Il dramma dei curdi della Siria

di Shorsh Surme –

I curdi del Kurdistan siriano hanno subito una lunga politica di repressione nella loro triste storia. Sin dagli Anni 50 del XX secolo il nazionalismo arabo praticato di tutti i governi che si sono succeduti in quel paese ha fatto sì che continuino la politica di repressione contro la minoranza curda, popolazione vista come una minaccia per una Siria unita. 
Nel 1962 il governo siriano condusse un “censimento speciale” nella provincia di Hassakah concludendo che molti curdi nel nord della Siria provenivano illegalmente dalla Turchia. In seguito a questa iniziativa 300mila curdi sono stati privati ​​dei loro diritti civili e della loro quotidianità, e fu cancellata sia la loro identità attraverso l’impedimento all’accesso all’istruzione e al lavoro. Sono stati inoltre privati ​​del diritto alla terra. A seguito dell’evoluzione demografica, due generazioni curde furono private della cittadinanza siriana e furono abbandonate al loro destino.
Il partito Baath fu fondato da un cristiano, Michel Aflaq, e da un musulmano, Salah al-Din Bitar, come una dottrina che combinava il socialismo e il nazionalismo panarabo; questi salì al potere nel 1963 e perseguì la stessa politica di negare l’identità curda con altri metodi. La politica del partito ha gestito la questione curda cambiando l’equilibrio demografico del potere ed eliminando i curdi. Una politica di “cambiamento demografico” attraverso numerosi progetti mirava all’assimilazione e all’arabizzazione dei curdi attraverso lo sfollamento. Dal 1965 al 1975 30mila curdi furono costretti a lasciare le loro case.
Nel 1963 l’agente Ba’ath Muhammad Talib Hilal iniziò un progetto di arabizzazione evacuando le popolazioni curde da circa 332 villaggi vicino al confine turco, sostituendole con arabi di Raqqa. Il cosiddetto pretesto aveva lo scopo di condurre una riforma agraria nella regione. Questo progetto di “cintura araba” ha influenzato la continuità della demografia curda separando il Kurdistan siriano (Rojava) dal Kurdistan della Turchia. Il piano fu realizzato solo in parte e infine sospeso sotto Hafez al-Assad nel 1976: il regime siriano temeva una rivolta curda, soprattutto se continuava a trasferire gli arabi nelle regioni popolate dai curdi.
La decennale politica di arabizzazione del governo di Damasco non si limitò alla creazione di colonie arabe nelle zone curde; conteneva anche un aspetto economico. Nelle regioni curde lo stato siriano ha perseguito una politica di “arabizzazione dell’occupazione” nel settore pubblico. Ciò includeva l’adozione di misure intese a privare i curdi di posti di lavoro locali a favore degli arabi, incluso il trasferimento di arabi da altre città siriane come Raqqa o Deir al-Zor. Stabilendo un’emarginazione economica della regione curda, questa politica occupazionale a favore degli arabi ha aumentato il tasso di disoccupazione e ha costretto le famiglie curde del Rojava a emigrare in modo massiccio. Tra il 1990 e il 2008 i curdi si sono trasferiti nelle principali città siriane, in particolare a Damasco, dove hanno contribuito a formare le periferie curde, ad esempio il distretto informale di Wadi al-Mashariah. Queste politiche, i cui obiettivi erano di svuotare le zone curde dei loro abitanti originari, ha creato condizioni di vita sfavorevoli e contribuito alla caduta della popolazione curda nella regione. Queste politiche discriminatorie hanno anche contribuito all’esilio dei curdi verso l’Europa.
Dal 2011 a oggi, cioè dall’inizio della guerra, i confini nord e sud del Rojava erano quasi completamente chiusi. Nel nord la Turchia ha imposto un blocco; nel sud l’Isis controllava tutti i territori confinanti del Rojava, con un impatto sull’economia della regione. Dal 2014 al 2016 qualsiasi scambio economico all’interno della Siria è stato sospeso a causa del taglio delle strade. L’unico modo per raggiungere Damasco era via aereo. L’unico aeroporto di Qamishli in Kurdistan rimasto in servizio era sotto il controllo del regime del presidente siriano Bashar al-Assad. Questo isolamento economico ha influenzato notevolmente la vita quotidiana dei curdi nei loro cantoni. Sebbene facessero affidamento su un’economia focalizzata principalmente sull’autosufficienza agricola che produceva una quantità di cibo necessaria per la loro sopravvivenza, non era abbastanza per garantire un futuro ai giovani.
Non dimentichiamo che i curdi sono gli unici ad aver sconfitto il Califfato sono, creando un sistema democratico per poter governare i diversi cantoni, nonostante le minacce e gli attacchi dell’esercito turco di Recep Tayyp Erdogan.