Iran. Si infiamma la protesta antigovernativa, 23 morti

di Shorsh Surme

Ammonta già a 23 vittime il bilancio della protesta antigovernativa in Iran a causa della repressione e dei disordini avvenuti a seguito del malcontento scoppiato per il caro-prezzi , la disoccupazione e l’alto livello di corruzione in tutti gli apparati governativi.
I media iraniani hanno riportato che domenica 6 persone sono state uccise nella provincia di Hamadan, altre 3 sono rimaste uccise nella cittadina di Shahin Shahr, nella provincia di Isfahan (entrambe situate nell’Iran centrale), mentre nell’antica Lorestan sono morti 3 manifestanti. Il bilancio della notte scorsa è di 9 morti tra cui un bambino di 11 anni, mentre un membro dei Guardiani della rivoluzione è stato ucciso da colpi di fucile da caccia a Najafabad.
Accanto al drammatico conto delle vittime vi è quello degli arrestati, almeno 450 dalle forze di sicurezza e dai pasdaran, i “guardiani della Rivoluzione”. Il ministero dell’Interno ha precisato che il 90 per cento degli arrestati sono giovani con un’età media di 25 anni. Il capo della Corte Rivoluzionaria della provincia di Teheran, Moussa Ghazanfarabad, parla già di possibili accuse di “Muharebeh” per i manifestanti arrestati, cioè di “Guerra contro Dio”, reato che prevede la pena di morte.

Le richieste sono le dimissioni del leader supremo Ali Khamenei, così come del presidente Hassan Rohani, ma più in generale si vorrebbe la fine del regime teocratico: gli slogan sono “via dalla Siria, pensate a noi”, “basta Libano, prima gli iraniani”, in una realtà che vede l’Iran, ed in particolare i pasdaran con le loro aziende anche all’estero, avere fiumi di denaro che finiscono negli scenari internazionali, come lo Yemen e, appunto, la Siria, l’Iraq e il Libano.
In questi giorni di scontri sono stati incendiati negozi, autobus, banche, sono state stese barricate e le scene sono quelle da guerriglia urbana che ormai interessa 50 città in tutto il Paese; internet e sms sono stati bloccati al fine di prevenire un coordinamento delle manifestazioni, ma la gente continua a scendere in strada, ormai da quasi una settimana, anche perché sono stati attivati dai membri della protesta programmi per aggirare la censura.

Il presidente iraniano Hassan Rohani.

Intanto si susseguono i proclami da parte degli esponenti della politica iraniana a mantenere la calma, ma la protesta appare essere acefala, senza leader e senza orientamenti politici, anche se c’è chi pensa ad oppositori, anche fra i conservatori, che si sono uniti alle manifestazioni spontanee in funzione antigovernativa. E’ quello che sostiene la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, il quale ha puntato il dito contro i “nemici” dell’Iran, i quali avrebbero “rafforzato l’alleanza per colpire le istituzioni islamiche”, ricorrendo a “soldi, uomini e agenti dell’intelligence”. Khamenei non ha fatto nomi e non ha indicato, com’era nella dialettica dei tempi passati, la longa manus delle potenze straniere, ma ha twittato che “Parlerò al popolo dei recenti incidenti a tempo debito”.
Rohani è intervenuto ieri per ribadire che ci vorrà tempo per risolvere i problemi denunciati dai manifestanti, e si è poi trincerato dietro un generico “Il mio governo non può avere responsabilità per tutti i problemi. Alcune questioni del Paese sono nelle mani di Dio”.
Donald Trump è intervenuto più volte sulle proteste in corso in Iran ammonendo che “il mondo vi sta guardando”, che “i regimi non sono eterni” e che “è ora di cambiare”, ma l’amministrazione usa sta pensando a sanzioni, magari contro i pasdaran, che si unirebbero alla questione del nucleare iraniano, il cui accordo stretto ai tempi di Obama viene sconfessato dall’attuale presidente. A lui ha risposto il collega iraniano Rohani il quale ha detto che “Trump non deve interferire”. D’altronde sul tema dei diritti civili Trump si guarda bene dal dire qualcosa agli alleati sauditi o degli altri paesi teocratici.

E’ difficile interpretare la protesta in corso in Iran e, nonostante le accuse di “interventi stranieri” mosse da esponenti della politica locale, appare più probabile che il problema sia del tutto interno, dove con il passare del tempo sono cresciuti i contrasti dovuti alla repressione delle minoranze, curdi in primis, alla mancanza delle libertà individuali e dei diritti civili, alle continue e costose interferenze nella regione, alla corruzione e al ruolo del clero, istituzione ormai vetusta, alla scompensazione degli apparti governativi. Al contrario ai nemici di sempre, cioè agli Usa, all’Arabia Saudita e a Israele, serve un Iran “nemico”, un’entità da additare sempre e comunque, specie ora che il paese si è aperto agli investimenti europei e cinesi.