Angola: da astro nascente a paese dimenticato

di Elisa Sguaitamatti

dos santos joseL’Angola, terza economia del continente africano e secondo più grande esportatore di petrolio dell’Africa subsahariana, oggi appare un paese dimenticato dove ormai sembrano fare poca notizia anche crisi ed epidemie.
Lo stato subsahariano sta attraversando una seria crisi finanziaria. Il crollo dei prezzi delle materie prime ha indubbiamente inciso molto su un’economia petrolifera in cui la vendita di petrolio rappresenta da ormai un trentennio il 95% degli introiti che il governo riceve abitualmente. Questo crollo di fatto ha dimezzato le entrate petrolifere di uno stato eccessivamente dipendente dalle esportazioni di oro nero, aprendo una voragine nel budget nazionale. L’attuale crisi dell’economia si somma ad altre piaghe della società: un sistema che redistribuisce la ricchezza in modo ineguale, lungo linee clanico-clientelari, privilegiando una cerchia ristretta all’interno dell’apparato statale e della famiglia presidenziale a scapito della gente comune; la scarsa presenza di good governance; la corruzione in molti settori della vita pubblica. Pertanto, i critici parlano di un fallimento annunciato perché il presidente dos Santos, che da anni tiene le redini del paese, ha capitalizzato sull’enorme ricchezza petrolifera dirottando i proventi solo a membri della sua famiglia e funzionari dello stato.
Oltre a questo, il paese sta vivendo la più grave e drammatica emergenza sanitaria degli ultimi trent’anni in seguito allo scoppio dell’epidemia di febbre gialla nel distretto di Viana (Luanda) a dicembre 2015. La febbre gialla è una malattia emorragica virale che tocca le regioni tropicali di Africa e Amazzonia e che si diffonde rapidamente in seguito alla puntura di una zanzara appartenente alla specie Aedes Aegypti, la stessa responsabile del virus Zika e del dengue tuttora presenti in diverse aree dell’America Latina. Dopo 3-6 giorni dalla puntura della zanzara infetta si manifestano sintomi quali febbre, dolori muscolari, nausea, vomito e perdita di appetito. Chi è infetto può avere una seconda fase “acuta” e nella metà dei casi non riesce a sopravvivere. Nel paese africano sembra che a scatenare questa malattia contagiosa siano stati due fattori: le scarse condizioni igienico-sanitarie e l’accumulo di chili di spazzatura mai smaltiti che avrebbe creato acqua stagnante che ha attirato le zanzare.
All’inizio di febbraio il ministero della Sanità ha lanciato una campagna di vaccinazioni di 6.5 milioni di persone nella zona di Luanda e ha raccomandato di sterilizzare sempre l’acqua. Tuttavia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che l’Angola si trova ancora al livello 2 di emergenza su una scala di 3 gradi in base ai criteri dell’Emergency Response Framework. Molti sono gli ostacoli presenti nello svolgimento delle vaccinazioni. In primis, i pochi ospedali operativi possiedono personale sanitario e finanziamenti scarsi oltre che strumenti inadeguati per fronteggiare l’epidemia. Inoltre, questi ospedali stanno terminando non solo le forniture di vaccini ma anche le scorte di guanti, siringhe e provette. L’esperta di Angola Paula Roque della Oxford University durante una ricerca ha scoperto che i dottori angolani che vivono in Sudafrica stanno inviando strumenti medici in patria per contrastare le carenze di un sistema sanitario al collasso. Allo stesso modo, il governo angolano è stato costretto a rivolgersi a ditte e benefattori del settore privato che desiderassero fare donazioni di somme consistenti per ottenere un aiuto logistico. In più, molti lavoratori e dipendenti del settore sanitario non hanno ancora ricevuto lo stipendio, mentre l’impennata dell’inflazione ha triplicato i prezzi del cibo.
Secondo gli ultimi dati rilasciati dalle autorità angolane il 21 marzo scorso, l’epidemia di febbre gialla ha interessato finora 16 province su 18 con 1132 casi confermati e 168 morti. Luanda, la capitale di 6 milioni di persone epicentro della malattia, rimane la zona più colpita. Nonostante sia stata attivata una task force nazionale insieme a funzionali dell’OMS per coordinare le operazioni di risposta all’emergenza, le riserve dei vaccini stanno per terminare lasciando ancora 1.5 milioni di persone a rischio. ​​​​​​​​​​​​Il giornalista e attivista angolano Rafael Marques de Morais, direttore del giornale Maka Angola “supporting democracy, fighting corruption” -conosciuto alla società per le sue frequenti critiche al regime- ha più volte sottolineato che le autorità vorrebbero minimizzare la situazione in cui versa il paese. Invece la febbre gialla, insieme ai casi di malaria e colera sono ancora le principali cause di morte in Angola. La situazione appare altrettanto allarmante anche per altri stati poiché rimane il rischio concreto di diffusione della malattia oltre confine. In Cina, Repubblica Democratica del Congo e Kenya si sono già verificati casi di febbre gialla in persone di ritorno dall’Angola. ​​In questo contesto di crisi e stasi, lo scorso gennaio il presidente José Manuel dos Santos, in carica dal 1979, ha annunciato la sua decisione di ritirarsi dalla vita politica nel 2018. Queste promesse di dimissioni, se mantenute, segnerebbero uno spartiacque storico: si parla da almeno 15 anni del suo ritiro a vita privata ma nessuno ci ha mai veramente creduto. La sua uscita di scena potrebbe portare a un’instabilità politica e a lotte interne al partito per il potere se non fosse delineata una precisa linea di successione. Per questo, sono già iniziate le ipotesi di molti analisti e commentatori sul futuro politico del paese che non ha mai conosciuto nessun altro presidente se non dos Santos e nessun altro partito se non l’MPLA, il Movimento Popular para la Libertaçao de Angola, vincitore nelle lotta per la conquista del controllo dello stato all’inizio della guerra civile del 1975. Inoltre, la Costituzione del 2010 ha abolito le elezioni presidenziali dirette e prevede che venga eletto automaticamente presidente il leader del partito vincente alle elezioni parlamentari-legislative che si terranno nel 2017. Tra i nomi che si rincorrono sono apparsi quello dell’attuale vicepresidente Manuel Vicente o uno dei figli del presidente dos Santos, José Filomeno. In particolare, Manuel Vicente è uno dei fedelissimi di dos Santos che ha amministrato fino al 2012 la principale compagnia petrolifera nazionale di Sonangol, il braccio finanziario del regime che ha favorito i meccanismi informali di distribuzione diseguale delle revenues petrolifere. Il vicepresidente è ora indagato in Portogallo: secondo le prime indiscrezioni è sotto inchiesta per aver pagato tangenti al procuratore generale portoghese Orlando Figueira per mettere a tacere le voci sull’opacità degli affari conclusi con alcune aziende portoghesi. Da almeno un decennio il Portogallo, ex colonizzatore, è diventato il primo paese europeo a ricevere gli investimenti angolani. L’imprenditrice principale è proprio la figlia del presidente, Isabel dos Santos, che ha acquisito grandi percentuali di gestione e amministrazione di aziende energetiche e di telecomunicazioni portoghesi. Isabel dos Santos è la prima imprenditrice donna e miliardaria del continente africano; invece, l’Angola è ancora un paese dalle mille contraddizioni che oscilla tra l’enorme ricchezza di chi vive negli agi delle aree urbane e l’estrema povertà di chi, nelle periferie, è costretto a sopravvivere con meno di due dollari al giorno.

Nella foto: il presidente José Manuel dos Santos.