Politiche energetiche in tensione

di Massimo Ortolani

Con la più alta percentuale di utilizzo nella produzione di energia elettrica, pari nel 2020 al 67%, il gas è attualmente al centro dell’attenzione per le implicazioni di prezzo e di temporanea scarsità, connesse a problematiche di natura ad un tempo geopolitica, geoeconomica e anche tecnologica. Sul piano della sicurezza degli approvvigionamenti energetici si può dire che sino ad oggi il ruolo del gas emergeva nelle analisi di intelligence per la necessità di poterne garantire un “cuscinetto” di approvvigionamento strategico per il nostro paese. Ovvero la necessità di potere compensare in tempo reale eventuali deficit di ingresso su di un gasdotto con maggiori flussi attivabili con altre modalità/fonti di approvvigionamento, ed in particolare con quelle che ci rendono meno dipendenti dal gas russo, come nel caso del gasdotto TAP.
Siffatto criterio ispiratore della sicurezza energetica è andato quindi a coniugarsi con la geopolitica delle alleanze strategiche, sia nel nostro paese che nella Ue, Germania esclusa. Ovvero con l’iniziale sostegno alla politica americana di contrasto al Nord Stream 2, al fine di favorire la fornitura da paesi politicamente meno ostili all’alleanza atlantica.
Inoltre, con il trascorrere del tempo, è emerso che il gasdotto North Stream 2, sponsorizzato dalla Germania, sarebbe risultato competitivo, più che complementare, non solo con il Nord Stream 1, ma anche con il potenziale acquisitivo prospettico derivante dai nuovi giganteschi giacimenti scoperti nel Mediterraneo orientale.
E quindi con implicazioni di natura geopolitica contrastive della costruzione del progettato gasdotto EastMed, dedicato allo sfruttamento degli enormi giacimenti dell’area Leviathan, situata nel Mediterraneo di fronte ad Israele. Un’area decisamente pivotale sul piano energetico, prossima al giacimento cipriota di Afrodite a nord ed a quelli egiziani a sud del mediterraneo. Il tragitto ipotizzato per Eastmed lo vedeva raggiungere Cipro, la Grecia e da lì attraverso il gasdotto 5 Poseidon il gas avrebbe dovuto raggiungere l’Italia.
Tanto che la Ue, dichiaratasi sin da subito interessata all’Eastmed, aveva stanziato 36.427.924 euro nell’ambito del Connecting Europe Facility per cofinanziarne uno studio di fattibilità per la definizione dell’esatto traccia¬to del posizionamento dei tubi.
Tuttavia nel frattempo sono emerse gravi carenze strategiche della politica degli approvvigionamenti energetici della Ue, cui non si è potuto sopperire stanti le relazioni internazionali all’interno dei paesi Ue.
La prima è stata quella di non avere creato una barriera tra stati membri di contrasto diplomatico sufficiente a fronteggiare l’agguerrita Germania, nel riuscito tentativo, da una parte di isolare gli Usa, e allo stesso tempo di consentire il completamento del Nord Stream 2. Tale situazione, se da un lato si ripercuote pesantemente sulla perdita di priorità strategica dell’Eastmed, dall’altro cozza contro la strategia a lungo termine della Commissione europea, che prevede addirittura un declino dei combustibili gassosi fino al 90% nel 2050.
Le conseguenza sul piano dell’intelligence di questo errato ragionamento sulla “sicurezza energetica” è stato il fallace tentativo di evitare la continua dipendenza del gas russo, perché molti dei numerosi progetti di gas proposti nell’Europa orientale (tra i quali il Turkstream), per quanto concepiti per “diversificare l’approvvigionamento”, alla fine trasporteranno comunque gas russo a numerosi paesi membri Ue dell’est Europa. In secondo luogo la Germania assume rispetto agli altri stati membri un ruolo quasi monopolistico nella decisione di fare affluire il gas russo, oltre a risultare dipendente dagli impegni assunti con l’Ucraina, una nazione che diventerebbe nel contempo più rischiosa sul piano geopolitico nella misura in cui non potesse più contare su copiosi diritti di transito in conseguenza della diversione dei flussi di gas verso N Stream 2. Berlino, a fianco degli USA, si è infatti impegnata in un piano economico di nuovi investimenti e assistenza energetica e diplomatica a Kiev, grazie al quale è riuscita ad ottenere, appunto, il lasciapassare americano sul N Stream 2. In sostanza dovrà finanziare la transizione energetica di Kiev verso le fonti rinnovabili, per renderla indipendente da qualsiasi ricatto di Mosca. Ma l’aspetto più eclatante delle dipendenza geopolitica della Ue dalla Germania deriva dal fatto che, se la Russia tentando di utilizzare l’energia come arma commettesse altri atti aggressivi contro l’Ucraina, Berlino si sarebbe impegnata a spingere sul piano diplomatico per efficaci contromisure a livello europeo, sanzioni comprese. Si dubita della reale fattibilità di tali impegni sul piano della diplomazia politica, in particolare per il fatto che gli stati membri della UE dovrebbero in prospettiva adottare sanzioni sulla base di una eventuale condotta russa giudicata aggressiva da Berlino. Dunque una sorta di doppia dipendenza per gli stati Ue, dalla Russia e dalla Germania.
Mentre appare decisamente realizzabile e benefico per l’Ucraina, nel medio-lungo periodo il programma di utilizzare i finanziamenti tedeschi per consentire a Kiev di sfruttare il suo potenziale e diventare un grande produttore di energie rinnovabili. In linea quindi con il Green Deal della Ue di un futuro europeo più pulito e sostenibile.
A conclusione dunque di questa concomitanza di eventi, non appare casuale che in merito al gasdotto Eastmed pochi giorni fa si leggeva sui media la pessimistica opinione di esperti di geopolitica energetica che sostenevano come la sua fattibilità sia da considerarsi ormai morta e sepolta per mancanza di fondi, in quanto la Ue sembra abbia staccato la spina rispetto ad aiuti ulteriori.
Alla intricata vicenda Nord Stream Eastmed si è tuttavia aggiunta recentemente la spinosa questione dell’inaspettato e gravoso aumento del prezzo del gas, associata alla contrazione della fornitura russa. Situazione che costituisce un importante alert per l’intelligence in quanto, ancorchè prefigurabile di breve durata se è vero che potrebbe affievolirsi fortemente nel 2022, segnala comunque l’esigenza di modificare il paradigma di valutazione delle politiche energetiche. Vale a dire che, invece di concentrasi sulla fondamentale nozione di sicurezza dell’approvigionamento, se ne dovrebbe passare al più generale paradigma della riduzione della vulnerabilità energetica.
In tal senso può considerarsi anche la proposta di centralizzare in capo alla Ue l’acquisto di gas, in quanto consentirebbe di beneficiare dell’enorme potere contrattuale di cui la stessa dispone. Non se ne intravedono però i benefici di natura geopolitica in congiunture temporali future nelle quali, similmente a oggi, incidesse la forte domanda di GNL da parte dei paesi asiatici, e Gazprom contraesse la sua fornitura di gas sui mercati spot oltre a quelle dovute dagli obblighi contrattuali di lungo termine.
Sarebbe utile pertanto uno strumento idoneo a mitigare al massimo le oscillazioni di prezzo ascrivibili a difficilmente prevedibili combinazioni di fattori ambientali, geopolitici ed economici, come quella attuale.
Per l’Italia servirebbe quindi la creazione di cuscinetti strutturali di finanza pubblica, idonei ad attutire l’impatto dei prezzi entro intervalli prestabiliti. Una azione di politica energetica che dovrebbe comunque coniugarsi con altre iniziative di Intelligence economica, per contribuire ad mitigare ulteriormente i negativi impatti del periodo di transizione energetica previsto nei piani Ue.
E’ noto che la tempistica del rilascio delle autorizzazioni agli impianti delle rinnovabili è difficilmente comprimibile nel breve-medio periodo in Italia, per ragioni di natura amministrativo-culturale, mentre si dovrebbe moltiplicare per 10 la potenza delle installazioni di rinnovabili ogni anno per accelerare sufficientemente la velocità di abbattimento delle emissioni. In tale contesto, perché allora non avanzare in altro modo sul fronte dei comportamenti green, e valutare l’opportunità di dirottare parte dei fondi per l’agevolazione delle rinnovabili per accelerare la realizzazione di impianti per il trattamento dei rifiuti, idonei al recupero energetico della loro parte organica anche producendo metanolo? Ovvero per la trasformazione dell’anidride carbonica in plastica biodegradabile, ovvero per l’installazione di impianti agrivoltaici, o per la produzione di carburanti a basso impatto climatico, per l’idrogeno verde, ecc.