Lo slancio del Kurdistan irq. verso l’emancipazione. Intervista a Nazhad Aziz Surme

a cura di Enrico Oliari *

Surme nizhadDalla persecuzioni di Saddam Hussein al muro eretto per fermare i jihadisti dello Stato Islamico: l’evoluzione del Kurdistan è la corsa ad ostacoli di un popolo che vuole, che pretende la propria emancipazione in un quadro geopolitico difficile, dove la guerra, la crisi economica e la gestione dei molti profughi rendono il futuro, se non incerto, quanto meno imprevedibile.
Eppure c’è chi ha lottato e lotta per andare avanti: Nazhad Aziz Surme ha alle spalle una storia fatta di penna e di passione politica iniziata a 14 anni, quando giovanissimo parlava ad una radio allora clandestina, di opposizione al regime Baath. “Si tratta della prima radio clandestina del Medio Oriente – ci racconta – , nata nel 1963 con lo scopo di dare voce alla lotta contro il regime. Nel 1974 vi è stata la seconda rivolta dei curdi guidata da Mustafà Barzani per l’autonomia della regione e la radio ha svolto un ruolo fondamentale”.
Surme, che è archeologo, scrittore, poeta e traduttore, è stato direttore del principale quotidiano della regione, Khabat, e deputato per più legislature. La sua testimonianza è qualcosa di più di un semplice percorso di vita: è una finestra tra passato e presente che aiuta a comprendere le vicessitudini di questo angolo di mondo. Ci racconta che “Saddam Hussein aveva programmato di annientare il popolo curdo, tanto che vennero distrutti ben 8mila villaggi e deportati oltre 180mila individui al confine fra l’Iraq e l’Arabia Saudita, della maggior parte dei quali non si è più saputo nulla. Sono state impiegate le armi chimiche, contro i curdi. Chi era all’opposizione veniva arrestato o messo a tacere, ed anch’io sono stato in carcere, a Baghdad. Per cui la caduta di Saddam Hussein è stata per noi una liberazione, e negli anni Novanta è stata creata la Regione autonoma del Kurdistan irq. con la linea di demarcazione al 36mo parallelo, per proteggere il popolo curdo. Da allora ho preso parte all’avvio di un’informazione libera e valida, utile a comunicare con l’estero”.

– Eppure è stato il Partito Democratico curdo a ricorrere a Saddam Hussein per prendere il controllo di Erbil nella lotta contro il Partito Patriottico curdo…
Allora vi era la guerra civile interna fra il Partito Democratico, con base ad Erbil, e il Partito Patriottico di Sulaymanyya. È vero, è stato chiesto aiuto a Saddam Hussein per riprendere il controllo di Erbil, ma questa è una ferita aperta, una pagina brutta della nostra storia”.

– Com’è finita?
Anche grazie all’intervento da fuori, in particolare alla mediazione di Francia e dell’allora segretario Usa Madeleine Allbright, si è riavviato il dialogo e si è giunti alla pace, la quale è alla base di tutto“.

– Come vede la situazione di oggi e come immagina quella di domani per il Kurdistan irq.?
“In questo momento soffriamo, come nel resto del mondo, la crisi economica. I villaggi distrutti da Saddam Hussein erano entità produttive, oggi il prezzo del petrolio, nostra prima risorsa, è crollato, vi è la guerra, vi sono i profughi da gestire… nonostante tutto, nonostante la situazione in cui si trova Baghdad, il Kurdistan è rimasto in piedi“.

– Vi è tuttavia una crisi politica, che vede il Parlamento sostanzialmente fermo da ottobre e il governo addirittura da settembre, poi la questione inerente la presidenza, con il mandato di Masud Barzani procrastinato ben oltre la scadenza di agosto, anche perchè i partiti non hanno trovato un accordo…
“Oggi c’è l’Isis e certamente vi sono state influenze straniere per destabilizzare la regione: una questione come la presidenza passa in secondo piano per la gente che aspetta lo stipendio da quattro mesi”.

– E per l’indipendenza?
“Si tratta di un nostro diritto, se non l’otteniamo oggi, la otterremo domani. Nostro compito è preparare il terreno, per gli obiettivi futuri”.

Intervista realizzata ad Erbil con la partecipazione di Ehsan Soltani.