Origine ed evoluzione del Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC)

di Armando Donninelli

Il Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) è un’organizzazione internazionale a carattere regionale, attualmente è composta di sei Stati del Golfo Persico (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar).
Il suo Trattato istitutivo fu firmato nel 1981 a Riyad, capitale dell’Arabia Saudita, ed è lì che ha la sua sede.
Suo scopo è rafforzare la collaborazione tra paesi che geograficamente sono vicini, con sistemi politici simili, una medesima religione, vale a dire l’Islam, ma anche una lingua in comune, cioè l’Arabo. In particolare nel Trattato istitutivo si fa riferimento al coordinare l’azione, ma anche avere una disciplina comune in alcuni settori, tra questi vanno ricordati l’economia, la finanza, il commercio e la pubblica amministrazione. Si vuole altresì favorire il progresso scientifico e tecnologico, ciò con la creazione di apposite strutture dedicate a tale scopo.
La sua struttura istituzionale si articola fondamentalmente su tre organi, vale a dire il Consiglio Supremo, il Consiglio dei Ministri e il Segretariato Generale. La più alta autorità GCC è il Consiglio Supremo, è composto dai Capi di Stato dei sei paesi membri. Si riunisce una volta all’anno in sessione ordinaria, sono però possibili anche sessioni straordinarie se lo richiedono almeno due paesi membri. La sua presidenza è a rotazione annuale tra i suoi componenti e le decisioni sono prese a maggioranza.
La sua importanza è legata al fatto che determina gli orientamenti politici generali GCC, ma contemporaneamente ha anche il potere di approvare o meno le raccomandazioni che vengono presentate dal Consiglio dei Ministri e dal Segretario Generale.
Il Consiglio dei Ministri è composto dai sei Ministri degli Esteri dei sei Stati membri, si riunisce ogni sei mesi in sessione ordinaria e, se lo richiedono almeno due ministri, anche in sessione straordinaria. Suo scopo principale è l’elaborazione di politiche e raccomandazioni per quelli che sono i settori di competenza GCC.
Il Segretario Generale deve assistere i paesi membri nell’applicazione delle politiche decise dal Consiglio Supremo e dal Consiglio dei Ministri. Al tempo stesso, appoggiandosi a una struttura di esperti, deve elaborare studi, rapporti e bilanci per il GCC. La sua sede è a Riyadh, è nominato dal Consiglio Supremo, su proposta del Consiglio dei Ministri, il suo mandato dura tre anni che, se vi sono le condizioni, può essere rinnovato.
Il Trattato istitutivo GCC, come già accennato, era incentrato prevalentemente su una cooperazione economica tra i paesi membri. Tuttavia, poco dopo la sua entrata in vigore, emerse con forza la necessità di una collaborazione di carattere militare. Ciò poiché i nemici esterni erano diversi e stavano diventando minacciosi, Saddam Hussein solo per citarne uno. Tutto questo in una regione che, dall’inizio degli anni 70 del secolo scorso non poteva più contare sulla presenza militare britannica, quest’ultima, anche se sgradita, era un elemento di stabilità.
Dopo alcune trattative fu costituito nel 1984 il Peninsula Shield Force, si tratta di un corpo militare articolato in due brigate e che complessivamente, in quel momento, poteva contare su circa 10000 uomini forniti dai paesi membri. Era collocata in Arabia Saudita ma in una zona prossima al confine tra il Kuwait, membro GCC, e l’Iraq che, già in quel periodo, suscitava forte allarme per il suo espansionismo.
Nel corso della prima guerra del Golfo, vale a dire nel 1990, tale forza congiunta, in virtù del suo limitato grado di sviluppo, non riuscì ad avere un ruolo rilevante nel difendere il Kuwait dall’invasione irachena, partecipò comunque alla sua liberazione all’inizio dell’anno successivo.
Nella seconda guerra del Golfo, combattuta nel 2003, non partecipò a operazioni belliche contro il regime di Saddam Hussein, inviò comunque 10000 uomini in territorio del Kuwait per proteggerlo da eventuali azioni del rais di Baghdad.
Dopo un periodo in cui il Peninsula Shield Force aveva perso importanza, anche i suoi effettivi si erano ridotti, cominciò, dal 2006, un nuovo processo di crescita. I suoi membri furono aumentati a 6000, lo scopo era sempre quello di proteggere i confini del Kuwait da azioni di Saddam Hussein che, per quanto indebolito, costituiva sempre una minaccia consistente.
Fu in particolare l’Arabia Saudita, vale a dire il membro più importante dell’Alleanza, ma anche quello che ospita il Peninsula Shield Force, a impegnarsi a fondo per un suo ulteriore potenziamento. Ciò portò a un notevole ampliamento delle dimensioni che arrivarono nel 2011 a 40000 effettivi.
I sauditi, nella loro attività di sviluppo di tale forza congiunta, ottennero un’innegabile successo all’inizio del 2016 quando, sul loro territorio, ospitarono un’imponente esercitazione militare cui parteciparono venti paesi mussulmani. In questa esercitazione, denominata Northern Thunder, il Peninsula Shield Force ebbe un ruolo fondamentale, conseguentemente anche l’Arabia Saudita che ne era il principale componente.
Quest’imponente esercitazione militare, a detta di alcuni osservatori, fu organizzata dal governo di Riyad per inviare un chiaro messaggio contro i tentativi di destabilizzazione provenienti da organizzazioni terroristiche. Quest’analisi sembra del resto confermata dalla presenza altresì del Pakistan, un paese importante ma collocato geograficamente lontano da quell’area, il quale ha preoccupazioni analoghe nei confronti del terrorismo destabilizzatore.
Per quanto riguarda la cooperazione economica all’interno del GCC, si possono osservare luci ma anche ombre.
Dopo un periodo di collaborazione in ambito finanziario e legislativo venne a crearsi, nel 2001 e all’interno del GCC, un programma denominato d’azione denominato Economic Agreement il quale, fondamentalmente, ha due scopi.
Il primo di questi, vale a dire la creazione di un’unione doganale che elimina le tariffe per le merci che circolano tra paesi GCC, è stato brillantemente raggiunto. In conseguenza di ciò il commercio tra questi paesi è aumentato in modo molto consistente.
Molto diverso è il discorso per l’altro obiettivo, vale a dire giungere a una vera e propria unione monetaria, proprio com’è accaduto nell’UE con l’Euro.
Nel 2007 l’Oman ha dichiarato che non sarebbe stato in grado di raggiungere i parametri per accedere all’unione monetaria e, conseguentemente, si è ritirato dal programma. Due anni più tardi anche gli Emirati Arabi si ritirarono, ciò in quanto delusi dal rifiuto di fare la sede della futura banca centrale ad Abu Dhabi invece che a Riyad.
L’incapacità di giungere a un’unione monetaria ha rilevato un difetto di fondo del progetto, vale a dire il rifiuto dei paesi GCC di cedere quote consistenti della propria sovranità, ciò al di là delle dichiarazioni ufficiali e della retorica che viene utilizzata in ogni vertice.
Quello che però ha messo veramente in crisi il GCC, dopo i risultati in chiaroscuro degli anni precedenti, è stato il blocco economico deciso nel giugno 2017 da Arabia Saudita, Emirati Arabi e Baherein contro il Qatar, membro GCC, accusato di fare finanziamenti a favore di gruppi terroristi. Ciò non fu condiviso da Kuwait e Oman che ritennero le accuse infondate.
Il Kuwait tentò una mediazione cercando di favorire il dialogo tra i paesi che hanno deciso il blocco, in particolare la potente Arabia Saudita, e il Qatar, ciò senza successo.
Va ricordato che il GCC non fece nulla, neanche un tentativo, per risolvere la disputa. Secondo il Trattato istitutivo GCC, in caso di crisi nei rapporti tra paesi membri, si sarebbe dovuta creare un’apposita commissione, nominata dal Consiglio Supremo, e che avrebbe dovuto operare per eliminare, o almeno attenuare, le tensioni. Ciò non è stato fatto e, conseguentemente, la credibilità GCC ne è stata danneggiata poiché i nazionalismi si sono dimostrati più forti dei suoi principi ispiratori.
A conferma della gravità della crisi basti pensare al fatto che, a dicembre 2017, quindi pochi mesi dopo la creazione del blocco economico contro il Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi decidessero di creare un’alleanza bilaterale di carattere politico ma soprattutto militare. Si tratta di un’intesa tra due paesi GCC che contraddice apertamente lo spirito di quest’ultimo.
La frattura creatasi fu molto profonda, difatti nel vertice annuale GCC, tenutosi nel 2017 in Kuwait, era presente solo il leader del paese ospitante e quello del Qatar. Gli altri erano presenti ma con delegazioni non di massimo profilo. Allo stesso modo nei vertici tenutisi nel 2018 e 2019 mancavano, nel primo caso quattro Capi di stato e nel secondo tre. In sostanza si è raggiunto un livello tale di spaccatura che i sei Capi di Stato dei paesi membri non riescono più a stare nella stessa stanza.
A questa situazione di profonda tensione vanno poi aggiunte alcune recenti divergenze in materia di sfruttamento delle risorse petrolifere, la maggior fonte di reddito della regione. Il Qatar è arrivato al punto di abbandonare l’OPEC, di cui faceva parte da 58 anni, ciò per non subire l’influenza saudita che, all’interno del cartello petrolifero, ha un peso notevole.
Si può facilmente osservare che le prospettive per il GCC non sono positive.