L’Uzbekistan fa riforme economiche e guarda all’Ue

di Domenico Letizia –

L’Uzbekistan è uno stato dell’Asia centrale, indipendente dal 1991 a seguito dello smembramento dell’Unione Sovietica. Gran parte del Paese è occupata da un deserto pianeggiante, ma nella zona orientale si innalzano delle montagne di un certo rilievo; l’economia è incentrata sulla coltivazione del cotone, oltre che sullo sfruttamento di alcune risorse minerarie, come idrocarburi ed oro. Secondo quanto riferisce la Rappresentanza permanente dell’Uzbekistan presso le Nazioni Unite, lo sviluppo economico è stato il punto focale dell’intenso programma di riforme varato dal governo di Taskent nei primi anni Novanta. Le scelte programmatiche compiute dall’esecutivo e l’intenzione di plasmare uno Stato idoneo a fare il proprio ingresso tra le economie di mercato avrebbero reso l’Uzbekistan il primo tra i Paesi membri della Comunità degli Stati Indipendenti (CIS) a fronteggiare con successo le ultime crisi globali, fino a raggiungere una crescita economica costante e durevole grazie a un’economia diversificata e a un’efficace politica di investimento. Riforme per piccoli passi: la laicità dello Stato, un ruolo significativo delle donne nella società, la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, un più ampio orizzonte educativo, che rispetta lo “spirito della nazione”. L’esportazione di gas naturale, oro e cotone fornisce una quota significativa delle entrate in valuta estera. Nel corso di questo ultimo anno è stato raggiunto un accordo quinquennale con la russa Gazprom per l’acquisto di 4 miliardi di m3 l’anno di gas naturale dall’Uzbekistan. Secondo i dati ufficiali, il PIL è cresciuto dell’8% nel 2015 e dell’8,1% del 2014. A metà gennaio 2017 la diffusione dei dati relativi al 2016 ha confermato un trend in linea con le previsioni del Governo: l’incremento del PIL sarebbe stato intorno al 7,8%, (per la produzione industriale + 6,6%, il settore agricolo del + 6,6%, il commercio al dettaglio + 14,4%, il settore delle costruzioni + 12,5% e i servizi + 12,5%). Nel 2016, si è registrata un’inflazione moderata (5,7%), conti pubblici in ordine (avanzo dello 0,1%) e commercio con l’estero in lieve attivo (0,8%). Il debito pubblico rappresenta il 13,6 % del PIL e quello estero il 21%.
Nel 2016 il calo nella domanda e nei prezzi delle materie prime esportate, in primo luogo gas e cotone, nonché il calo delle rimesse per la crisi russa, hanno pesato sulle entrate del bilancio pubblico. Il governo ha proseguito una politica di spesa espansiva, diretta soprattutto a investimenti, salari e pensioni, contando sulle disponibilità di Fondi pubblici extra-bilancio.
Nella sua lunga permanenza al potere l’ex presidente Islom Karimov è riuscito a mantenere un sostanziale equilibrio nei rapporti con i principali protagonisti sulla scena internazionale. Il suo successore, il presidente Shavkat Mirziyoyev, ha ripreso i tradizionali principi della politica estera uzbeka: perseguimento della pace e risoluzione delle controversie attraverso il dialogo, rispetto del diritto internazionale, non interferenza negli affari interni di altri Stati, inviolabilità delle frontiere, buone relazioni con i Paesi limitrofi, equidistanza da ogni alleanza politica e militare; nessuna base militare straniera sul territorio uzbeko; nessuna partecipazione delle forze armate uzbeke ad operazioni di peace keeping all’estero.
Negli ultimi anni le istituzioni del paese hanno impresso un’accelerata alla politica estera, con un accentuato carattere di diplomazia economica. In primo piano, la politica di buon vicinato con i Paesi limitrofi e la rinnovata attenzione ai corridoi di trasporto, che puntano a favorire un sostanziale aumento delle esportazioni. Russia e Cina restano i principali partner economici dell’Uzbekistan, sia in termini di commercio che di investimenti diretti, ma il paese continua a guardare all’Europa attraverso una concreta diplomazia commerciale.
Proprio in questi ultimi giorni il governo ungherese è l’undicesimo paese dell’Unione europea ad aprire un’ambasciata in Uzbekistan e gli altri tre paesi del Gruppo di Visegrad, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, hanno già aperto le loro ambasciate a Tashkent perché evidentemente riconosciute le opportunità rappresentate dalla regione. Nei colloqui con il primo ministro uzbeko Abdulla Aripov e con i vari ministri, il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha concordato che Tashkent offrirà delle opportunità alle imprese ungheresi in diversi settori. “Dal momento che l’Uzbekistan importa un sacco di generi alimentari, l’Ungheria avrà l’opportunità di vendere delle tecnologie per l’allevamento di pollame oltre a esportare carni bovine”, ha detto il capo della diplomazia ungherese.
Riguardo i rapporti con l’Italia, quello tessile è il settore che traina la collaborazione economica italo-uzbeka, seguito da interessi crescenti verso il settore della lavorazione della pelle e del cuoio. Tale crescita è in parte dovuta all’utilizzo di macchinari e know-how italiani. Le macchine utensili e quelle per la lavorazione tessile appartengono ad un settore di mercato potenzialmente in crescita. Infatti, le migliori aziende uzbeke sono acquirenti di macchinari italiani che consentono di rispondere più efficacemente alla domanda internazionale e domestica. Anche per il paese asiatico, il futuro è nella strada intrapresa della diversificazione economica, soprattutto in ambito agrario, dove l’Italia può con forza fare la differenza. Il nostro sistema agro-industriale può dare un significativo contributo al miglioramento della filiera agricola ed industriale in Uzbekistan.
Gli operatori economici e le istituzioni uzbeke sono consapevoli dei vantaggi competitivi del know how italiano nella meccanica agricola, nella trasformazione industriale e nella conservazione alimentare. Altri segmenti di mercato che potrebbero essere considerati interessanti per il nostro sistema produttivo sono rappresentati dal settore energetico, soprattutto oil and gas, rinnovabili ed efficienza energetica e dall’attività estrattiva, i trasporti e le infrastrutture, anche alla luce dell’iniziativa cinese della Belt and Road (Via della Seta).