Zimbabwe. L’economia del paese è in crisi a causa delle sanzioni internazionali

di Alberto Galvi

Da quando il dittatore dello Zimbabwe, Robert Mugabe è stato deposto durante un colpo di stato militare nel novembre 2017, il paese africano sta affrontando la peggiore crisi economica degli ultimi dieci anni, alle prese con carenze di carburante ed elettricità e prezzi in ascesa.
Al momento del colpo di stato il tasso annuale di inflazione era di circa il 5%, ed è rimasto ad un livello accettabile fino alla fine del 2018, ma durante la prima metà del 2019 è cresciuto rapidamente, raggiungendo a giugno un tasso annualizzato del 176%, mentre ad agosto secondo i dati dell’IMF (International Monetary Fund), l’inflazione annuale nello Zimbabwe era salita al 300%.
Al posto del vecchio dittatore, è subentrato Emmerson Mnangagwa, il nuovo presidente del paese. Tra i 2 leader persisteva una certa tensione, perchè l’ex braccio destro di Mugabe si era rivoltato al suo ex leader. Per Mnangagwa, trattare con il suo predecessore era complicato a livello politico, a causa della loro appartenenza allo stesso partito il ZANU-PF (Zimbabwe African National Union – Patriotic Front). Per il neo presidente eletto, era importante avere il sostegno del vecchio leader ormai deceduto lo scorso settembre, o almeno che non contestasse le sue scelte politiche.
A livello economico il presidente Mnangagwa ha chiesto tempo e pazienza alla popolazione per rilanciare l’economia del paese, ma la situazione è davvero critica: lunghe code di persone si ammassano alle stazioni di servizio per mancanza di carburante, l’elettricità è disponibile per sole 6 ore al giorno, ed è necessario pulire l’acqua che scende dal rubinetto almeno una volta alla settimana.
Nelson Chamisa, il leader del partito di opposizione MDC (Movement for Democratic Change), protesta contro le misure economiche di austerità prese dal governo come i tagli alla spesa, la riduzione degli stipendi del settore pubblico e l’introduzione di nuove tasse. Inoltre milioni di persone sono state colpite dall’aumento dei prezzi di cibo e carburante, mentre la carenza di valuta estera ha portato alla mancanza di medicine e altri beni di prima necessità.
Tra le misure adottate dal presidente Emerson Mnangagwa per far crescere l’economia del paese, ci sono quelle monetarie che hanno portato all’emissione delle nuove banconote di piccolo taglio per far tornare lo Zimbabwe all’utilizzo della propria valuta al posto del dollaro USA e delle altre valute utilizzate.
Proprio a causa della mancanza di liquidità, la RBZ (Reserve Bank of Zimbabwe), ha incentivato le imprese a utilizzare le transazioni elettroniche. Tuttavia, molte di loro insistono ancora sull’utilizzo di denaro liquido in cambio di beni e servizi. La RBZ e altri funzionari del governo sperano che le nuove banconote contribuiranno a porre fine alla carenza di liquidità nel paese.
Il governo zimbabwano accusa l’embargo voluto dagli Stati Uniti se la situazione economica del paese è cosi disastrosa. Dall’altra parte Washington accusa i membri del governo in carica di una sistematica violazione dei diritti umani nei confronti della popolazione. Inoltre la Casa Bianca sostiene che le sanzioni imposte al regime zimbabwano non colpiscono la popolazione, ma soltanto il presidente Mnangagwa, i membri del regime e le sue aziende strategiche.
Secondo gli Stati Uniti il governo zimbabwano dovrebbe affrontare il problema della corruzione che dilaga nel paese che è la vera causa della crisi economica del paese. Il governo degli Stati Uniti ha aggiunto a marzo nella sua black list, i funzionari militari coinvolti nella mortale repressione dell’anno scorso contro i manifestanti.
L’IMF (International Monetary Fund) ha dichiarato che lo Zimbabwe ha bisogno di riforme e di trasparenza per favorire la crescita economica. La nuova valuta del paese africano, che è stata introdotta a giugno di quest’anno, ha perso di valore in questi mesi in quanto non viene utilizzata per commerciare con l’estero a causa dell’embargo. Quest’anno il governo zimbabwano ha reintrodotto la propria valuta, dopo anni di utilizzo del dollaro USA e di altre valute estere. Il paese africano aveva abbandonato la propria valuta nel 2008 a causa dell’iperinflazione.
Nelle ultime settimane la popolazione ha protestato contro le sanzioni, in particolare i medici che lavorano nei molti ospedali del paese. Le proteste del personale medico sono state fatte a causa dei bassi salari e per la mancanza di attrezzature e strumenti per la cura dei pazienti.
Nello Zimbabwe sono milioni i dipendenti pubblici che hanno sofferto per l’aumento dell’inflazione. Anche gli operai sono scesi in piazza nei giorni scorsi per protestare contro i loro bassi salari e l’alta inflazione che sta rendendo difficile mantenere la propria famiglia.
Per l’inizio del prossimo anno, si prevede che circa metà della popolazione zimbabwana avrà grosse difficoltà economiche. Gli oppositori di Mnangagwa lo accusano di reprimere solo il dissenso interno, senza pensare ad attuare le riforme necessarie a rilanciare l’economia del paese, sottoposta per anni a un terribile embargo. Queste sanzioni sono state riviste all’inizio di quest’anno e sono state prorogate fino a febbraio del prossimo anno.