Cuba. Chi è Miguel Díaz-Canel, l’uomo del dopo-Castro

di Gianluca Vivacqua

Giovedì 19 aprile, ore 15.49 italiane. Dopo cinquantanove anni Cuba volta pagina. L’assemblea del Poder Popular, il Parlamento monocamerale cubano, ha deciso all’unanimità (603 voti su 604): Miguel Díaz-Canel, primo vicepresidente del Consiglio di Stato, diventa il nuovo presidente del Consiglio dei ministri e del Consiglio di Stato, oltreché comandante in capo delle Far (Forze armate rivoluzionarie di Cuba). Risultato abbastanza prevedibile, visto che a designarlo era stato lo stesso Raúl Castro. Questi è stato coerente con la parola data e con la sua stessa legislazione: conforme alla legge da lui approvata, che impedisce di ricandidarsi dopo un secondo mandato presidenziale, il fratello del Lider Maximo esce di scena serenamente. Per imboccare un viale del tramonto forse meno grandioso ma di certo meno tumultuoso di quello di Fidel, a cui non è stata risparmiata neppure la tragedia postuma: la morte per suicidio del primogenito Fidel Castro Diaz-Balart, talmente somigliante al padre da essere chiamato Fidelito. Il luttuoso evento ha segnato la prima parte di questo 2018, qui a Cuba.
Díaz-Canel si è premurato di dichiarare subito che “la rivoluzione continua”. In senso castrista è certamente vero, visto che il dopo-Castro è comunque impersonato da un dirigente che, pur non appartenendo alla generazione dei rivoluzionari, è comunque in stretta continuità con l’era di Fidel e di Raúl. Inizia, in un certo senso, l’era della verifica della tenuta della rivoluzione cubana, tolta alla diretta gestione dei suoi artefici. Alla generazione dei fondatori potrebbe seguire quella dei “perfezionatori”. Eppure, se soltanto Raúl avesse voluto assicurare alla guida della rivoluzione una continuità anche anagrafica, semplicemente gli sarebbe bastato non sostituire, nel 2013, nella carica di primo vicepresidente un veterano del partito comunista cubano qual era José Ramón Machado Ventura.
Invece, la sua scelta andò nel senso dell’innovazione. E così ora tocca al cinquantasettenne ingegnere elettronico di Placetas portare sulle spalle un’eredità che è di quelle che farebbero tremare i polsi: egli si trova, infatti, a concentrare su di sé le tre cariche che Fidel Castro tenne ininterrottamente dal 1976 al 2008, e che poi passò al fratello. Gli manca, però, quella di segretario del Partito comunista cubano, che Raúl ha preferito mantenere fino al prossimo congresso, fissato per il 2021. Ma anche quanto a militanza partitica Díaz-Canel sembra dare garanzie pari almeno a quelle del buon Machado: dopo la trafila nella sezione giovanile, è entrato nei quadri del Pc cubano all’inizio degli anni ’90, e attualmente è membro del suo ufficio politico.