Etiopia. Una guerra senza fine, uno scontro etnico ma con uso di droni

di Eugenio Cazzarolli * –

Non accenna a diminuire l’intensità del conflitto scoppiato tra le forze regolari etiopi, guidate dal governo riconosciuto e democratico di Addis Abeba, e i ribelli del Fronte popolare per la liberazione del Tigrai-Tplf.
Tutto è cominciato nel 2020, anno in cui sorsero alcuni contrasti politici legati ad una riunificazione partitica operata da parte del presidente etiope e premio Nobel per la pace Abiy Ahmed, sulla via del suo programma di riforme per la “nuova Etiopia”, alla quale però il Tplf si oppose fermamente, tanto da organizzare una serie di attacchi contro caserme e truppe governative in tutto il Tigrai, ovvero la regione più settentrionale dell’Etiopia.
L’immediata risposta di Addis Abeba non si è fatta attendere ed ha portato il premier stesso ad organizzare una massiccia quanto rapida operazione di intervento dell’esercito federale per sedare le rivolte e punire gli attacchi dei ribelli.
Ma l’operazione si è risolta in breve tempo e in un fiasco totale tanto da portare le forze tigrine, che ad oggi si definiscono come “Forza di Difesa del Tigrè”, a mettere in seria difficoltà le forze governative, arrivando addirittura a pochi chilometri della stessa Addis Abeba, innescando lo stato di emergenza.
Ma proprio quando la situazione sembrava volgere al peggio per le truppe regolari, la guerra è entrata in una fase del tutto inaspettata, che ha portato il governo etiope a disporre di droni da guerra, riuscendo dunque nell’intento di spezzare l’assedio del Tplf.
Le forniture di droni risultano provenire in gran parte dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Cina, ma anche da Iran e Turchia, così come il personale che li gestisce. E si tratta ovviamente di paesi timorosi di un possibile rovesciamento del Governo legittimo, visti i legami economici che intrattengono con Addis Abeba.
Com’era prevedibile, l’uso indiscriminato dei droni da parte dell’aviazione etiope ha permesso di contrastare facilmente le forze del Tplf distruggendo intere colonne di mezzi corazzati e posizioni di artiglieria e dando inoltre il tempo al governo di reperire varie milizie in tutto il paese, a cui si vanno ad aggiungere anche truppe regolari eritree arrivate in sostegno.
Ma questo uso ha anche causato ingenti danni alla popolazione civile, tanto che dall’inizio del 2022 si riporta di almeno 108 civili uccisi e ben 75 feriti gravemente a causa di attacchi aerei, il più grande dei quali si è verificato a Dedebit il 7 gennaio scorso ed ha provocato la morte di almeno 56 persone e il ferimento di altre 30.
Con la forza delle nuove truppe il governo etiope è riuscito a costringere il Tplf alla ritirata, soprattutto a causa delle perdite subite, ma è molto probabile che dato il cambio di strategia avversario i leader tigrini abbiano optato per ripiegare su una tattica di guerriglia, a loro più congeniale vista la lunga esperienza, il che significherebbe però un lungo e sanguinoso conflitto per l’Etiopia.
Le ultime notizie parlano di un vero e proprio assedio nella regione del Tigrai e a tal riguardo l’ONU stessa conferma che le truppe governative stanno impedendo la distribuzione di cibo e aiuti nella regione assediata, intuibilmente con l’intento di fiaccare il sostegno della popolazione ai ribelli, ma dove ormai 6 milioni di persone rischiano di morire di fame.
In complesso va, dunque, affermato che il vero lato tragico di questo conflitto è che da subito ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio scontro etnico, riaccendendo vecchie tensioni mai sopite, soprattutto ai danni della popolazione di etnia tigrina, portando così a galla molti e sistematizzati episodi di violenza, massacri e stupri, da entrambe le parti.
La naturale conseguenza di ciò è che migliaia di abitanti della capitale, originari della provincia del Tigrai, vengono deliberatamente arrestati ogni giorno dal governo con l’accusa di aiutare il Tplf, spesso sulla base di denunce arbitrarie come indicato da un rapporto di Amnesty International, provocando così un’ondata di più di 60 mila sfollati verso il confine con il Sudan Orientale.
Risulta a questo punto difficile prendere le parti di uno dei due contendenti, data la generalizzata facilità con cui vengono commessi questi crimini, ritenuti dall’ONU stessa come veri e propri crimini di guerra, tanto da evocare in molti un sinistro riferimento al genocidio in Ruanda del 1994.
Così come risulta difficile immaginare una soluzione pacifica o almeno rapida per questo drammatico conflitto dato che nessuno dei due contendenti sembra disposto a cedere e l’idea di una guerriglia sembra essere proprio la soluzione meno auspicabile per il futuro dell’Etiopia e soprattutto per la sua popolazione.

*Analista geopolitico. Articolo in mediapartnership con Il Giornale Diplomatico.