Carbone: e se Italia e Romania lo rilanciassero?

di Marco Baratto

Oggi come non mai c’è la necessità di fonti energetiche immediatamente impiegabili. Infatti i tempi per la transizione ecologica sono lunghi, per cui sussiste il bisogno di puntare ancora sulle risorse fossili. Difatti la società attuale ha bisogno di molta energia, e alle condizioni attuali le rinnovabili non possono assicurare di coprire la richiesta, per cui resta quadi d’obbligo il ritorno al carbone.
L’IEA (International Enaergy Agency) prevede addirittura che il consumo del carbone crescerà in Europa del 40%.
Tuttavia nella visione collettiva il carbone appare come fortemente inquinante, ma le tecniche moderne permetto la realizzazione di un carbone pulito e filtri per i gas dispersi in atmosfera.
Nella valle del Fiume Jiu esistono giacimenti di carbone sfruttati fin dall’epoca romana, e lì nel 1840 fu aperta la prima miniera dell’Era moderna. Durante il periodo comunista erano attive 16 miniere di carbone nella valle dello Jiu, 12 di queste oggi sono ora chiuse. La gente del posto ha visto scendere l’occupazione nel settore carbonifero da 50mila addetti negli anni ’90 ai circa 4mila di oggi.
Bisogna essere pragmatici: si tratta di miniere che possono ancora dare molto, per cui è auspicabile la stipula di un accordo bilaterale con la Romania basato sul programma di ammodernamento delle minierie attraverso la compartecipazione dell’imprenditoria italo rumena; serve inoltre un rilancio degli impianti estrattivi per assicurare un futuro lavoro per l’area, e soprattutto l’impiego del carbone garantirebbe prezzi calmierati dell’energia per l’Italia e la Romania.