Siria. Erdogan avanza, 400mila sfollati. I jihadisti dell’Isis fuggono dai campi

Dopo Ayn Issa i militari curdi ed i loro alleati di di Hayat Tahrir al-Sham (ex al-Nusra, ex al-Qaeda) prendono Suluk e Tel Abyad, ora punterebbero a Ras al-Ain.

di Guido Keller –

Non si arresta l’avanzata turca nel territorio siriano, dove il presidente Recep Tayyp Erdogan, “Il Sultano”, intende costituire una zona di sicurezza di 30 chilometri oltre il confine per una larghezza di 480 a danno delle popolazioni curde lì residenti. Il proposito di Erdogan è quello di scongiurare i contatti e la cooperazione con i cugini del Pkk curdo, che in realtà già oggi sono assai labili. Si tratta degli stessi curdi che hanno rappresentato il primo baluardo all’espansione dell’Isis, un impegno pagato a caro prezzo in termine di vite umane, ma va ricordato che i curdi dell’Ypg sono anche gli stessi addestrati dagli italiani e a spese degli italiani, nello stesso momento in cui i miliziani dell’Isis transitavano a migliaia dagli aeroporti turchi ed i cui feriti venivano curati negli ospedali turchi.
Che l’avanzata di Erdogan avesse comportato la fuga dai campi di internamento dei miliziani dell’Isis controllati dai curdi era una cosa messa in conto fin dall’inizio dell’operazione “Fonte di Pace”, come l’ha ipocritamente titolata lo stesso presidente turco, ed oggi almeno 800 fra jihadisti e loro famigliari sono scappati dal campo di Ayn Issa, a circa 35 km a sud del confine turco, campo che ne contiene 12mla. Dalla stessa città “liberata” dai turchi sono in fuga circa 10mila civili, ma l’Onu ha riportato che sarebbero già 400mila i civili curdi in fuga dal nord della Siria. Lasciati al loro destino anche decine di migliaia di profughi siriani e di altri paesi, dopo che la polizia locale è stata costretta a ritirarsi.
Fra le grida di approvazione dei nazionalisti turchi i militari di Erdogan, supportati dalle milizie filoturche, in realtà spesso combattenti di Hayat Tahrir al-Sham (ex al-Nusra, ex al-Qaeda), hanno preso le città di Suluk e Tel Abyad, ed ora punterebbero a Ras al-Ain, unico centro importante rimasto nell’area sotto il controllo curdo.
Sul piano internazionale continuano a piovere gli appelli a fermare l’offensiva, oggi anche Papa Francesco all’Angelus ha detto che “Il mio pensiero va ancora una volta al Medio Oriente, all’amata e martoriata Siria da dove giungono nuovamente notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni del Nord-est del Paese, costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle azioni militari. Tra queste popolazioni vi sono anche molte famiglie cristiane. A tutti gli attori coinvolti e alla comunità Internazionale, per favore, rinnovo l’appello ad impegnarsi con sincerità, con onestà e trasparenza, sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci”.
Come hanno fatto altri paesi europei, oggi anche la Germania ha dichiarato la sospensione della vendita di armi alla Turchia, e la cancelliera Angela Merkel fa sentito al telefono Erdogan per invitarlo a “un’immediata fine dell’operazione militare” che in caso contrario porterà alla destabilizzazione della regione e alla riaffermazione dell’Isis.
Il presidente russo Vladimir Putin è intervenuto ieri sera per avvertire che “i militari stranieri illegalmente presenti in Siria devono lasciare il paese”, cosa che varrà anche per i russi nel momento in cui a chiederlo sarà il governo di Damasco. La Russia è presente da sempre in Siria con due basi militari, e l’operazione lanciata da Erdogan è certamente parte dell’accordo del Tavolo di Astana, a cui partecipano Russia e Iran. Tuttavia la veemenza dell’azione turca potrebbe comportare la risposta russa nel momento in cui a chiederlo dovesse essere Bashar al-Assad, cosa che potrebbe concretizzarsi se la pressione internazionale dovesse fallire.
Da Washington Donald Trump, che ha sostanzialmente dato il via libera all’invasione dopo una telefonata con Erdogan al termine della quale ha ritirato l’appoggio ai curdi ed ha spiegato “di non voler essere immischiato in guerre tribali”, è tornato a minacciare sanzioni verso la Turchia “se non verranno mantenuti gli impegni, tra i quali la sicurezza delle minoranze religiose. Trump ha affermato che i militari statunitensi non potranno controllare il confine “per i prossimi 15 anni”, “nel momento in cui non riusciamo a controllare il nostro”, ed il segretario alla Difesa Mark Esper. ha riportato nel corso di un’intervista televisiva l’ordine del presidente di far rientrare mille militari statunitensi dislocati nel Rojava.
La Lega Araba, riunitasi ieri in straordinaria, ha votato l’assunzione di “misure urgenti per far fronte all’aggressione turca contro la Siria”, cioè di ridurre le relazioni diplomatiche, di interrompere la cooperazione militare e di rivedere le relazioni economiche in quanto “L’aggressione turca alla Siria costituisce una minaccia diretta per la sicurezza nazionale araba, così come per la pace e la sicurezza internazionali”. Una delegazione curda, alla quale partecipava la leader Ilham Ahmed, è stata ricevuta al Cairo dal ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shukri, il quale ha affermato che “l’aggressione turca contro la Siria va fermata: è un’occupazione dei territori di un Paese arabo fratello”.
I curdi sono tornati a denunciare il “tradimento” degli Usa, ed in conferenza stampa è stato detto che “ci avevano garantito la loro protezione”, invece “ci hanno abbandonati con la loro ingiusta decisione di ritirare le loro truppe alla frontiera turca”.