Allarme Oms per le politiche globali fallimentari contro il tabagismo

di C. Alessandro Mauceri –

È stato appena pubblicato il rapporto dell’OMS, l’Organizzazione mondiale della Sanità, che fa il bilancio delle iniziative per far fronte al problema del tabagismo nel mondo.
E i risultati sono deludenti. “I governi di tutto il mondo non devono perdere tempo ad integrare tutte le disposizioni della Convenzione quadro dell’OMS sul controllo del tabacco nei loro programmi e politiche nazionali di controllo del tabacco”, ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS. “Essi devono inoltre bloccare il commercio illegale del tabacco, che sta aggravando l’epidemia globale del tabacco e le relative conseguenze sanitarie e socioeconomiche”.
Il motivo di questo fallimento deriva soprattutto dalle pressioni esercitate dalle multinazionali del tabacco sui governi. “L’industria del tabacco continua a minare gli sforzi dei governi per mettere in campo con decisione degli interventi che salvano vite e permettono risparmi economici – si legge nel rapporto -. L’interferenza dell’industria del tabacco nelle politiche rappresenta una barriera letale per l’avanzamento della salute e dello sviluppo in molti paesi”.
Molte le misure che, secondo gli esperti dell’OMS, potrebbero essere proteggere le persone dal fumo di tabacco: offrire aiuto per uscire dal tabacco, alzare le imposte sul tabacco, avvisare le persone sui pericoli del tabacco, fornire dei divieti sulla pubblicità, la promozione e la sponsorizzazione del tabacco.
Di queste le misure più adottate sono anche le meno efficaci: l’adozione delle ‘foto shock’ sui pacchetti (in 78 paesi), secondo il rapporto, è la più adottata, ma stando ai numeri è anche la misura meno efficace. E così anche la campagne mediatiche (che sono sensibilmente diminuite negli ultimi due anni) e il monitoraggio.
Per contro le meno utilizzate sono proprio le misure più efficaci come la tassazione sulle sigarette per scoraggiare i consumi che è presente solo nel 15 per cento dei paesi. “Aumentare le tasse per far alzare il prezzo dei prodotti è la misura più efficace e ai costi più bassi per ridurre l’uso e incoraggiare i fumatori a smettere – sottolineano gli esperti. – Ma è anche una delle meno utilizzate”.
Delle misure suggerite dall’OMS solo otto paesi nel mondo ne hanno attuate almeno quattro e tra questi cinque sono paesi a basso e medio reddito, (Brasile, Repubblica islamica dell’Iran, Irlanda, Madagascar, Malta, Panama, Turchia e Regno Unito di Gran Bretagna e Nord Irlanda). Solo 55 paesi hanno adottato legislazioni Comprehensive Smoke free (per circa 1,5 miliardi di persone) e solo 26 hanno adottato politiche per la dipendenza dei fumatori.
Alcune politiche poi appaiono assolutamente inefficaci. Come quella adottata in Italia di creare dei locali pubblici (designated smoking rooms DSR) in cui il fumo è ammesso: secondo I ricercatori dell’OMS la difficoltà di rispettare le norme per questi locali li rendono praticamente inutili e la misura inaffidabile.
In oltre sessanta paesi non si ricorre a nessun controllo. Nel resto del mondo i governi (gli stessi che impongono misure preventive come l’uso del casco per i motociclisti o i vaccini per i neonati o le cinture di sicurezza sulle auto) continuano a permettere che i propri cittadini muoiano di tabacco.
Il fallimento di queste politiche è evidente: “Una morte su dieci in tutto il mondo è causata dal tabagismo” ha detto Michael R. Bloomberg, ambasciatore globale dell’OMS per le malattie non comunicabili e fondatore di Philanthropies di Bloomberg. “I paesi potrebbero proteggere meglio i propri cittadini, compresi i bambini, dall’industria del tabacco e dai suoi prodotti utilizzando sistemi di monitoraggio del tabacco”, ha detto Douglas Bettcher, direttore del Dipartimento per la prevenzione delle malattie non trasmissibili (WHO) dell’OMS. Eppure ciò in moltissimi paesi non avviene. A questo si aggiunge che “l’interferenza del settore del tabacco nell’elaborazione delle politiche governative rappresenta una barriera mortale per promuovere la salute e lo sviluppo in molti paesi”, ha detto Bettcher.
Negli ultimi dieci anni sono stati spesi centinaia di miliardi di dollari in medicinali e terapie per far fronte alle malattie legate al tabacco. Tedros ha aggiunto: “Lavorando insieme, i paesi possono impedire a milioni di persone di morire ogni anno di malattie prevenute del tabacco e risparmiare miliardi di dollari all’anno in spese di cura sanitarie evitabili e perdite di produttività”. Secondo Sara Kalkhoran e Stanton Glantz, della University of California (San Francisco), il potenziale delle leggi antifumo sarebbe importante anche in termini di risparmio sui costi sanitari: solo per l’asma sarebbero ben 7 i miliardi di dollari risparmiati tra Stati Uniti ed Europa.
Ogni anno, il tabacco uccide 40 milioni di persone, pari al 70% di tutte le morti a livello mondiale. Un numero superiore anche a quello dei morti della Seconda Guerra Mondiale (68.047.059 totali pari a 13,6 milioni ogni anno).
Dei morti per il fumo, 15 milioni hanno un’età compresa tra 30 e 69 anni. Oltre l’80% di queste morti “premature” si verificano nei paesi a basso e medio reddito. È per questo che il controllo dell’uso del tabacco è stato inserito nell’agenda per lo sviluppo sostenibile del 2030 (Sustainable Developmnet Goals). L’obiettivo atteso è rafforzare l’implementazione nazionale del FCTC dell’OMS, e ridurre di una terzo la percentuale di morti premature dei NCD, tra cui malattie cardiache e polmonari, cancro e diabete.
Ma anche nei paesi sviluppati i dati sono spaventosi: in Italia, di fumo muoiono tra 70.000 e 83.000 persone ogni anno (oltre il 25% tra i 35 ed i 65 anni di età), in Europa, invece, il fumo uccide ogni anno circa 700.000 persone, equivalenti alla popolazione della città di Francoforte. E di questi 19.000 sono non fumatori che muoiono per effetto del fumo passivo. Eppure nessuno parla di divieti ma al massimo di “convinte politica di controllo anche attraverso le tasse sul tabacco e l’aumento del prezzo delle sigarette”. Come se le entrate fiscali potessero ripagare per le vite di quelli uccisi dal tabagismo.
Un rapporto del Global Burden of Diseases (riportato sulla rivista The Lancet), basato sulle abitudini dei fumatori in 195 paesi tra il 1990 e il 2015, ha riscontrato che, nel 2015, quasi un miliardo di persone ha fumato almeno una volta al giorno: una su quattro uomini, una su 20 donne.
La prova, se mai ce ne fosse ancora bisogno, della forza delle multinazionali del tabacco e della debolezza e della incapacità dei governi di far fronte ad un problema che causa più morti di un conflitto mondiale.