visto richiesta da tre alti funzionari cinesi della regione dello Xinjiang e delle loro famiglie ritenuti responsabili o complici della ingiusta detenzione o abuso di uiguri, kazaki e di membri di altre minoranze etniche. Negli ultimi anni, il regime cinese ha arrestato un milione o più persone appartenenti alle minoranze etniche, che sono detenute in campi di internamento o in carceri dove sono sottoposte a rieducazione ideologica.
La decisione di impedire a Chen Quanguo, Zhu Hailun e Wang Mingshan del PCC (Chinese Communist Party), di entrare negli Usa è l’ultima di una serie di azioni che l’amministrazione Trump ha intrapreso contro la Cina. Il Dipartimento del Tesoro ha anche imposto delle sanzioni finanziarie nei confronti di una quarta persona, Huo Liujun, nonostante l’ex funzionario della sicurezza nello Xinjiang non fosse soggetto alle restrizioni sui visti.
Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo nelle ultime settimane ha anche annunciato restrizioni ai visti per i funzionari cinesi in merito al deterioramento delle relazioni provocate dalle tensioni causate dalla diffusione della pandemia di coronavirus, alle violazioni sui diritti umani, in particolare quelle nei confronti della popolazione tibetana, alla crisi di Hong Kong e alle regole sul commercio internazionale.
Lo scorso anno gli Usa avevano già imposto restrizioni sui visti ai funzionari cinesi ritenuti responsabili o complici della detenzione di musulmani nella regione dello Xinjiang. Washington ha inoltre inserito nella sua lista nera due dozzine di società e agenzie cinesi legate ad abusi in quella regione cinese.
Pechino sospetta da tempo che gli uiguri, per lo più musulmani, nutrano tendenze separatiste a causa della loro distinta cultura, lingua e religione. Il governo cinese inizialmente negò l’esistenza dei campi di internamento nello Xinjiang, ma ora che ci sono prove inconfutabili, tutto ciò non è più possibile.
Lo scorso mese Trump ha firmato un decreto, che è stato approvato a larga maggioranza dai membri del Congresso, in cui si prevedono sanzioni per l’oppressione degli uiguri da parte dei funzionari e delle imprese cinesi, inoltre saranno sanzionate imprese ed imprenditori statunitensi che venderanno prodotti o opereranno nello Xinjiang, contribuendo alle violazioni dei diritti umani.
La contesa della tutela delle minoranze musulmane è una questione che ha iniziato ad avere una sua importanza sulla scena internazionale dopo l’attacco alle Twin Towers dell’11 settembre 2001, quando Russia, Usa e Cina avevano stretto un’alleanza contro il terrorismo internazionale di matrice islamica.
Questo accordo fu utilizzato come pretesto soprattutto da Cina e Russia per attaccare in maniera feroce le minoranze che all’interno dei loro Paesi chiedevano l’autonomia dallo Stato centrale in particolare contro i ceceni in Russia e gli uiguri in Cina.
Durante la guerra scoppiata nel 2001 contro l’Afghanistan e quella scoppiata nel 2003 contro l’Iraq le repressioni perpetrate da russi e cinesi contro quelle minoranze etniche furono tollerate da Washington. Adesso che ormai il pericolo globale del terrorismo islamico si è attenuato, la Casa Bianca utilizza queste repressioni effettuate da Russia e Cina come pretesto per far aumentare le tensioni fra le superpotenze e mettere ulteriore carne al fuoco a loro favore nei diversi vertici internazionali.
Questo gioco creato ad arte da Washington è sempre stato lo stesso, prima la Russia e la Cina erano i simboli del comunismo e dovevano far paura al mondo occidentale per i loro sistemi repressivi. Adesso che gli scenari geopolitici sono cambiati, gli Usa sono comunque rimasti i guardiani della democrazia nel mondo, mentre la Cina e la Russia sono sempre viste dal mondo occidentale come superpotenze profondamente illiberali.