L’Abkhazia e le relazioni con l’Italia. Intervista al viceministro Esteri Kan Taniya

di Giuliano Bifolchi –

MOSCA. Dopo aver ottenuto l’indipendenza a seguito del conflitto russo-georgiano, la Repubblica di Abkhazia è stata riconosciuta solamente da Federazione Russa, Venezuela, Nicaragua, Nauru, Vanuatu e Tuvalu ed ha intrapreso il difficile cammino della diplomazia internazionale per vedere affermata la propria indipendenza dalla comunità mondiale. I rapporti con l’Italia, paese che formalmente non riconosce l’indipendenza abcasa, sono però scanditi da episodi di amicizia a livello di privati e dall’interesse che l’Abkhazia suscita all’interno della penisola italica per il suo passato storico e per la sua posizione strategica nella regione caucasica.
Abbiamo incontrato il vice ministro degli esteri dell’Abkhazia Kan Taniya con il quale sono state approfondite diverse tematiche quali i rapporti italo-abcasi, la politica estera del paese e le prospettive future nel campo delle relazioni internazionali e della diplomazia.

– Viceministro Taniya, qual è l’attuale stato delle relazioni italo-abcase considerando il fatto che il governo italiano non riconosce l’indipendenza del suo paese? E quali sono i principali ostacoli a livello politico e diplomatico?
Dobbiamo partire dall’elemento storico quando si parla delle relazioni Italia-Abkhazia visto che i primi contatti e rapporti tra il mio popolo e quello della penisola italica risalgono all’epoca romana e si sono sviluppati lunga la storia.
Abbiamo compreso che il riconoscimento dell’Abkhazia da parte italiana è molto difficile visto che l’Italia fa parte del sistema Unione Europea e persegue una politica internazionale che si allinea con quella di Bruxelles. Considerando questo fattore, l’Abkhazia cerca di rapportarsi con l’Italia attraverso il proprio soft power che consiste nel creare delle organizzazioni ed istituzioni che promuovano le relazioni italo-abcase Tra queste è possibile citare l’Associazione Europa-Abkhazia oppure l’Istituto abcaso di Cultura a cui si aggiunge la Camera di commercio dell’Abkhazia in Italia. Cerchiamo quindi di agire a livello pratico per restaurare le relazioni storiche che il mio popolo ha avuto con il vostro paese.
Un ostacolo ai nostri rapporti è rappresentato dalle azioni ufficiali della rappresentanza diplomatica georgiana in Italia che hanno un peso importante e significativo. Noi comprendiamo che queste azioni sono perpetrate dall’ambasciata georgiana nell’interesse e nella tutela dei propri obiettivi e riconosciamo ai diplomatici georgiani una abilità nel campo lavorativo e delle relazioni internazionali. È anche vero però che ogni volta che subiamo una battuta d’arresto impariamo un ulteriore risvolto ed aspetto nel campo delle relazioni internazionali.
Il nostro obiettivo è quello di non creare problemi all’Italia e quindi agire nella regolarità e rispetto delle leggi: ad esempio, l’inaugurazione della Camera di commercio non è stata seguita da nessuna smentita da parte della Farnesina a dimostrazione di come il nostro primo interesse è quello di operare nel campo della legalità e nel massimo rispetto dal punto di vista diplomatico della parte italiana cercando di non divenire l’oggetto della discordia.
La nostra road map a livello internazionale prevede prima la diffusione e promozione della storia e della cultura abcasa a cui seguono gli accordi economici per arrivare infine al riconoscimento diplomatico
”.

– Ritiene che questo sperato riconoscimento internazionale arriverà prima o poi oppure è un sogno quasi utopico?
Noi abcasi siamo sicuri che il riconoscimento arriverà prima o poi e capiamo anche come nel mondo ci siano doppi standard nel valutare gli eventi. Se guardiamo al Kosovo, ad esempio, la situazione politica e legislativa dal punto di vista del diritto internazionale è simile a quella del mio paese, quindi perché l’Abkhazia non vede riconosciuta la propria indipendenza?
Anche se la comunità internazionale non ha risposto a questa domanda, noi possiamo aspettare come abbiamo atteso mille anni per la nostra indipendenza ottenuta nel 2008 solo dopo che la Russia ha riconosciuto il nostro paese. Devo dire che anche prima del riconoscimento, ossia dal 1993 al 2008, eravamo uno stato unito anche se non riconosciuto formalmente
”.

– Lei ha cirtato la Russia, ma spesso l’Abkhazia è stata criticata per questa sua alleanza etichettata come sudditanza e dipendenza dai fondi economici e dal peso politico di Mosca. Come risponde a tali accuse? C’è il rischio che l’Abkhazia, come evidenziato da molti paragonando il suo paese all’Ossezia del Sud, possa divenire un territorio inglobato nella Federazione Russa?
Da un lato è vero che la Russia supporta l’Abkhazia, infatti esiste un accordo di partenariato strategico tra i nostri paesi. Però non è del tutto vero che il Cremlino finanzia di continuo lo Stato abcaso il quale ne dipende totalmente, anche perché il mio paese ha dimostrato di poter sopravvivere senza il supporto russo quando dal 1993 al 1999, a seguito del conflitto con la Georgia, la comunità internazionale e Mosca compresa avevano imposto le sanzioni economiche nei nostri confronti.
È stato con l’arrivo di Vladimir Putin alla presidenza che la Federazione Russa ha cambiato il suo atteggiamento comprendendo che l’Abkhazia ha tutti i requisiti per essere un paese indipendente il quale all’interno dello spazio ex sovietico presenta il più alto livello di democrazia con 6 elezioni parlamentari e 5 elezioni presidenziali già svolte dall’inizio della sua indipendenza e con alcune crisi politiche di governo arginate senza lo spargimento di sangue ed episodi di violenza.
Dicendo che l’Abkhazia dipende totalmente dalla Russia, a mio parere, è usare un’altra volta doppi standard per la valutazione anche perché al mondo non esiste un singolo paese che non dipende dall’altro. Infatti, in un mondo globalizzato, non c’è nessuno stato totalmente indipendente dalla politica e dai rapporti con gli attori vicini ed internazionali.
Per quanto riguarda invece le analogie con la vicina Ossezia del Sud mi permetta di dire che, pur avendo una storia contemporanea simile a quella osseta nei confronti della Georgia, noi siamo un altro popolo che rispetterà sempre le decisioni dei nostri fratelli osseti sia di continuare ad essere indipendenti che di divenire parte della Russia. Per quanto riguarda l’Abkhazia, però, il mio popolo è orgoglioso della propria indipendenza e la nuova élite politica giovane è cresciuta nello stato abcaso indipendente e non immagina un futuro differente, anzi è pronta a difendere anche lottando tale status
”.

– Il conflitto con la Georgia è definito da molti “congelato” e come una minaccia alla sicurezza della regione caucasica meridionale. Ma quali sono le ragioni abcase per l’indipendenza e quali sono i motivi che in passato hanno generato tale conflitto?
Secondo noi non si può più parlare di conflitto perché ufficialmente l’Abkhazia è stata riconosciuta come paese indipendente dalla Russia nel 2008 insieme a paesi come Venezuela e Nicaragua. Il conflitto con Tbilisi era nato proprio per la nostra voglia di indipendenza e quindi se un membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ossia la Russia, ha riconosciuto l’Abkhazia, per noi è stato raggiunto l’obiettivo preposto e parlare di conflitto “congelato” è un errore.
In futuro, ribadisco, anche l’Unione Europea ed in generale la comunità internazionale riconosceranno l’Abkhazia perché questa situazione di contrasto abcaso-georgiano non può perdurare all’infinito ed i nostri paesi, essendo confinanti, dovranno per forza trovare una soluzione che parta dal fatto che i cittadini abcasi, come espresso dai referendum regolarmente svolti a seguito del conflitto del 1993, vogliono riconosciuta l’indipendenza del loro paese
”.

– Crede che lo scontro georgiano-abcaso rientri nel gioco geopolitico che oppone Russia ed occidente sia nella regione del Caucaso che in generale nel panorama internazionale?
Il conflitto georgiano-abcaso ha diversi livelli di interpretazione nel campo della geopolitica. Durante il periodo del governo di Saakashvili in Georgia il conflitto aveva raggiunto la dimensione superiore di scontro georgiano-russo con l’intento di Tbilisi di coinvolgere i propri alleati come gli Stati Uniti e la NATO e facendo perno sul timore russo di un’espansione dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea nello spazio storico di influenza russa tra cui figura proprio il Caucaso.
La geopolitica infatti è una disciplina che va studiata su diversi lati ed anche il conflitto georgiano-abcaso deve essere interpretato partendo dalla dimensione locale per arrivare allo scontro attuale che oggi vede opposti Mosca con Washington e Bruxelles
”.

– Parlando di confronto e di interessi geopolitici, quanto secondo Lei influisce la strategia di comunicazione ed in che modo questa ha anche influenzato la politica estera e la diplomazia dell’Abkhazia?
La comunicazione ha un peso importantissimo e sfortunatamente devo constatare che il punto di vista abcaso non viene preso in considerazione mentre risalta maggiormente a livello dei media e dell’informazione la posizione di Tbilisi.
Per questo spesso l’Abkhazia è presentata come un territorio occupato dalla Russia e non come uno stato indipendente il quale rispetta il diritto internazionale ed amministra il proprio territorio liberamente ed autonomamente
”.

Giuliano Bifolchi. Analista geopolitico specializzato nel settore Sicurezza, Conflitti e Relazioni Internazionali. Laureato in Scienze Storiche presso l’Università Tor Vergata di Roma, ha conseguito un Master in Peacebuilding Management presso l’Università Pontificia San Bonaventura specializzandosi in Open Source Intelligence (OSINT) applicata al fenomeno terroristico della regione mediorientale e caucasica. Attualmente è il Direttore di ASRIE e dottorando presso l’Università Tor Vergata di Roma.