Egitto. Progetto di legge per la repressione di gay e transessuali

di Vanessa Tomassini –

Più di 60 membri del Parlamento egiziano hanno proposto una legge profondamente discriminatoria nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (lgbt), dichiarando per la prima volta le relazioni e gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso come atti criminali. C’è da dire che le disparità di ragione sessuale nella Repubblica araba non sono una novità, le repressioni sono iniziate già nel 2001 sotto Hosni Mubarack con l’arresto di 52 persone in un locale notturno al Cairo, poi condannate nel 2004. Con la salita al potere di Abd al-Fattah al-Sisi, dal 2014 ad oggi le persone arrestate, per il loro sospetto o reale orientamento sessuale, sono oltre 232. Questi arresti avvengono soprattutto grazie alle trappole che vengono organizzate in rete dalle forze di sicurezza governative, adescando omosessuali, lesbiche e transessuali sui siti di incontri online”. A raccontarci ciò è Mohamed, un ricercatore ed attivista di Amnesty International. Quando sentiamo parlare di Egitto pensiamo alle piramidi, alle crociere sul Nilo e alle occidentalissime spiagge di Sharm el-Sheikh, ma la realtà è ben diversa, in particolare sul piano dei diritti umani. La proposta di legge, presentata in questi giorni, definisce per la prima volta “l’omosessualità” come reato sé stante e predispone pene più severe da 5 a 15 anni di reclusione, sempre se dal carcere si riesca ad uscirne sulle proprie gambe, viste le torture e gli orrori di cui vi abbiamo già parlato. “La repressione viziosa nei confronti delle persone omosessuali ha visto una recrudescenza da un mese a questa a parte -prosegue il ricercatore- quando durante un concerto rock al Cairo del 22 settembre è stata sventolata la bandiera arcobaleno, simbolo della comunità lgbt”. Sono stati proprio i colori dell’arcobaleno a scatenare la reazione furiosa sui media, dominati da canali conservatori e pro-governativi. Decine di persone sono state tratte in arresto durante il concerto ed altre sette sono state portate in cella con l’accusa di promuovere la devianza sessuale nei giorni seguenti. Inutile a dirsi, ma essendo l’Egitto un Paese a maggioranza musulmana, gran parte della popolazione assiste in silenzio alle persecuzioni contro gli omosessuali e non manca chi come Ahmed Moussa, durante un programma televisivo, definisce l’omosessualità come un crimine paragonabile al terrorismo. A tutto ciò si aggiungono le grandi sofferenze che le persone lgbt devono vivere nelle stazioni di polizia, dove sevizie e molestie sono all’ordine del giorno. “Alcuni omosessuali sono stati sottoposti ad esami anali. Questa fattispecie profondamente discriminatoria costituirebbe un enorme sconfitta per i diritti umani e un altro chiodo nella bara per i diritti sessuali in Egitto” ci dice Mohamed, ricordando le parole di Najia Bounaim, direttore delle Campagne del Nord Africa di Amnesty International. Il nuovo progetto di legge è composto da sette articoli, prevede sanzioni fino a cinque anni di carcere per i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. “Promuovere o incoraggiare l’omosessualità” è anche punibile fino a cinque anni di carcere. “Fino ad ora – ci spiega il ricercatore egiziano – le autorità del Cairo hanno utilizzato la legge sulla prostituzione (n. 10 del 1961 ndr.) per condannare gli individui lgbt con incarcerazioni fino a tre anni”. Poi aggiunge che il progetto di legge “vieta anche la promozione pubblicitaria, le associazioni o i partiti lgbt, qualsiasi simbolo e la diffusione di qualsiasi materiale audio o video sui social media”. La sanzione prevista in questi casi è di tre anni di reclusione. Amnesty International ha scoperto che i sospetti o indagati di omosessualità in Egitto sono spesso costretti a rimanere in una stazione di polizia locale per oltre 12 ore al giorno, in modo che siano effettivamente privati ​​della loro libertà. Il disegno di legge include anche una clausola che autorizza le autorità ad insultare pubblicamente gli individui condannati, diffondendo i loro nomi e cognomi in due giornali nazionali ampiamente letti che alimentano lo stigma diffuso contro le persone percepite come gay. La situazione non è migliore per le persone transessuali, le quali “sono libere di camminare per la strada solo se il loro aspetto è assolutamente conforme a quello scelto, ma qualora i loro tratti fisici dovessero solamente indurre sospetti sulla loro sessualità alla nascita verrebbero immediatamente fermate ed arrestate con l’accusa di prostituzione”.
L’organizzazione per i diritti umani ha iniziato una campagna mediatica per denunciare quanto accade nel Paese nordafricano, è anche in contatto con altri governi affinché facciano pressione sulle autorità egiziane.
Secondo l’attivista Mohamed anche “l’Italia può fare molto, vista l’attuale ripresa dei rapporti dopo il caso Regeni. Ora che i rapporti bilaterali si sono normalizzati – aggiunge – anche l’Italia può far capire ad al-Sisi che queste politiche omofobiche danneggiano in primis l’Egitto sotto tutti i punti di vista, non solo per il turismo”. Secondo le associazioni egiziane per la difesa dei diritti della persona, almeno 75 individui provenienti da diverse nazioni sono stati arrestati dal 22 settembre, di questi, cinque uomini sono stati sottoposti a esami anali, almeno 20 sono stati condannati con il carcere da sei mesi a sei anni, dove sono costretti a subire ogni tipo di violenza da parte degli agenti carcerari e dagli altri detenuti; gli altri si trovano in stato di fermo nelle varie stazioni di polizia in attesa di un “ingiusto” processo. L’Egitto ha aderito agli accordi internazionali sui diritti civili e politici, che sanciscono i diritti della privacy e della libertà di espressione. La stessa costituzione egiziana li tutela. Che senso ha sprecare tempo e risorse per dare la caccia a delle persone per ciò che fanno nelle loro camere da letto? Sarebbe curioso capire quali somiglianze vede il presidente al-Sisi tra una bandiera arcobaleno ed una bomba dei terroristi, forse è proprio questa incapacità di discernere l’amore dall’odio a far sprofondare l’Egitto nelle ultime posizioni delle classifiche sui diritti umani.