Diego de Henriquez: dal particolare all’universale

di Enrico Malgarotto –

Dammi la tua spada amico / la custodirò per te / non combattere / soltanto con amore conquisterai la pace” (1).
Un uomo, nato e cresciuto nei primi anni del Novecento in una Trieste ancora sotto il dominio asburgico, che nel lignaggio della sua famiglia poteva vantare condottieri con origini nobiliari francesi, portoghesi, spagnole e austriache, nel corso della sua vita ha sentito l’obbligo morale di non dover deludere le aspettative dei suoi avi. E Diego de Henriquez, di certo, non è venuto meno a questo suo impegno.
Nato a Trieste nel febbraio 1909 e morto, in circostanze non ancora chiarite, a causa dell’incendio del magazzino in cui viveva nel 1974, nell’arco dei suoi 65 anni di vita è stato testimone dei fatti più importanti che hanno visto come protagonista il capoluogo giuliano ed il Friuli dal secondo conflitto mondiale fino alla sua dipartita. Grazie alle sue particolari capacità sociali, gli è stato possibile entrare in contatto con tutte le figure nazionali e internazionali presenti a Trieste nel corso degli anni e di poter allestire un’originale collezione senza particolari difficoltà.
Pur essendo considerato come una persona ecclettica e difficilmente collocabile all’interno di un preciso perimetro, in maniera unanime sono stati riconosciuti il forte amore per la sua città, la curiosità nel conoscerne i segreti e la ferma volontà di portare a termine la sua missione a respiro “universale”. La collezione di materiale bellico e successivamente il Museo a lui dedicato, di fatto, gli permisero di realizzare il suo sogno.
Presso la ex caserma “Duca delle Puglie” di Trieste sorge infatti il Civico Museo di Guerra per la Pace “Diego de Henriquez”, di proprietà del Comune che ha ricevuto dagli eredi la parte di collezione salvata dal già citato incendio e dai furti. Armi, fotografie da lui stesso scattate, diari, quadri, volantini, manifesti e pellicole rendono la raccolta una delle più grandi d’Italia e i suoi pezzi rari ne arricchiscono ulteriormente il valore. Scrive lo stesso de Henriquez in merito:
“Il Museo storico di guerra ha il compito di documentare il fenomeno bellico e la psicologia bellica attraverso tutti i popoli e tutti i tempi (…). Attraverso tale Museo ed Istituto si vuole presentare un quadro il più possibile esatto, dettagliato, obiettivo ed imparziale del fenomeno guerresco (…) e degli sforzi grandiosi che tutti i vari popoli della terra hanno fatto nelle varie epoche per far fronte a questo genere di necessità” (2).
I suoi diari rappresentano il lato più misterioso del noto collezionista giuliano. Al loro interno appunti, disegni, schizzi, frasi che dipingono decenni di storia del nord Italia e di Trieste dalla Seconda Guerra Mondiale agli anni della ricostruzione e della lotta per l’italianità nella Venezia Giulia, dalla Guerra Fredda al terrorismo politico. Redatti tra il 1941 e il 1974, i trecento quadernetti, su cui de Henriquez annotava tutto ciò che lo circondava, dalle scritte sui muri ad una cronaca dei recuperi dei mezzi bellici per il proprio Museo, sono l’esempio concreto della meticolosità che animava il personaggio. Le pagine di carta, tuttavia, hanno rappresentato anche fonte di dolore per lo stesso de Henriquez. Secondo molti, la meticolosità nel riportare nomi ed eventi particolari è stata identificata come la causa delle minacce a lui rivolte e poi della sua morte. Nei suoi scritti, una verità che non piaceva a molti.
In origine, il nome completo del Museo corrispondeva ad una frase all’apparenza difficile da comprendere ma, se analizzata in maniera approfondita, ci permette di conoscere ulteriormente questa figura così complessa:
“Centro internazionale abolizione guerre e per la fratellanza universale e per l’abolizione del male e della morte dal passato e dal futuro, a mezzo dell’invenzione del tempo quale conseguenza dello svincolamento dallo spazio-tempo” (3).
La massima riassume i punti fondamentali della filosofia che lo studioso triestino ha incarnato nel corso della sua vita: abolizione delle guerre e fratellanza universale. Fin da giovane, de Henriquez, paradossalmente, ha voluto raccogliere e mettere in mostra i mezzi bellici non per mero spirito militarista ma come monito per la pace. L’intera collezione, infatti, vuole mostrare, in concreto, quanto l’umanità abbia speso (e continui a spendere) denaro ed energie nella produzione ed impiego di mezzi militari anziché destinare tali risorse in altri ambiti. Il concetto di fratellanza universale dimostra, per contro, quanto il collezionista giuliano sia stato portatore di principi finalizzati al benessere della collettività. La sua stessa vita, all’apparenza caratterizzata da uno stile inusuale, se analizzata in quest’ottica, consente di ricostruire un quadro chiaro e coerente con quanto detto sopra. Un’intera esistenza che diventa ricerca di sé stessi ed un cammino interiore di crescita, anche a costo di rinunciare a tutto. Un esempio: la scelta di dormire in una bara, da molti giustificata come unico strumento per trovare conforto all’interno del magazzino umido e freddo in cui viveva, potrebbe essere interpretata come la rappresentazione materiale di un quotidiano rituale alchemico di morte e rinascita che ben simboleggia l’eterno conflitto degli opposti da sempre insito nella natura umana tanto cara a de Henriquez.

Note:
1 – Epitaffio scritto sulla tomba di Diego de Henriquez presso il cimitero di Trieste.
2 – G. Iannuzzi, Il collezionista di guerre future. Un percorso nelle collezioni di Diego de Henriquez presso i Civici musei di Trieste, Istituto per la storia del movimento di Liberazione del Friuli-Venezia Giulia, Trieste, rivista “Qualestoria”, n.1, giugno 2020, pp.98-110.
3 – Citazione riportata in: I diari di Diego de Henriquez sfogliati da Vincenzo Cerceo, con nota storico-biografica di Claudia Cernigoi, documento consultabile nel sito internet: www.diecifebbraio.info. La frase, nella versione completa, appariva così: “centro internazionale abolizione guerre e per la fratellanza universale – museo scientifico storico e guerrologico diego de henriquez” “primo centro al mondo per la lettura e modifica del passato e del futuro – per mezzo della inversione del tempo quale conseguenza dello svincolamento dallo spazio tempo per abolire il male e la morte”. Si veda www.museodiegodehenriquez.it.