Gerusalemme capitale. Khaled Meshal di Hamas a Ng, ‘noi non lo permetteremo’

a cura di Saber Yakoubi

Dopo la decisione del presidente Usa Donald Trump di trasferire l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, dal mondo arabo e islamico in generale si è levata unanime la protesta, seppure con diverse sfumature e intensità a seconda dei rapporti dei singoli paesi con la Casa Bianca.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu sì è riferito all’iniziativa di Trump come ha “un passo verso la pace” e già, come l’alleato statunitense, considera anche la parte orientale della Città Santa come territorio integrante di Israele, luoghi sacri compresi.
Gerusalemme capitale di Israele si è abbattuta come un macigno sullo sgangherato processo di pace, ed i palestinesi, che ogni giorno si vedono rosicchiare i territori dai palazzinari israeliani che sostengono il governo Netanyahu, hanno parlato di “linea rossa superata”, con Abu Mazen che ha fatto sapere di non considerare più gli Usa come interlocutori per il dialogo israelo-palestinese, ed Hamas, che da subito ha affermato che Trump “ha aperto le porte dell’inferno”.
La cronaca vede violenze da entrambe le parti, a dire il vero del tutto scontate, ma, dopo aver riportato l’opinione di Edward Luttwak, è importante sapere il parere della controparte, cioè di Hamas.
Khaled Meshal è uno dei leader di Hamas, fino al maggio di quest’anno a capo dell’ufficio politico del partito di Gaza, tra l’altro nel 1997 scampato ad un tentativo di assassinio da parte del servizio segreto israeliano, il Mossad.

– Secondo il presidente degli Stati Uniti Donald Trump Gerusalemme è la capitale di Israele. Come avete accolto la notizia e quali sono le vostre intenzioni?
Prima di tutto mi lasci esprimere un sentimento di rispetto alla nostra resistenza che in questi giorni ha compiuto trent’anni di lotta continua. Pacifica, politica e armata, e devo dire che il movimento di Hamas è sempre più compatto e più deciso a liberare la Palestina.
Per quanto riguarda Trump direi che il presidente Usa sta esercitano un’adolescenza politica e questa decisione lo farà isolare sempre di più. Per noi lui rappresenta la vera faccia dell’America, il  mediatore disonesto e sleale, e perciò non abbiamo mai accettato di far parte di una negoziazione che ci avrebbe fatto passare per venditori della patria
”. 
 
– Crede che il movimento di al-Fatah invece sia più disposto al compromesso?
“Cosa hanno prodotto le negoziazioni col nemico sionista? Le colonne si tirano su insieme alla negoziazione. Non abbiamo mai creduto a questi giochetti e chi guarda ai risultati di oltre trent’anni di negoziazione capisce che il nostro popolo è stato ingannato e che tutto è avvenuto con la complicità del mediatore statunitense, schierato dalla parte di Israele. Per quanto le nostre intenzioni posso dirvi che rimane la resistenza la nostra scelta strategica: libereremo il nostro territorio fino all’ultimo palmo”. 

– Le reazioni della comunità internazionale, ufficiali e non, sono state di contrarietà a Gerusalemme capitale e favorevoli alla soluzione dei Due popoli, due Stati. Lei però sta dicendo il contrario…
Noi del movimento di Hamas stiamo affrontando la verità, e non sempre facciamo politica, spesso dobbiamo fare i conti con assurdità. Trump ci ha spinti di scegliere tra due cose, la più dolce è amara. Per cui o accettiamo che Gerusalemme è la capitale di Israele, oppure continuiamo la nostra lotta per liberare la Palestina dagli occupanti! E noi abbiamo scelto la  seconda”.
 
– Come vi siete organizzati e qual’è sono le vostre priorità?
Innanzitutto tutto devo dire che il nostro braccio armato è pronto a difendere la Striscia di Gaza da qualsiasi aggressione del nemico sionista, mentre il nostro appello a tutto il popolo palestinese è quello di continuare la sua lotta; è rivolto soprattutto soprattutto gli arabi del ’48 e agli abitanti di Gerusalemme”.

– Ha una lettura personale sulla decisione di Trump?
Sembra che stia facendo di tutto per distrarre l’opinione pubblica americana dai suoi problemi. Le dichiarazioni e le confessioni dei suoi più stretti collaboratori mostrano che non è in grado di governare il popolo americano in quanto si è rivelato traditore, ed il modo con il quale ha vinto le elezioni mostra quanto è irresponsabile come persona. Appena esce da un pasticcio sprofonda in un altro. I sauditi lo hanno salvato facendolo tornare a casa con affari per centinaia di miliardi di dollari, e con la questione di Gerusalemme voleva apparire come un eroe che compie un’impresa storica. Ma questo noi non lo permetteremo”.